Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29303 del 22/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29303 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL AYANE HANANE N. IL 17/03/1982
avverso l’ordinanza n. 308/2015 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
28/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/s~ite le conclusioni del PG Dott. p yk,
NT-0 CfLt bio
La,

Uditi difensor Avv.;

(L zuve,

Data Udienza: 22/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in rubrica la Corte d’appello di Bologna, in funzione di
giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza con cui El Ayane Hanane aveva
chiesto la revoca della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti il
7.03.2013 dalla medesima Corte territoriale, sul presupposto della condanna per
lo stesso fatto già pronunciata con sentenza 10.01.2013 della Corte d’appello di
Bologna; il giudice dell’esecuzione riteneva che dalla motivazione delle due
sentenze emergesse che le condotte da esse giudicate erano diverse, così che

2. Ricorre per cassazione El Ayane Hanane, a mezzo del difensore, deducendo
vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 669, 546 comma
1 lett. f), 125 cod.proc.pen., rilevando che il fatto commesso il 3.01.2010,
giudicato con la sentenza 7.03.2013 della Corte d’appello di Bologna, era lo
stesso giudicato al capo 3 della sentenza 10.01.2013 della medesima Corte
territoriale, per il quale era stata applicata la pena di mesi 10 di reclusione (a
titolo di aumento per la continuazione col più grave reato di cui all’art. 74 DPR n.
309 del 1990 giudicato con la stessa sentenza), che – in quanto meno grave era l’unica di cui doveva essere ordinata l’esecuzione.
3. Il procuratore generale presso questa Corte ha rassegnato conclusioni scritte,
chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto – nonostante la formale deduzione di vizi
astrattamente riconducibili alle previsioni di cui all’art. 606 comma 1 lett. b), c),
e) del codice di rito – si limita in realtà a criticare il merito della decisione
impugnata, sollecitando un rinnovato giudizio in punto di fatto sull’identità dei
fatti-reato giudicati con le sentenze oggetto dell’istanza formulata ex art. 669
cod.proc.pen., che esula dal sindacato di legittimità demandato a questa Corte.
2. L’ordinanza impugnata ha puntualmente indicato le ragioni in forza delle quali
ha escluso che le sostanze stupefacenti sequestrate a El Ayane il 3.01.2010, per
la cui detenzione il ricorrente era stato arrestato e successivamente giudicato
con sentenza 7.03.2013 della Corte d’appello di Bologna, potessero essere le
stesse oggetto della condotta già giudicata con la sentenza 10.01.2013 della
medesima Corte territoriale, valorizzando la motivazione della sentenza di primo
grado che aveva evidenziato che i quantitativi di stupefacente rinvenuti in
occasione della perquisizione del 3.01.2010 che aveva condotto all’arresto di El
Ayane erano arrivati dalla Spagna il giorno prima, mentre la condotta giudicata
al capo 3 della sentenza 10.01.2013 riguardava le (diverse) sostanze
stupefacenti oggetto delle telefonate intercorse in epoca precedente tra il 19 e il
27 dicembre 2009, così da escludere la coincidenza dei due fatti.
1

non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 669 del codice di rito.

La valutazione così compiuta dal giudice dell’esecuzione si risolve in un tipico
giudizio di fatto che, in quanto argomentato in modo logico e adeguato, non è
censurabile in sede di legittimità; in particolare, correttamente il giudice
dell’esecuzione ha proceduto a interpretare il giudicato di condanna, al fine di
escludere l’identità tra i fatti giudicati con le due sentenze, facendo legittimo
ricorso alla lettura della motivazione delle sentenze, senza con ciò violare il
principio dell’intangibilità del dispositivo e della sua prevalenza sulla motivazione,
dovendosi ritenere senz’altro consentito l’utilizzo della motivazione al fine di

agli scopi meramente integrativi (e non già sostitutivi) ai quali si è attenuta
l’ordinanza impugnata (Sez. 4 n. 2706 dell’8/11/1996, Rv. 206616, secondo cui
il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il titolo esecutivo,
rappresentato dalla sentenza passata in giudicato, e di esplicarne il contenuto e i
limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi che siano necessari
per le finalità esecutive con l’ausilio della motivazione).
3. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 22/03/2016

stabilire e chiarire il significato e la portata del dispositivo di condanna, e dunque

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