Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29309 del 12/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29309 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAVI FABIO N. IL 22/04/1960
avverso il decreto n. 1/2014 CORTE ASSISE di BOLOGNA, del
01/12/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/04/2016

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Gabriele
Mazzotta, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

RITENUTO IN FATTO

Premetteva il giudice a quo che le sentenze di condanna a carico dell’istante
erano tutte relative a fatti commessi tra gli anni 80 e 90 e che si trattava di titoli
che avevano, in cumulo, comportato la pena dell’ergastolo con l’aggravamento
dell’isolamento per la durata di anni tre (isolamento, tra l’altro, già scontato alla
data della richiesta).
Ricostruito il quadro di riferimento e la complessa vicenda normativa e
giurisprudenziale in materia di interpretazione dell’art 442 cod. proc. pen., nella
sua progressiva trasformazione dall’entrata in vigore del codice di rito al momento
della domanda, il giudice a quo ha osservato che, nella specie, tutte le sentenze di
condanna – con cui era stata inflitta la pena dell’ergastolo al richiedente – erano
state emesse ed erano in cosa giudicata, in epoca anteriore all’entrata in vigore
della legge 479/1999.
Questo dato era, alla luce dell’interpretazione di questa Corte, ostativo
all’applicazione del trattamento invocato dal medesimo Savi. Nella specie non
ricorreva un caso sovrapponibile a quello esaminato dalla sentenza della Corte
EDU nel caso Scoppola cfitalia, né una fattispecie collegabile alla decisione della
Corte costituzionale, n. 210/2013.
I processi a carico del Savi si erano conclusi con rito ordinario e non in abbreviato,
di tal che erano insussistenti le condizioni per procedere alla invocata sostituzione
di pena.

2. Ricorre per cassazione Savi Fabio a mezzo del difensore di fiducia e lamenta la
violazione dell’art. 7 CEDU.
Osserva che, nella specifica vicenda, risulterebbe violato l’art 442 cod. proc. pen.,
norma che, pur inserita nel codice di rito, ha indubbio carattere sostanziale e che
la stessa Corte EDU ha ritenuto di dover interpretare nel senso anzidetto.
In particolare, si censura il provvedimento impugnato poiché il giudice a quo
avrebbe escluso la rideterminazione della pena, non avendo il Savi stesso
avanzato richiesta di accesso al rito abbreviato. Non si era tuttavia, considerato
che richiesta siffatta era preclusa, perché non prevista dall’ordinamento.
2.1. Ricorre per cassazione anche in personalmente il Savi e deduce quanto
segue.

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1. Con ordinanza in data 1 dicembre 2014 la Corte d’assise di Bologna rigettava
l’istanza del 23 ottobre 2013, con cui Fabio Savi aveva richiesto la sostituzione
della pena dell’ergastolo con quella della reclusione di anni trenta.

Ciò nonostante, in definitiva, assume di dover fruire del beneficio in esame e di
poter richiedere in sede esecutiva la riduzione della pena dell’ergastolo a quella
della reclusione in anni trenta, dovendo trovare applicazione il regime di
retroazione delle norme più favorevoli. Deduce, diversamente, la disparità di
trattamento tra coloro che sono stati giudicati prima della legge 479/1999 e coloro
che, al contrario, non hanno potuto fruire di quella diminuente ratione temporis.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
1.1. In sostanza con i motivi di doglianza lamenta il ricorrente non si sarebbero
applicati nel caso di specie i principi che la Corte EDU aveva affermato nella
decisione Scoppola c/ Italia. Il Savi afferma di aver diritto alla sostituzione della
pena dell’ergastolo con quella della reclusione di anni trenta.
2. Il quadro normativo di riferimento va così riassunto.
2.1. La disposizione originaria dell’art. 442, comma 2, del codice di
procedura penale prevedeva la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di
trenta anni di reclusione. Questa norma, è noto, con la sentenza n. 176 del 1991,
è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega. Di
conseguenza, tra il 1991 e il 1999, l’accesso al rito abbreviato è stato precluso agli
imputati di delitti puniti con la pena dell’ergastolo.
L’art. 30, comma 1, lettera b), della legge n. 479 del 1999 (in vigore dal 2
gennaio 2000) ha modificato l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., reintroducendo,
per i reati puniti con l’ergastolo, il giudizio abbreviato e la sostituzione
dell’ergastolo con la pena di trenta anni di reclusione.
Dopo l’entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, l’art. 4 ter del d.l. n.
82 del 2000 ha previsto che nei processi in corso, nei gradi di merito per reati
puniti con l’ergastolo, quando il termine per presentare la richiesta risultava già
scaduto, l’imputato avrebbe potuto chiedere il giudizio abbreviato nella «prima
udienza utile successiva» all’entrata in vigore della legge n. 144 del 2000 (di
conversione del d.l. n. 82 del 2000).
Il d.l. n. 341 del 24 novembre 2000, entrato in vigore nella medesima
data, e convertito dalla legge n. 4 del 2001, con l’art. 7 ha modificato nuovamente
l’art. 442 cod. proc. pen., stabilendo, in via di interpretazione autentica, che
«Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale,
l’espressione “pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza
isolamento diurno» (art. 7, comma 1), e aggiungendo, alla fine dello stesso
comma 2, la frase: «Alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di
concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo» (art. 7,
comma 2).
Da quanto premesso derivava che il giudizio abbreviato avrebbe
comportato la sostituzione dell’ergastolo semplice con la pena di anni trenta di

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Premette analitico riferimento alla sentenza n. 210/2013 della Corte costituzionale
e all’interpretazione offerta dalla Corte EDU sull’art 442 cod. proc. pen., che risulta
norma sostanziale e non processuale. Spiega di essere detenuto per fatti
commessi tra gli anni 1987 e 1994 e che le decisioni di condanna risultano tutte
irrevocabili dall’anno 1998, epoca in cui non era possibile la richiesta di rito
abbreviato.

cost. 210/2013).
3. Sulla scorta di quanto premesso il ricorso è infondato e va respinto.
In primo luogo, ed è di tutta evidenza, il caso prospettato al giudice
dell’esecuzione non è identico, né analogo a quello deciso nella sentenza sopra
richiamata della Corte EDU.
Annota correttamente il giudice a quo che, nella specie, non vi sia stata
ammissione al giudizio abbreviato e che il Savi non risulta giudicato con il rito
premiale. Ciò perché al momento della celebrazione dei processi a suo carico non
era prevista la possibilità, in ragione del titolo di reato, di accedere al rito
alternativo. Non si evidenzia, dunque, nel caso di specie alcuna violazione dei
principi di legalità della pena, né del giusto processo, così come enunciati nella
sentenza Scoppola, sopra richiamata, essendo stato, appunto, il Savi giudicato
secondo un quadro normativo immutato nella sua vigenza dal momento del fatto
al momento della decisione processuale irrevocabile.

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reclusione e la sostituzione dell’ergastolo con isolamento, con quella dell’ergastolo
semplice.
2.2. La sentenza 17. settembre 2009, Scoppola contro Italia della Grande
Camera della Corte EDU. Nella sentenza si è esaminato il quadro normativo
relativo alla successione temporale tra la legge n. 479 del 1999 e il d.l. n. 341 del
2000, ravvisando una violazione degli artt. 6 e 7 della CEDU. Nel caso giudicato
dalla Corte EDU, il ricorrente aveva chiesto il giudizio abbreviato prima dell’entrata
in vigore dell’art. 7 del d.l. n. 341 del 2000 (quando era, cioè, previsto che alla
condanna all’ergastolo con isolamento diurno, si sostituisse la pena di trenta anni
di reclusione). Nonostante ciò, per effetto della sopravvenuta norma
d’interpretazione, dell’art. 7, comma 1, era stato condannato all’ergastolo. La
Corte EDU ha ravvisato una violazione degli artt. 6 e 7 della CEDU. Ha ritenuto
che l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., ancorché contenuto in una legge
processuale, fosse norma di diritto penale sostanziale, rientrante nel campo di
applicazione dell’art. 7, paragrafo 1, della CEDU, e che lo Stato italiano avesse
violato, sia il diritto del ricorrente ad un processo equo, sia il diritto
all’applicazione della legge più favorevole. Secondo la Corte EDU, non si sarebbe
dovuto condannare il medesimo ricorrente in forza della norma successiva, in
vigore al momento della decisione, dalla quale era discesa l’applicazione
dell’ergastolo.
2.2.1. La vicenda è, dunque, relativa ad una richiesta di giudizio abbreviato
formulata dopo il 2 gennaio 2000 e prima del 24 novembre 2000, con relativa
ammissione al rito alternativo e con condanna, ciò nonostante, alla pena
dell’ergastolo, per effetto della sopravvenuta modificazione normativa.
Le Sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno, dunque, sollevato
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.l. n. 341 del 2000 e la
Corte cost. (sentenza n. 210 del 2013) ha concluso affermando che occorresse
rimuoverne gli effetti nei confronti di tutti i condannati che si trovavano nelle
medesime condizioni del caso deciso. Non era di ostacolo l’avvenuta formazione
del giudicato, che in parte qua risultava recessivo. Il tutto sarebbe dovuto
avvenire attraverso il procedimento esecutivo, cosa possibile nell’ipotesi in cui «si
debba applicare una decisione della Corte europea in materia sostanziale, relativa
ad un caso che sia identico a quello deciso e non richieda la riapertura del
processo, ma possa trovare un rimedio direttamente in sede esecutiva» (Corte

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Né rilevano le modifiche legislative successive, intervenute tutte dopo il
giudicato di condanna ed in nulla assimilabili al fenomeno dell’abolitio criminis.
Si comprende, allora, come, ed a ben vedere, l’incidente di esecuzione
prospetti questioni precluse dal giudicato e non devolvibili al giudice stesso in
executivis, né a questa Corte, attraverso il ricorso proposto.
Con gli argomenti dedotti si pretende di mettere in discussione, in sede
esecutiva, un tema che tenderebbe a rivedere aspetti oramai preclusi dal
giudicato.
In questo senso la stessa Corte cost. – che da ultimo ha dichiarato
inammissibile la questione di legittimità costituzionale ulteriore, sollevata in
executivis in relazione all’art. 4-ter di. 82/2000 – ha confermato che non risultano
prospettabili in sede di esecuzione questioni ormai precluse, per effetto del
giudicato (Corte cost. n. 57 del 27-1-2016).
Per analoga ragione, le Sezioni unite penali della Corte di cassazione, sia
prima della pronuncia della Corte cost. (n. 210 del 2013) con la sentenza 19 aprile
2012, n. 34233, sia dopo di essa (con la sentenza 24 ottobre 2013, n. 18821)
hanno nettamente distinto, al fine di estendere gli effetti della sentenza Scoppola,
il caso in cui la richiesta di rito abbreviato sia avvenuta prima ovvero dopo
l’entrata in vigore del di. n. 341 del 2000.
È quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione
degli effetti della sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, tra il 2
gennaio ed il 24 novembre 2000 e, cioè, nella vigenza dell’art. 30, comma primo,
lett. b, L. 479 del 1999 ( Sez.1, sentenza n. 4008 del 10/01/2014 Cc: (dep.
29/01/2014), Ganci, Rv.258272). Non vi sarebbe alcuna ragione per estendere lo
sconto di pena a condannati che non hanno chiesto o non hanno potuto chiedere
(perché non previsto dal sistema) l’ammissione al rito abbreviato, essendo lo
sconto di pena indissolubilmente legato alla scelta di essere giudicati con il rito
alternativo al dibattimento, che postula una decisione a prova “contratta” e sulla
base degli atti di indagine compiuti (Sez.1, sentenza n 34158 del 04/07/2014
Cc.(dep.01/08/2014), Trudu, Rv.260787).
Né vale richiamare la natura sostanziale dell’ad 442 cod. proc. pen. ed il
principio di eguaglianza, assumendo la disparità di trattamento tra coloro che
hanno avuto la possibilità di fruire della scelta del rito abbreviato e coloro cui
l’accesso al rito stesso non sia stato permesso.
Deve qui ribadirsi che il profilo sostanziale dell’art 442 cod. proc. pen. si
concretizza solo al momento della scelta del rito processuale e nel concorso delle
condizioni poste dalla norma. Non vale, pertanto, il richiamo al principio di
uguaglianza, che postula identità di condizione che, nel caso di specie, non ricorre.
Si è, infatti, anticipato che l’istante non è stato giudicato con il rito alternativo;
viene, pertanto, meno in radice il presupposto strutturale, per invocare
l’applicazione dell’art 442 cod. proc. pen. (tra l’altro, in una formulazione
normativa che, vigente in un segmento temporale ben definito, non ha alcun
nesso di collegamento con la posizione del ricorrente).
Né risulta fondato il rilievo inerente la disparità di trattamento tra coloro
cui è stato permesso l’accesso al rito premiale e coloro che, di converso, non
hanno potuto spiegare quell’opzione in rito. Ciò discende, invero, da scelte di
politica legislativa, legate a valutazioni rimesse alla discrezionalità del legislatore
e che si modellano in ragione delle esigenze cui l’esercizio della potestà normativa
è funzionale.

Non versandosi, pertanto, al cospetto dell’esecuzione d’una “pena illegale”,
né al cospetto di un fenomeno da assimilare a quello dell’aboliti° criminis in senso
stretto, non sussitono i presupposti per “rivedere” la pena in sede di esecuzione.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 12 aprile 2016
Il consigliere estensore
il Presidente

4. Alla luce di quanto premesso il ricorso va respinto. Segue la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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