Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29322 del 29/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 7 Num. 29322 Anno 2015
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

oRantkbalt

i7J-4,1 4 A-

sul ricorso proposto da:
BORRACCI VITO N. IL 30/07/1971
avverso la sentenza n. 3010/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
19/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 29/04/2015

Ritenuto in fatto
Borracci Vito ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Bari, in data 19.03.2013, con la quale – in parziale riforma della
sentenza di condanna resa dal Tribunale di Bari il 3.06.2009, all’esito di giudizio
abbreviato, in riferimento alla violazione dell’art. 73, comma V, d.P.R. n. 309/1990
– è stata rideterminata la pena originariamente inflitta.
Con il primo motivo l’esponente si duole del mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche.

Considerato in diritto
Il ricorso è in esame impone le considerazioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata risulta sorretta da conferente percorso
motivazionale, in riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Al riguardo, si deve considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di
comparazione, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142), ma
afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod.
pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). E
preme sottolineare che la giurisprudenza, nell’interpretare l’art. 62 bis cod. pen.,
come modificato dal di. 23.05.2008 n. 92, convertito nella legge 24.07.2008, n.
125, risulta consolidata nel rilevare: che l’assenza di precedenti penali non può
essere per ciò solo posta a fondamento della concessione delle attenuanti
generiche; e che i precedenti penali a carico del giudicabile ben possono essere
valorizzati dal giudice di merito, ai fini del diniego delle circostanze attenuanti
generiche.
E bene, la Corte di Appello, nel caso di specie, si è puntualmente
conformata al richiamato indirizzo interpretativo, richiamando, ai fini dei diniego
delle attenuanti generiche, il non positivo comportamento processuale del
prevenuto e la gravità delle specifiche modalità di realizzazione del fatto di reato.
Il secondo motivo di doglianza introduce l’esame del tema relativo al
trattamento sanzionatorio, questione rispetto alla quale vengono in rilievo le
modifiche normative che sono intervenute dopo il deposito del presente ricorso.
Nel caso di specie, è stata riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma V,
d.P.R. n. 309/1990, fattispecie interessata dalle modifiche introdotte dall’art. 2,

.- 2 —

Con il secondo motivo il ricorrente si duole della entità della pena inflitta.

comma 1, d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni dall’art. 1,
comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10.
Ai fini di interesse, ci si limita a rilevare che la fattispecie di cui all’art. 73,
comma V, d.P.R. n. 309/1990, per effetto delle richiamate modifiche, deve
qualificarsi come autonoma ipotesi di reato. Invero, il testo della norma in esame,
per effetto delle modifiche introdotte dalla novella ora richiamata, stabilisce
espressamente che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
commette uno dei fatti previsti dal presene articolo che, per i mezzi, le modalità o

entità, è punito con le pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da
euro 3.000 a euro 26.000”. Orbene, l’impiego della richiamata clausola di riserva
evidenzia che la disposizione integra una autonoma fattispecie di reato, rispetto alle
più gravi ipotesi previste dal medesimo art. 73, d.P.R. n. 309/1990.
Occorre poi considerare che la materia di interesse è stata oggetto di un
ulteriore intervento correttivo, ad opera della legge 16 maggio 2014, n. 79, di
conversione, con modificazioni, del decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, recante
Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego
di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (pubblicata in
G.U. n.115 del 20.05.2014).
Per effetto del richiamato intervento normativo, il tenore dell’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309/1990, è il seguente: “5. Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che,
per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e
quantità delle sostanze, e’ di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da
sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329”. La cornice
sanzionatoria, per la fattispecie di cui al V comma, dell’art. 73, cit., pertanto,
risulta compresa – sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti – tra il
minimo di sei mesi ed il massimo di quattro anni di reclusione, oltre la multa.
E bene, la cornice edittale applicabile alla fattispecie oggetto del presente
giudizio, in base al principio di retroattività della legge più favorevole, ex art. 2,
comma 4, cod. pen., prevede pene sensibilmente inferiori, rispetto a quelle alle
quali hanno fatto riferimento i giudici di merito nel determinare il trattamento
sanzionatorio, rispetto alla fattispecie di cui al V comma dell’art. 73, d.P.R. n.
309/1990. Ed invero la disciplina in materia di sostanze stupefacenti applicata dal
Collegio è quella prevista dal d.P.R. n. 309/1990, nella versione oggetto delle
modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni
dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 – di poi dichiarata illegittima dalla Corte

le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze è di lieve

Costituzionale del 12 febbraio 2014 n. 32 – di talché la pena, ai sensi dell’art. 73,
comma V, d.P.R. n. 309/1990, era compresa da uno a sei anni di reclusione, oltre
la multa.
L’ordine di considerazioni che precede induce conclusivamente a rilevare che
le evidenziate sostanziali modifiche alla cornice edittale di riferimento risultano
rilevanti, rispetto alla valutazione sulla congruità della pena inflitta nel caso di
specie, poiché la Corte di Appello ha determinato la pena base in anni tre di
reclusione, oltre la multa, e cioè in una misura che si colloca oggi in una diversa

addebito, afferente alla detenzione di 10 grammi di cocaina ed altro.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad
altra sezione della Corte di Appello di Bari per nuovo esame, limitatamente alla
determinazione del trattamento sanzionatorio. Nel resto il ricorso deve essere
rigettato. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 624, comma 2, cod. proc. pen., rileva il
Collegio che la sentenza impugnata è divenuta irrevocabile, in riferimento alla
affermazione di penale responsabilità dell’imputato, per il reato in addebito.
Si osserva che l’epilogo decisorio ora richiamato rientra nella sfera di
competenza della Settima sezione penale, alla luce delle recenti variazioni tabellari,
disposte dal Primo Presidente, con decreto immediatamente esecutivo del
26.02.2014.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio. Rinvia
sul punto alla Corte di Appello di Bari. Rigetta nel resto. V° l’art. 624 cod. proc.
pen. dichiara l’irrevocabilità della sentenza in ordine alla affermazione di
responsabilità.
Così deciso in Roma, in data 29 aprile 2015.

fascia dello schema edittale applicabile, rispetto alla richiamata fattispecie in

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA