Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29307 del 12/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29307 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUA’ GIANFRANCO N. IL 04/02/1960
avverso l’ordinanza n. 635/2014 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANZARO, del 22/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/04/2016

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Gabriele
Mazzotta, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il
quale ha concluso per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

1. La Corte d’assise d’appello di Catanzaro, adita quale giudice dell’esecuzione,
rigettava la richiesta di rideternninazione della pena inflitta a Ruà Gianfranco con
sentenza del 27 aprile 2000.
Osservava il giudice a quo che non ricorrevano le condizioni per intervenire in sede
esecutiva non essendo stato il ricorrente ammesso al rito abbreviato. In particolare,
la richiesta era stata avanzata in udienza preliminare e nella vigenza di un quadro
normativo che non ammetteva al rito premiale i reati puniti con la pena
dell’ergastolo. La richiesta era stata rinnovata alla Corte d’assise di Cosenza che
aveva nuovamente respinto l’istanza, risultando in contestazione l’aggravante della
premeditazione, che determinava per il delitto in questione la pena dell’ergastolo. Si
svolgeva, pertanto, il giudizio ordinario ed all’esito, concesse le circostanze
attenuanti generiche da ritenere equivalenti alle contestate aggravanti, era inflitta
la pena di anni 25 mesi sei di reclusione, per i delitti di cui ai capi a) e b) e quella
di anni due di reclusione per il capo f). Era stata rinnovata la richiesta di rito
abbreviato innanzi alla Corte d’assise d’appello di Catanzaro ed il giudice d’appello
aveva confermato con sentenza 27 aprile 2000 la decisione di primo grado. Alla
Corte di cassazione era stata nuovamente posta la questione. Questa Corte aveva
osservato che l’entrata in vigore della I. 144/2000 era successiva alla sentenza di
secondo grado e che essa subordinava l’applicazione del regime di favore alle sole
ipotesi in cui, in grado di appello, fosse stata rinnovata l’istruttoria e non si fosse
conclusa, evento che non ricorreva nel caso in esame.
Il giudizio, di converso, per il Ruà Gianfranco si era svolto nelle forme del rito
ordinario e non secondo il rito abbreviato; non si sarebbe potuta, pertanto,
sollevare, in sede esecutiva, la questione relativa all’applicabilità della diminuente
premiale.
2. Ricorre per cassazione Ruà Gianfranco a mezzo del difensore di fiducia e deduce
le seguenti ragioni.
2.1. Premette che nel corso dell’udienza preliminare aveva richiesto di definire il
procedimento nelle forme del rito abbreviato. La richiesta era stata proposta
nuovamente innanzi alla Corte d’assise di Cosenza che aveva negato l’accesso
(sentenza 29-7-1999) ritenendo il delitto punito con la pena dell’ergastolo.
La richiesta era stata presentata, anche nel giudizio d’appello, all’esito dell’entrata
in vigore della disciplina transitoria di cui alla I. 144/2000, innanzi la Corte d’assise
d’appello di Catanzaro e la decisione era stata impugnata innanzi alla Corte di
cassazione. Si era, in particolare, criticata da parte del ricorrente la tesi secondo cui
la legge 144/2000 postulava la possibilità, nell’ottica di semplificazione, di accedere
al rito abbreviato, là dove in appello, disposta la rinnovazione istruttoria, non si
fosse conclusa al momento della richiesta, condizione che non ricorreva nel caso del
Ruà.
Si lamenta, ciò premesso, la violazione dell’art 3 Cost. realizzandosi una disparità di
trattamento rispetto a situazioni processuali sostanzialmente identiche.

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RITENUTO IN FATTO

Europea dei Diritti dell’Uomo. Ancora, la Corte costituzionale con sentenza
210/2013 aveva dichiarato l’illegittimità dell’art. 7 comma 1 d.l. 341/2000 nella
parte in cui aveva previsto che si applicasse la sanzione più severa dell’ergastolo,
anche per la posizione di coloro che avevano richiesto di definire il processo in rito
alternativo, nella vigenza della legge 479/1999 ed erano stati giudicati
successivamente all’entrata in vigore del d.l. indicato (24 novembre 2000).
Il Ruà ribadiva di avere diritto al giudizio con il rito abbreviato, avendo avanzato
istanza all’udienza preliminare. La richiesta avrebbe determinato l’applicazione del
trattamento più favorevole vigente all’epoca. La disposizione di cui all’art 442 cod.
proc. pen. incideva sulla pena e rientrava nell’ambito del diritto sostanziale,
soggiacendo al principio di legalità convenzionale di cui all’art. 7 CEDU.
La Corte d’assise d’appello si era, contrariamente, limitata a spiegare che il giudizio
si era svolto con le forme del rito ordinario e non con quelle del rito abbreviato e
non essendo stato il Ruà ammesso al rito abbreviato non si sarebbe potuta fare
questione alcuna in sede esecutiva di applicabilità della diminuente premiale.
Si è chiesto, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
1.1. Lamenta il ricorrente che nel caso di specie non si sarebbero applicati i
principi che la Corte EDU aveva affermato nella decisione Scoppola c/Italia. Il Ruà
avrebbe avuto diritto al trattamento premiale, che afferiva al rito abbreviato, e che
gli era stato ingiustamente precluso. La contestazione includeva una fattispecie
astrattamente punibile con l’ergastolo che secondo il regime normativo di
riferimento, vigente nella congiuntura temporale della richiesta, non ammetteva il
rito alternativo.
2. Il quadro normativo di riferimento va così riassunto.
2.1. La disposizione originaria dell’art. 442, comma 2, del codice di
procedura penale prevedeva la sostituzione della pena dell’ergastolo con quella di
trenta anni di reclusione. Questa norma, è noto, con la sentenza n. 176 del 1991, è
stata dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega. Di
conseguenza, tra il 1991 e il 1999, l’accesso al rito abbreviato è stato precluso agli
imputati di delitti puniti con la pena dell’ergastolo.
L’art. 30, comma 1, lettera b), della legge n. 479 del 1999 (in vigore dal 2
gennaio 2000) ha modificato l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., reintroducendo,
per i reati puniti con l’ergastolo, il giudizio abbreviato e la sostituzione dell’ergastolo
con la pena di trenta anni di reclusione.
Dopo l’entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, l’art. 4-ter del d.l. n. 82
del 2000 ha previsto che nei processi in corso, nei gradi di merito per reati puniti
con l’ergastolo, quando il termine per presentare la richiesta risultava già scaduto,
l’imputato avrebbe potuto chiedere il giudizio abbreviato nella «prima udienza utile
successiva» all’entrata in vigore della legge n. 144 del 2000 (di conversione del d.l.
n. 82 del 2000).
Il d.l. n. 341 del 24 novembre 2000, entrato in vigore nella medesima data,
e convertito dalla legge n. 4 del 2001, con l’art. 7 ha modificato nuovamente l’art.
442 cod. proc. pen., stabilendo, in via di interpretazione autentica, che
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In particolare si annota che la Corte EDU era intervenuta con la sentenza 17-92009 (Scoppola) ed aveva ritenuto la violazione dell’art 7 della Convenzione

3. Sulla scorta di quanto premesso il ricorso è infondato e va respinto.
In primo luogo, ed è di tutta evidenza, il caso prospettato al giudice
dell’esecuzione non è identico, né analogo a quello deciso nella sentenza sopra
richiamata della Corte EDU.
Annota correttamente il giudice a quo che, nella specie, non vi sia stata
ammissione al giudizio abbreviato e che il Ruà risulta, appunto, giudicato con il rito
ordinario. Ciò perché al momento della richiesta iniziale non era prevista la
possibilità, in ragione del titolo di reato per cui si procedeva, di accedere al rito
alternativo. La stessa istanza era stata rinnovata in sede di giudizio d’appello ed
innanzi la Corte di cassazione. Il rigetto era avvenuto poiché la disciplina che
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«Nell’articolo 442, comma 2, ultimo periodo, del codice di procedura penale,
l’espressione “pena dell’ergastolo” deve intendersi riferita all’ergastolo senza
isolamento diurno» (art. 7, comma 1), e aggiungendo, alla fine dello stesso comma
2, la frase: «Alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di
reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo» (art. 7, comma 2).
Da quanto premesso derivava che il giudizio abbreviato avrebbe comportato
la sostituzione dell’ergastolo semplice con la pena di anni trenta di reclusione e la
sostituzione dell’ergastolo con isolamento, con quella dell’ergastolo semplice.
2.2. La sentenza 17 settembre 2009, Scoppola contro Italia della Grande
Camera della Corte EDU. Nella sentenza si è esaminato il quadro normativo relativo
alla successione temporale tra la legge n. 479 del 1999 e il d.l. n. 341 del 2000,
ravvisando una violazione degli artt. 6 e 7 della CEDU. Nel caso giudicato dalla
Corte EDU, il ricorrente aveva chiesto il giudizio abbreviato prima dell’entrata in
vigore dell’art. 7 del d.l. n. 341 del 2000 (quando era, cioè, previsto che alla
condanna all’ergastolo con isolamento diurno, si sostituisse la pena di trenta anni di
reclusione). Nonostante ciò, per effetto della sopravvenuta norma d’interpretazione,
dell’art. 7, comma 1, era stato condannato all’ergastolo. La Corte EDU ha ravvisato
una violazione degli artt. 6 e 7 della CEDU. Ha ritenuto che l’art. 442, comma 2,
cod. proc. pen., ancorché contenuto in una legge processuale, fosse norma di diritto
penale sostanziale, rientrante nel campo di applicazione dell’art. 7, paragrafo 1,
della CEDU, e che lo Stato italiano avesse violato, sia il diritto del ricorrente ad un
processo equo, sia il diritto all’applicazione della legge più favorevole. Secondo la
Corte EDU, non si sarebbe dovuto condannare il medesimo ricorrente in forza della
norma successiva, in vigore al momento della decisione, dalla quale era discesa
l’applicazione dell’ergastolo.
2.2.1. La vicenda è, dunque, relativa ad una richiesta di giudizio abbreviato
formulata dopo il 2 gennaio 2000 e prima del 24 novembre 2000, con relativa
ammissione al rito alternativo e con condanna, ciò nonostante, alla pena
dell’ergastolo, per effetto della sopravvenuta modificazione normativa.
Le Sezioni unite penali della Corte di cassazione hanno, dunque, sollevato la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.l. n. 341 del 2000 e la Corte
cost. (sentenza n. 210 del 2013) ha concluso affermando che occorresse
rimuoverne gli effetti nei confronti di tutti i condannati che si trovavano nelle
medesime condizioni del caso deciso. Non era di ostacolo l’avvenuta formazione del
giudicato, che in parte qua risultava recessivo. Il tutto sarebbe dovuto avvenire
attraverso il procedimento esecutivo, cosa possibile nell’ipotesi in cui «si debba
applicare una decisione della Corte europea in materia sostanziale, relativa ad un
caso che sia identico a quello deciso e non richieda la riapertura del processo, ma
possa trovare un rimedio direttamente in sede esecutiva» (Corte cost. 210/2013).

Cc.(dep.01/08/2014), Trudu, Rv.260787).
4. Alla luce di quanto premesso il ricorso è infondato e va respinto. Segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 12 aprile 2,
E S I TATA
residente
Il consigliere estensore

ammetteva il rito premiale in appello (I. 144/2000) era intervenuta dopo la
pronuncia della decisione di secondo grado. Veniva meno, così, il presupposto della
normativa cd. transitoria. Non constando una richiesta di rito alternativo nella
congiuntura della rinnovazione istruttoria, faceva difetto la condizione strutturale e
processuale fondante l’estensibilità della diminuente del rito in esame in fase di
appello. In questo senso, dunque, ha correttamente argomentato il giudice di
merito, giungendo ad escludere le condizioni di accesso al rito premiale.
Si comprende, allora, come, ed a ben vedere, l’incidente di esecuzione
prospetti questioni precluse dal giudicato e non devolvibili al giudice stesso in
executivis, né a questa Corte, attraverso il ricorso proposto.
Nella stessa direzione si muovono
gli argomenti relativi all’erronea
interpretazione, da parte del giudice a quo, dell’art 4-ter d.l. 82/2000, come
indicato nella memoria integrativa depositata in data 7-4-2016. In particolare si
obietta che la pena inflitta risulterebbe illegittima perché determinata in violazione
dei principi convenzionali.
Anche con l’argomento in questione, tuttavia, si pretende di mettere in
discussione, in sede esecutiva, un tema che tenderebbe a rivedere aspetti oramai
preclusi dal giudicato.
In questo senso la stessa Corte cost. – che da ultimo ha dichiarato
inammissibile la questione di legittimità costituzionale ulteriore, sollevata in
executivis in relazione all’art. 4-ter d.l. 82/2000 – ha confermato che non risultano
prospettabili in sede di esecuzione questioni ormai precluse, che si sarebbe dovuto
proporre, al più, nel giudizio di cognizione (Corte cost. n. 57 del 27-1-2016).
Per analoga ragione, le Sezioni unite penali della Corte di cassazione, sia
prima della pronuncia della Corte cost. (n. 210 del 2013) con la sentenza 19 aprile
2012, n. 34233, sia dopo di essa (con la sentenza 24 ottobre 2013, n. 18821)
hanno nettamente distinto, al fine di estendere gli effetti della sentenza Scoppola, il
caso in cui la richiesta di rito abbreviato sia avvenuta prima ovvero dopo l’entrata in
vigore del d.l. n. 341 del 2000.
È quindi evidente che presupposto essenziale per chiedere l’estensione degli
effetti della sentenza Scoppola è l’ammissione al rito abbreviato, tra il 2 gennaio ed
il 24 novembre 2000 e cioè nella vigenza dell’art. 30, comma primo, lett. b, L. 479
del 1999 ( Sez.1, sentenza n. 4008 del 10/01/2014 Cc. (dep. 29/01/2014), Ganci,
Rv.258272). Non vi sarebbe alcuna ragione per estendere lo sconto di pena a
condannati che non hanno chiesto o non hanno potuto chiedere (perché non
previsto dal sistema) l’ammissione al rito abbreviato, essendo il trattamento di
favore indissolubilmente legato alla scelta di essere giudicati con il rito abbreviato, il
quale postula che il processo sia deciso sulla base degli atti di indagine compiuti nel
corso delle indagini preliminari (Sez.1, sentenza n 34158 del 04/07/2014

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