Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 293 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 293 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Silvano Rocco n. il 9.4.1954
awerso la SENTENZA della Corte di Appello di Napoli
del 13.2.2013
Udita la relazione fatta dal consigliere
Antonio Prestipino
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Luigi Riello che ha concluso per l’annullamento
senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. Sentito, per il ricorrente, l’aw. Saverio Campana,
che ha concluso per l’accoglimento dei ricorso e dei motivi aggiunti.

Data Udienza: 04/12/2013

Ritenuto in fatto
1.Ha proposto ricorso per cassazione Silvano Rocco, per mezzo del proprio difensore, avverso la
sentenza della Corte di Appello di Napoli del 13.2.2013, che confermò la sentenza di condanna
pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Nola il 28.3.2011, per il reato di appropriazione
indebita aggravata.
2. Alla stregua della ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata, il Silvano aveva
riscosso, dal 17.5.2004 al 30 Agosto 2005, sette titoli di pagamento emessi dall’Inpdap come terzo
pignorato in alcune procedure esecutive intentate da Ascione Vincenzo con il patrocinio dello
stesso ricorrente, esercente la professione legale.
2.1. L’Ascione avrebbe avuto le prime notizie della riscossione delle somme da parte del proprio
legale solo il 29.6.2005, quando aveva ricevuto un avviso di accertamento fiscale per imposte evase
relative alla procedura esecutiva. Aveva quindi aggredito il ricorrente, subendo per questo una
condanna in separato procedimento penale.
3. La Corte respinge la tesi difensiva del ricorrente, sostenuta dalle deposizioni testimoniali di un’ex
collaboratrice e di un’ex dipendente dello studio legale del Silvano, secondo cui quest’ultimo
avrebbe agito in forza di un mandato verbale dell’Ascione ad incassare le somme in questione a
compensazione dei suoi crediti professionali, rilevando che il rapporto di fiducia tra le parti che
avrebbe dovuto logicamente giustificare simili libertà di forme nel conferimento del mandato,
sarebbe stato escluso sia dalla reazione dell’Ascione alla notizia delle riscossioni, sia dagli stessi testi
a difesa, che avevano accennato piuttosto a rapporti alquanto tesi e conflittuali.
4. Deduce la difesa il vizio di violazione di legge della sentenza ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen, in
relazione agli artt. 646 c.p. e 192 cod. proc. pen, nonché il travisamento della prova e la manifesta
illogicità e contraddittorietà della motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen per avere la Corte
di merito ingiustificatamente svalutato le deposizioni dei testi a difesa, assolutamente certe e
concordi sul conferimento del mandato a riscuotere.
4.1. Tra l’altro, rileva la difesa, il rapporto fiduciario tra le parti sarebbe confermato dall’avvenuta
anticipazione di rilevanti somme da parte del ricorrente, per l’awio delle procedure esecutive,
“senza dichiararsi procuratore antistatario”.
5. Con note difensive aggiunte, il ricorrente rileva che sarebbe ormai intervenuta la prescrizione del
reato, anche tenendo conto dei periodi di sospensione del termine prescrizionale.
Considerato in diritto
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile, riproponendo in sostanza le stesse questioni di
merito sollevate con l’atto di appello, e decise dalla Corte territoriale con argomentazioni esenti da
vizi logico-giuridici.
2. Corrisponde, in particolare, ad un apprezzamento di fatto la centrale questione della valutazione
delle deposizioni testimoniali favorevoli al ricorrente, riguardo alle quali non appare certo
censurabile, sul piano logico, l’osservazione della Corte di merito secondo cui il presunto
conferimento, al ricorrente, del mandato a riscuotere le somme in contestazione,asseverato dai
testi della difesa, si pone in termini di radicale inconciliabilità logica con la violenta reazione della
persona offesa alla notizia delle riscossioni, ma anche con l’assenza di un rapporto fiduciario tra le
parti e persino di relazioni personali soddisfacenti anche soltanto sul piano del reciproco rispetto.
2.1. Francamente poco apprezzabile è poi la deduzione difensiva secondo cui il rapporto fiduciario
dovrebbe emergere dalla considerazione che il ricorrente non si era dichiarato antistatario delle
asseritamente rilevanti spese delle procedure esecutive, nonostante le avesse effettivamente
anticipate, circostanza oltretutto priva di specifici riferimenti processuali.
2.2. Sotto altro profilo, non risulta nemmeno che i crediti professionali del ricorrente, ove esistenti
(essendo stati contestati dalla persona offesa) fossero liquidi ed esigibili, condizione necessaria per
la compensazione e, al contempo, per l’esclusione della configurabilità del reato di cui all’art. 646
c.p. (nel senso che in tema di appropriazione indebita di appropriazione indebita non possa essere
fatto valere il principio della compensazione con credito preesistente, allorché si tratti di crediti non
certi nel loro ammontare, ne’ liquidi, vedi Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9225 del 06/07/1988, imputato
Liani). Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile,
con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma

4

2 •.)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL

-8 GEN 201

LO

di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso
ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. L’inammissibilità del ricorso esclude
la rilevabilità della prescrizione, in quanto maturata, alla stregua dei calcolo effettuato dalla stessa
difesa, anteriormente alla sentenza di appello (giurisprudenza pacifica). Ma va per completezza
precisato, sul punto, che al calcolo del difensore vanno aggiunti ulteriori gg. 86, corrispondenti
all’intervallo di tempo tra l’udienza del 24.6.2010 e quella del 20.9.2010, perché dal verbale di
udienza del 24.6.2010 risulta che il rinvio fu concesso a seguito della mancata citazione dei propri
testi da parte del difensore (il tribunale rileva che “non vi è prova dell’avvenuta notifica) e, quindi,
sostanzialmente a causa di una dispersione dell’ attività processuale imputabile alla parte tecnica,
con la conseguente operatività della generale previsione dell’art. 159 comma 1 nr. 3, ultima parte
del primo inciso per il caso di rinvii disposti a richiesta dell’imputato o del suo difensore ( Peraltro,
nel concedere il rinvio, il giudice dichiarò espressamente la sospensione del termine prescrizionale).
Con l’aggiunta dell’ulteriore periodo di sospensione, la prescrizione non sarebbe quindi maturata
nemmeno fino alla data della presente sentenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4.12.2013.
Il President
Il consiiìrdrelatore

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