Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29297 del 18/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29297 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: DI GIURO GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUNGI GIANCARLO N. IL 31/03/1974
avverso il decreto n. 133/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DI GIURO;
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lette/sei-44e le conclusioni del PG
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Uditi dif sor Avv.;

Data Udienza: 18/03/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Napoli, Sezione Misure di Prevenzione, con
decreto del 25/11/14, rigettava l’appello proposto da Rungi Giancarlo
avverso il decreto emesso dal Tribunale di Benevento (confermandolo),
con il quale era stata applicata la misura di prevenzione della

comune di residenza, per la durata di anni due nei confronti di Rungi
Giancarlo, ritenendolo portatore di pericolosità generica ai sensi degli
artt. 4, comma 1, lett. c) e 1, comma 1, lett. a) e b) I. n.159 del
6.9.2011.

2.

Il Rungi ha proposto, tramite difensore, ricorso per cassazione,

lamentando violazione di legge in relazione all’attualità della pericolosità.
Il difensore si duole che, nonostante le condizioni di vita del suo assistito
fossero mutate, con la cessazione dello stato di tossicodipendenza
all’origine dei reati da lui commessi e l’inizio di uno stabile ed onesto
lavoro, dopo un ultimo prolungato periodo di detenzione, come da lui
dedotto e documentato dinanzi alla Corte di appello di Napoli,
quest’ultima abbia respinto la sua impugnazione, non tenendo in debito
conto le allegazioni difensive ed omettendo di verificare la presenza in
atti della documentazione sulla tossicodipendenza, anzi asserendo che
“non è provato, ma solo affermato, che egli sia stato tossicodipendente e
che sia guarito”. Mentre già nel corso del giudizio di primo grado era
stata allegata la certificazione dell’ASL di Benevento – SERT, datata 13
maggio 2014, attestante quanto dedotto. Con la conseguenza, secondo la
difesa, di un vulnus nel ragionamento logico-giuridico rimediabile solo
attraverso l’annullamento con rinvio del decreto della suddetta Corte.
Invero, la cessazione dello stato di tossicodipendenza per soggetti che
hanno commesso piccoli reati può essere considerato, secondo il
ricorrente, indice di cessata pericolosità sociale, a maggior ragione se
valutato in uno con le altre circostanze sopra indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

1

sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel

2.

Va, invero, premesso che l’assetto normativo in tema di

sindacabilità della motivazione dei provvedimenti emessi in materia di
misure di prevenzione – personali e patrimoniali – è rimasto ancorato al
profilo della «assenza» di motivazione, posto che il Giudice delle leggi ha
di recente dichiarato la infondatezza (sentenza numero 106 del 15 aprile
2015) della questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata sul tema – dalla V Sezione Penale di questa Corte di legittimità in data 22

Resta fermo, pertanto, il criterio regolatore secondo cui il ricorso per
cassazione in tema di decisioni emesse in sede di prevenzione non
ricomprende – in modo specifico – il vizio di motivazione (nel senso della
illogicità manifesta e della contraddittorietà), ma la sola violazione di
legge (art. 4 comma 11 legge n. 1423 del 1956/ art. 10 comma 3 d.Lgs.
n. 159 del 2011).
Da ciò, per costante orientamento di questa Corte, deriva che è
sindacabile la sola «mancanza» del percorso giustificativo della decisione,
nel senso di redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e logicità (motivazione apparente) o di un testo
del tutto inidoneo a far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice
(tra le altre, Sez. I 26.2.2009, rv 242887).
3. Nel caso in esame le doglianze esposte dal ricorrente e – ancor
prima, l’esame del provvedimento impugnato – non evidenziano profili di
vera e propria «apparenza» motivazionale, anzi il contesto espressivo
rappresenta con sufficiente chiarezza i necessari passaggi logici

dell’iter

dimostrativo dell’attuale pericolosità sociale del Rungi. Evidenziandosi : come “la riconducibilità allo stato di tossicodipendenza dei reati contro il
patrimonio – e non solo – commessi dal Rungi” non sia “provata né
concretamente presumibile” (e sotto questo profilo l’omessa valutazione
della certificazione del SERT non rileverebbe); – inoltre come l’effetto
rieducativo connesso alla detenzione non sembri “essersi prodotto affatto,
se è vero, come risulta dagli atti, che dopo la detenzione dall’estate del
2011 al marzo del 2012, egli fu arrestato per altro furto commesso il
19.07.12 e poi condannato”; – ancora come “la prestazione lavorativa,
secondo la documentazione versata in atti”, fosse “già presente nel 2012
allorché pacificamente, per gli elementi indicati dal tribunale e non
specificamente contestati, egli era ancora pericoloso per la sicurezza
pubblica perché abitualmente dedito a traffici delittuosi, in particolare alla
commissione dei reati contro il patrimonio”; – infine, come non possa

2

luglio 2014).

affermarsi che il trascorrere di alcuni mesi dall’ultima scarcerazione, in
data 10.07.2013, alla pronunzia, nel maggio del 2014, del decreto
impositivo, sia sufficiente a ritenere attenuata o esclusa la pericolosità del
Rungi, la cui “carriera criminale rivela una dedizione abituale a traffici
delittuosi che dura da lunghi anni e che non è stata fermata né dalla
dedizione al lavoro né dalle ripetute carcerazioni patite”, non costituendo,
peraltro, la prima “elemento di testuale esclusione della pericolosità, dal

dovrebbe pertanto coesistere con la sottoposizione”.
Tanto detto, è evidente che non è ravvisabile la carenza
motivazionale lamentata. Né è possibile una lettura alternativa degli
elementi fattuali valutati dai Giudici del procedimento di prevenzione,
come quella invocata, esulando dai limiti del sindacato di legittimità.
Anche per questo profilo il ricorso risulta inammissibile.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al
versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo
determinare in euro 1.000 (mille), alla luce dei principi affermati dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di C.
1000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2016.

momento che la legge la prevede come prescrizione di prevenzione, che

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