Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29306 del 12/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29306 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEDJA ARTUR N. IL 04/06/1968
avverso l’ordinanza n. 7/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di REGGIO
CALABRIA, del 24/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/04/2016

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Enrico Delehaye,
Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso
per il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

1. Il Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria con ordinanza in data 24 febbraio 2015,
depositata il 2 marzo 2015,
rigettava l’appello proposto da Dedja Artur avverso il
provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza aveva applicato la misura di sicurezza
dell’espulsione ddlo Stato ai sensi dell’art. 86 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, misura già
disposta con sentenza del 9 giugno 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Milano (irrevocabile il 25-7-2009).
Il Magistrato di sorveglianza in sede di accertamento in concreto della pericolosità sociale
aveva dato atto che il Dedja era stato condannato con la sentenza indicata alla pena di anni
otto di reclusione ed euro 120.000 di multa per i reati di cui all’ad 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n.
309, oltre che per fatti di falsità materiale. Dal 9 novembre 2008 il Dedja stava espiando la
pena e dal 19 maggio 2014 era in espiazione presso il domicilio ex lege 199/2010. Constavano,
ancora, due precedenti condanne. L’una per rapina e l’altra per fatti connessi alla detenzione
illecita di stupefacenti.
Osservava il Tribunale di sorveglianza come l’inserimento non occasionale nel circuito del
traffico di stupefacenti e la predisposizione di documentazione falsa volta a dissimulare la vera
identità attestassero, unitamente ai precedenti, che il Dedja non avesse modificato lo stile di
vita, nonostante le precedenti risposte giudiziarie.
2. Ricorre per cassazione Dedja Artur a mezzo del difensore di fiducia e deduce i seguenti vizi.
2.1. Con il primo motivo censura la mancata notifica alla difesa dell’avviso di fissazione
dell’udienza camerale. Il difensore, pur ritualmente nominato, assume di non aver ricevuto
avviso, né di aver partecipato all’udienza.
2.2. Con il secondo motivo si censura la motivazione nella parte in cui ha ritenuto esistente la
pericolosità sociale. Il provvedimento si era limitato a riportare i precedenti del ricorrente. Non
si intendeva come e cosa potesse fare in più l’istante ed in sede detentiva.
OSSERVA IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
1.1. La censura mossa con il primo motivo di doglianza attiene a vizio processuale ed
autorizza l’esame del fatto dedotto. Lamenta il ricorrente la mancata notifica alla difesa
dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale. Il difensore, nonostante la nomina non aveva
ricevuto l’avviso dovuto. L’esame del fascicolo processuale, contrariamente a quanto dedotto,
attesta la regolarità della notifica e la presunzione di conoscenza legale che deriva da essa. Il
motivo, dunque, è infondato e va respinto.
2. Le doglianze ulteriori, articolare nell’interesse del ricorrente, non sono egualmente fondate.
Non si denunciano, in realtà, vizi di legittimità, ma si richiede una rivalutazione complessiva
della vicenda, svolgendo censure in fatto al provvedimento impugnato, che presenta
motivazione congrua ed immune da vizi denunciabili in sede di legittimità. Il Tribunale di
sorveglianza ha ritenuto la pericolosità del ricorrente non solo sul ti scorta della gravità del
reato in espiazione, ma anche dalla storia personale che autorizzava la conclusione d’un
inserimento non occasionale di costui in circuiti del narcotraffico. D’altro canto si è osservato
2

RITENUTO IN FATTO

3. Il ricorso, pertanto, rimette rivalutazione dei fatti già esaminati e va, dunque, respinto con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 12 aprile 2016
il Presidente
Il consigliere estensore

come, nonostante le condanne subite, il Dedja non avesse modificato il suo stile di vita e, pur a
fronte di misure alternative concessegli, non si fosse scongiurata la ricaduta nel delitto.
Né il profilo di doglianza individua un punto di critica specifica al provvedimento impugnato.
A parte l’intrinseca genericità dell’argomento esposto non è pertinente neppure il rilievo
relativo alla pretesa d’un comportamento diverso da parte del Dedja stesso, durante la
detenzione, tema non correlato con il tracciato logico seguito nella motivazione.
Si è, invero, anticipato che il giudice del merito ha sottolineato come il delitto del 9 novembre
2008 (con condanna alla pena di anni otto di reclusione ed euro 120.000 di multa) fosse
seguito ad altre due condanne, una per rapina in relazione alla quale era stata riconosciuta la
semilibertà e l’affidamento in prova al servizio sociale e l’altra per detenzione illecita di
stupefacenti, espiata fino al 13-7-2007.
Il dato è stato, in sintesi, valorizzato, al fine di sottolineare non una immanente condizione di
pericolosità, ma un profilo personale non affidabile. Infatti, ha correttamente annotato il
giudice a quo che, pur dopo la concessione dei benefici e la espiazione della pena indicata, il
Dedja stesso avesse reiterato il delitto, riportando condanna ulteriore per fatti gravi. La
progressione e la reiterazione di condotte delittuose nel tempo è stata, pertanto, valorizzata
come elemento importante e come indicatore d’una condizione di pericolosità sociale, secondo
un tracciato logico immune dai vizi denunciati.

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