Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29310 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29310 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
INGEMI FABRIZIO N. IL 26/03/1971
avverso l’ordinanza n. 97/2014 TRIBUNALE di PATTI, del
02/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMA TALERICO;
lette/site le conclusioni del PG Dott. (I l/io

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OÌV uA o

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 19/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2 marzo 2015, il Tribunale di Patti, quale giudice dell’esecuzione
rigettava l’opposizione proposta nell’interesse di Ingenni Fabrizio avverso il
provvedimento del medesimo Tribunale in data 16.10.2013, con il quale era stata
respinta la richiesta difensiva di applicazione del beneficio dell’indulto nella misura
massima concedibile relativamente alla pena finale di anni due di reclusione irrogata al
predetto condannato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., con sentenza del Tribunale di’

Il suddetto Tribunale riteneva di condividere le argomentazioni contenute
nell’ordinanza opposta sul presupposto che l’Ingemi aveva “commessi d ereato bas:di cui
alla citata sentenza (individuato nel furto pluriaggravato, pri o dell’elenco delle
contestazioni di cui al capo A della rubrica) nei cinque anni successivi all’entrata in vigore
della legge introduttiva del beneficio e tale reato è un delitto non colposo per il quale è
stata riportata una pena detentiva non inferiore ad anni due di reclusione” e che” “le parti
,….
5,
hanno considerato il reato base come unica condotta criminosa e non come una pluralità
di condotte da un unico disegno criminoso e hanno chiesto, congiuntamente,
l’applicazione della pena base considerando il crimine come unica condotta e non come
reato continuato”.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’Ingemi, per il tramite
del suo difensore di fiducia, avvocato Giovanni Randazzo.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato violazione di legge in relazione
agli artt. 151 cod. pen., 1 della legge n. 241 del 2006, 672, 666 e 667 cod. pen.: il
giudice dell’esecuzione non avrebbe valorizzato l’elemento peculiare e caratteristico
dell’istituto premiale e cioè quello del favor rei; il reato di cui al capo A) della rubrica per
il quale l’Ingemi è stato condannato alla pena detentiva finale di anni due di reclusione e
che, in virtù dell’accordo tra le parti, è stato considerato “reato base” per gli effetti di cui
all’art. 81 cod. pen. sarebbe composto da numerosi episodi criminosi consumati tra il
24.2.2005 e il 15.2.2010; una più corretta lettura dell’imputazione avrebbe dovuto
indurre il giudice dell’esecuzione a “sciogliere” il cumulo indicando quale parte di pena
andasse imputata al periodo precedente il 2 maggio 2006 e quale a quello successivo e,
qualora, come nel caso di specie, per nessuno dei fatti delittuosi commessi
successivamente alla predetta data, .p.efi fosse stata inflitta una pena detentiva che
raggiungesse il limite previsto per la revoca dell’indulto, concedere il beneficio.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato violazione di legge in relazione
agli artt. 125 e 666, comma 2, cod proc. pen.: il giudice dell’opposizione si sarebbe

2

Patti del 21.2.2012.

limitato ad aderire

per relationem

alla decisione opposta senza svolgere alcuna

motivazione in ordine alle censure della difesa.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, dott. Ciro Angelillis,
ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Patti.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il giudice dell’esecuzione ha correttamente enunciato il principio di diritto più volte
affermato da questa Corte secondo cui “in presenza di una già operante e riconoscibile
causa di revoca dell’indulto, è legittima e doverosa la mancata applicazione del beneficio
atteso che, altrimenti, il medesimo, una volta applicato, o dovrebbe essere subito dopo
revocato, con inutile dispendio di attività giurisdizionale, o non sarebbe più revocabile,
con evidente violazione della legge che, quando ne sussistano le condizioni, prevede
invece la revoca come obbligatoria” (Sez. 1, n. 19752 del 28/03/2003, Rv. 223850;
conformi, tra le molte, Sez. 1, n. 15462 del 31/03/2010, Rv. 246842).
Tuttavia, poiché nel caso di specie era stata irrogata una pena unica in ordine a più
delitti unificati dal vincolo della continuazione, compiuti prima e dopo l’entrata in vigore
del provvedimento di clemenza, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto chiarire la
portata del giudicato e individuare, nell’ambito dei plurimi episodi unificati, la pena per
ciascuno di essi inflitta; e ciò al fine di verificare la quantità di pena inflitta per ciascuno
dei reati commessi successivamente all’entrata in vigore della legge n. 241 del 2006 e, in
particolare, se la stessa raggiungesse o meno il limite previsto per la revoca dell’indulto
eventualmente concesso.
E tanto, in applicazione del principio di diritto secondo cui “in tema di indulto, il giudice
dell’esecuzione – nel caso di reati uniti dal vincolo della continuazione, alcuni dei quali
siano stati commessi entro il termine fissato per la fruizione del beneficio ed altri
successivamente – deve determinare, ove il giudice della cognizione non lo abbia
specificato, il “quantum” di pena attribuibile ai reati che risultano commessi oltre il
termine temporale fissato dall’art. 1 della legge n. 241 del 2006, verificando, in tal modo,
se per taluno di questi sia stata o meno irrogata una sanzione non inferiore a due anni di
reclusione, comportante, per effetto della medesima disposizione, la revoca di diritto del
beneficio” (Sez. 1, n. 3986 del 28/11/2013, Rv. 259139).
2. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio, per nuovo esame, al
Tribunale di Patti che dovrà uniformarsi ai superori principi.
P.Q.M.
3

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Patti.
Così deciso, il 19 aprile 2016
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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