Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29323 del 29/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29323 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCIURTI COSIMO DAMIANO N. IL 15/04/1985
avverso la sentenza n. 4198/2014 GIP TRIBUNALE di TARANTO, del
04/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

Data Udienza: 29/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Cosimo Sciurti ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
emessa dal Tribunale di Taranto in data 4/3/2014 con la quale, in applicazione della
congiunta richiesta dell’imputato e del pubblico ministero, è stata applicata allo
stesso la pena di giustizia in relazione al reato di false dichiarazioni ai fini
dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (di cui all’art. 95
d.p.r. n. 115/2002), commesso in Grottaglie il 3/11/2010.
Con l’impugnazione proposta, l’imputato censura la sentenza impugnata per vi-

motivazione in ordine alla responsabilità dell’imputato e al trattamento sanzionatorio allo stesso applicato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte, nella
motivazione della sentenza di patteggiamento, ai fini dell’attestazione della responsabilità dell’imputato per il reato allo stesso contestato, il richiamo all’art. 129 c.p.p.
è sufficiente a far ritenere che il giudice, a fronte della congiunta richiesta avanzata
dalle parti in ordine l’applicazione della pena concordata a carico dell’imputato, abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo (Cass., n. 6455/2011, Rv 252085).
Infatti, l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dall’art. 111 Cost. e
dall’art. 125, comma terzo, c.p.p. per tutte le sentenze (operante anche rispetto a
quelle di applicazione della pena su richiesta delle parti), non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto
alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice
presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative
della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 c.p.p. dev’essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi
circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento a norma del citato art. 129
c.p.p. (cfr. Cass., Sez. 1, n. 752/1999, Rv. 212742; Cass. Sez. 1, n. 4721/2000,
Rv. 216789; Cass., Sez. 1, n. 6711/2000, Rv. 218050).
Tali argomentazioni consentono di ritenere manifestamente infondate l’odierna
impugnazioni del ricorrente, avendo il giudice del merito espressamente attestato la

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zio di motivazione, avendo il tribunale di Taranto omesso di dettare un’adeguata

non ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., emergendo,
dall’esame degli atti del procedimento, gravi elementi di responsabilità a carico
dell’imputato.
Allo stesso modo, con riguardo all’entità della pena applicata, è appena il caso
di evidenziare come, nel procedimento speciale disciplinato dagli articoli 444 ss.
c.p.p., l’applicazione della pena si fondi sulla richiesta del pubblico ministero o
dell’imputato, cui l’altra parte aderisce convenendo sulla qualificazione giuridica del
fatto, sull’applicazione e la comparazione delle circostanze, sulla entità della pena,

L’istituto in esame trova, dunque, il proprio fondamento primario nella convergente richiesta del pubblico ministero e dell’imputato sul merito dell’imputazione
(responsabilità e pena conseguente), dal momento che chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa.
All’imputato dunque deve ritenersi non consentita la prospettazione, con il ricorso per cassazione, di censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a
meno che la pena determinata (ipotesi non ravvisabile nel caso di specie) non sia
stata quantificata in modo illegittimo (cfr., da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 10286 del
13/02/2013, Rv. 254980; v. altresì Sez. 3, Sentenza n. 18735 del 27/03/2001, Rv.
219852).

3. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna

il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00
in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/4/2015.

sull’eventuale concessione della sospensione condizionale della stessa.

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