Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29284 del 14/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29284 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOIA GIUSEPPE N. IL 26/11/1968
avverso l’ordinanza n. 1446/2015 TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE, del
09/11/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 6.1 coi.c.,Q
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Data Udienza: 14/03/2016

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con ordinanza emessa in data 9 novembre 2015 il Tribunale di Firenze costituito ai sensi dell’art. 309 cod.proc.pen. – ha in parte confermato nei
confronti di Di Gioia Giuseppe il titolo cautelare per il delitto di omicidio
volontario (commesso in danno della madre Muccio Donata) emesso dal GIP del
Tribunale di Grosseto in data 28 ottobre 2015.
In particolare, il Tribunale riteneva sussistenti a carico del Di Gioia i gravi indizi

impugnato, e riteneva sussistente la sola esigenza cautelare di cui all’art. 274
co.1 lett. a cod.proc.pen., fissando in giorni sessanta il limite di durata della
misura cautelare.
La conferma del titolo cautelare risulta motivata, sul piano della gravità
indiziaria, in riferimento a taluni elementi di fatto, sinteticamente rappresentati
da :
a) la circostanza del decesso dell’anziana donna, collocabile nel momento in cui
all’interno dell’abitazione si trovava il solo Di Gioia;
b) il fatto che in tale contesto il Di Gioia mise in scena un furto in realtà
inesistente ;
c) la circostanza che la porta di ingresso della abitazione non era stata chiusa
con più mandate come di consueto faceva la vittima.
Tali elementi si ritengono sufficientemente accertati anche senza far ricorso ai
dati investigativi contestati dalla difesa (verbale del medico legale sulle possibili
indicazioni della causa della morte e dichiarazioni spontanee rese dall’indagato).
Veniva riconosciuta sussistente l’esigenza cautelare del pericolo per l’acquisizione
o la genuinità della prova, in riferimento alla necessità di assumere informazioni
da più soggetti circa l’eventuale movente del delitto.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del
difensore – Di Gioia Giuseppe, articolando distinti motivi.
Con il primo si deduce nullità della ordinanza per vizio di motivazione su un
punto essenziale, sottoposto alla cognizione del Tribunale.
La difesa contesta la ricorrenza della prova generica, nel senso che – pur essendo
di certo verificatosi il decesso della signora Muccio Donata – non vi è il necessario
grado di certezza sulle cause che tale decesso hanno determinato.
L’ipotesi alternativa (rispetto all’omicidio) è infatti quella di un malore,
verificatosi in costanza di un ‘litigio’ tra la vittima e l’indagato.
Ciò posto si evidenzia che in sede di riesame si era evidenziata l’assenza in atti
di un verbale indicato dal GIP come ricognitivo della causa violenta del decesso e
2

di colpevolezza, anche richiamando le considerazioni espresse nel provvedimento

tale deduzione, da ritenersi rilevante anche ai sensi dell’art. 309 co.5
cod.proc.pen. non ha trovato risposta alcuna.
Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione ed inutilizzabilità delle
dichiarazioni spontanee rese dall’indagato.
La condizione in cui è stato realizzato il contatto tra il Di Gioia e la polizia
giudiziaria era quella di indagato e da ciò deriva, in tesi, la inutilizzabilità delle
spontanee dichiarazioni, nel corso delle quali peraltro mai il Di Gioia ha riferito di
aver colpito la madre ma esclusivamente di essersi sentito moralmente

simulare un furto allo scopo di evitare addebiti da parte dei parenti per
l’accaduto.
Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale non esamina alcuna delle concrete doglianze esposte in sede di
merito. Gli elementi indicati in motivazione non sono tali da concretizzare il
giudizio di gravità indiziaria, posto che la tesi del malore dell’anziana non
soltanto non è smentita dalle verifiche medico-legali ma è suffragata dalla
complessiva storia clinica della vittima. Non vi sarebbe, pertanto, alcun dato
certo su un punto dirimente, posto che la condotta tenuta dall’indagato ben può
essere derivata da uno stato d’animo ispirato al panico per quanto accaduto in
sua presenza.
Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta
esigenza cautelare di tutela della genuinità della prova.
Da nessun fatto concreto poteva desumersi l’esistenza di detto pericolo, il che
esclude la validità sia logica che giuridica della decisione emessa.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Come si è evidenziato, la misura cautelare è stata confermata esclusivamente in
riferimento alla esigenza cautelare di cui all’art. 274 co.1 lett. a, con avvenuta
decorrenza del relativo termine di durata e l’indagato ha riacquistato la libertà,
come confermato dal difensore nel corso dell’udienza camerale.
Ciò posto, la permanenza dell’interesse ad ottenere una decisione in sede di
impugnazione de libertate , pur in caso di intervenuta revoca o inefficacia del
titolo cautelare, è in astratto correlata alla previsione di legge di cui all’art. 314
co.2 in tema di riparazione per ingiusta detenzione.
Tale norma attribuisce il diritto alla riparazione lì dove risulti accertato – con
decisione irrevocabile – che il provvedimento che ha disposto la misura è stato
emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità
previste dagli artt. 273 e 280 codice di rito.
3

responsabile del suo malore, dato il litigio in corso, con successivo tentativo di

Tuttavia, al fine di ottenere una decisione, in detta prospettiva, è necessario che
la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione formulata, in tal
senso, direttamente dall’interessato o da procuratore speciale (Sez. U n. 7931
del 16.12.2010, ric. Testini, rv 249002).
Nel caso in esame tale specifica volontà non è stata espressa (essendo stata
contestata la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza in sede di proposizione
del ricorso da parte del difensore, ma non essendovi espressa richiesta della
parte ai fini di cui all’art. 314 c.p.p.) e pertanto va dichiarata la inammissibilità

del titolo.
La ragione della inammissibilità porta ad escludere la condanna al pagamento
delle spese del procedimento ed ogni altra statuizione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Così deciso il 14 marzo 2016

Il Consigliere estensore

del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse dovuta alla perdita di efficacia

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