Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29282 del 02/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29282 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MEMOLI ARMANDO nato a Palermo il 13/08/1977
avverso l’ordinanza n. 197/2014 GIP TRIBUNALE di SALERNO de!
12/11/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale dott. Pasquale Fimianì, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso con le pronunce consequenziali.

Data Udienza: 02/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 dicembre 2014 il G.i.p. del Tribunale di Salerno, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Armando
Memoli, volta all’applicazione della disciplina del reato continuato con riferimento
ai reati di cui alle due richiamate sentenze, emesse nei suoi confronti dalla Corte
di assise di appello di Salerno il 23 febbraio 2010 e dalla Corte di appello di

data 1 luglio 2003.
1.1. Il Giudice premetteva che:
– con la sentenza del 23 febbraio 2010 l’istante era stato condannato alla
pena di anni sedici e mesi quattro di reclusione per i reati di associazione
mafiosa, detenzione abusiva e porto illegale continuati di armi anche clandestine,
direzione di associazione finalizzata al traffico di stupefacent;, acquisto e
detenzione di sostanza stupefacente ed estorsioni continuate, commessi in
Salerno dal 1990 al 2002. Detta pena era stata posta in continuazione con quelle
di cui alle sentenze della Corte di assise di appello di Salerno del 10 ottobre 2003
e del G.u.p. del Tribunale di Salerno del 20 febbraio 2007;
– con la sentenza del 5 luglio 2002 l’istante era stato condannato alla pena
di anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro trecento di multa per i reati di
violenza privata, lesioni personali continuate, detenzione illegale e continuata di
armi e munizioni e porto illegale e continuato di armi, commessi in Pontecagnano
il 29 ottobre 2000, e alla ulteriore pena di anni tre e mesi quattro di reclusione
ed euro novecento di multa per il reato di estorsione, commesso in Salerno il 23
febbraio 2001.
1.2. Tanto premesso il Giudice rilevava che dalle sentenze oggetto della
richiesta, acquisite agli atti, non emergevano elementi certamente dimostrativi
della preesistenza di una preventiva deliberazione che includesse nelle sue linee
essenziali i singoli episodi, che erano tra loro alquanto eterogenei e differenti
sotto il profilo della continuità, essendosi svolti in ampio spazio temporale, e
apparivano oggetto di specifiche risoluzioni criminose sorte di volta in volta e in
ragione di singole esigenze.
In particolare, alcune attività erano state commesse nel periodo in cui
l’istante era stato partecipe dell’associazione Panella – D’Agostino e altre erano
invece al di fuori di un contesto associativo, tanto che era stata esclusa
l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991, e costituivano condotte
autonome e in parte anche di diversa natura.

2

Salerno il 5 luglio 2002, irrevocabili rispettivamente in data 10 maggio 2010 e in

Era in sostanza difficile ipotizzare che l’istante, sin da quando era entrato
nell’associazione, avesse già programmato tutte le condotte per le quali era stato
condannato con la pronuncia in esame, ma anche quelle ulteriori e diverse
eseguite in altro contesto e al di fuori di detta associazione, e che risultavano
essere maggiormente compatibili con decisioni insorte in epoca successiva e
verosimilmente coeva alla loro attuazione, ovvero conseguenza di ulteriori
sviluppi dell’attività illecita fino a quel momento condotta nell’ambito del clan
camorristico, di cui l’istante era partecipe.

dimostrative della unicità del disegno criminoso a fronte di una diversità di
condotte e soprattutto di contesti e ambiti entro i quali le stesse erano state
eseguite, mentre lo stato di associato non aveva rilievo e non poteva costituire
prova della originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni nei loro
caratteri essenziali.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Roberto Afeltra, l’interessato Memoli, che ne chiede
l’annullamento sulla base di unico motivo, con il quale deduce violazione dell’art.
671 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione è incorso nel denunciato
vizio, poiché, attesa la già ritenuta sussistenza, con la sentenza del 23 febbraio
2010, della continuazione interna con le condanne irrogate con le sentenze del
10 gennaio 2003 della Corte di assise di appello di Salerno e dl 20 febbraio
2007 del G.i.p. del Tribunale di Salerno, egli doveva limitarsi ad accertare se
sussistessero o no le condizioni per unificare per continuazione anche la sentenza
del 5 luglio 2002 della Corte di appello di Salerno, che aveva a oggetto fatti
omogenei a quelli giudicati con le altre sentenze già ritenute avvinte dal vincolo
richiesto, commessi nell’ambito temporale dei precedenti reati, e anzi in data a
essi antecedente, e rientravano nel periodo della sua appartenenza
all’associazione per delinquere, contestata da data anteriore al 25 dicembre
2000.
Le argomentazioni svolte dal Giudice dell’esecuzione invece, ad avviso del
ricorrente, confliggono con quanto già accertato in sede di cognizione e con il
giudicato formatosi sul riconoscimento del vincolo della continuazione e, quindi,
sulla unicità della deliberazione criminosa con riguardo ai fatti cur. ‘messi tra il
gennaio e il dicembre 2000 con condotta perdurante, e di cui alle sentenze
iscritte ai n.1, 2, 3 e 6 del provvedimento di unificazione delle pene.

3

Né la rinvenuta brevità temporale e la parziale omogeneità di reati erano

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la inammissibilità del ricorso, avendo il provvedimento
impugnato fatto corretta applicazione dei principi in tema di applicazione della
disciplina della continuazione in fase esecutiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso, che attiene al contestato rigetto della richiesta di

2. Si premette in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice
dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso
di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti
contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati
separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
2.1. Secondo principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, per la
configurabilità della continuazione è necessaria un’unica complessa deliberazione
preventiva, alla quale segua, per ogni singola azione, una deliberazione specifica,
mentre deve escludersi che un programma solo generico di attività
delinquenziale o un mero sistema di vita siano idonei a far rironoscere la
continuazione tra diversi reati, perpetrati a distanza di tempo, qualora non venga
a risultare, in qualche modo, che essi, tutti o in parte, siano ricompresi,
effettivamente, in un piano criminoso già deciso, almeno a grandi linee, all’inizio
(tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 5, n.
49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833).
Né è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati-fine
che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo
finalizzati al rafforzamento del medesimo, non erano programmabili

ab origine

perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non
immaginabili al momento iniziale dell’associazione stessa ovvero dell’ingresso in
essa del soggetto interessato (tra le altre, Sez. 5, n. 23370 del 14/05/2008,
Pagliara, Rv. 240489; Sez. 1, n. 13609 del 22/03/2011, Bosti, Rv. z49930).
2.2. La prova della predetta congiunta previsione -ritenuta meritevole di
trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi
si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di
spinte criminose indipendenti e reiterate- deve essere di regola ricavata, poiché
attiene alla “inesplorabile interiorità psichica” del soggetto, da indici esteriori
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle

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riconoscimento del vincolo della continuazione, merita accoglimento.

condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep.
2009, Di Maria, Rv. 243632).
Indici esteriori apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla
distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità delle condotte, dalla tipologia dei
reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle
condizioni dì tempo e di luogo (Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, citata), senza
che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di
una programmazione e deliberazione unitaria, mentre, aggiunto a un altro,

disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento di
circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, Bonasera, Rv.
246838).
In tal modo, di per sé l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale
di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non
consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive
risalenti a un’unica deliberazione di fondo (tra le altre, Sez. 3, n. 21496 del
02/05/2006, Moretti, Rv. 235523; Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014,
P., Rv. 259094), con la conseguenza che l’identità del disegno criminoso deve
essere negata qualora la successione degli episodi sia tale da escludere,
nonostante la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale tra le diverse
fattispecie incriminatrici, la preventiva programmazione dei reati, ed emerga,
invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello
cronologicamente anteriore (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012,
Natali, Rv. 254793).
2.3. Si è anche affermato che la possibilità per il giudice dell’esecuzione di
applicare in sede esecutiva l’istituto della continuazione ha carattere sussidiario e
suppletivo rispetto alla sua applicazione nella competente sede di cognizione,
stante il carattere meno completo dell’accertamento e la presenza dei limiti
imposti dall’art. 671 cod. proc. pen. e dagli artt. 187 e 188 disp. att. cod. proc.
pen., e perché suppone che la disciplina del reato continuato non sia stata
esclusa o non sia stata applicata dal giudice della cognizione (tra le altre, Sez. 6,
n. 225 del 13/01/2000, Mastrangelo, Rv. 216142; Sez. 2, n. 44310 del
04/11/2005, Soma, Rv. 232855; Sez. 1, n. 13158 del 10/02/2010, Fimiani, Rv.
246664).
Questa Corte ha da tempo anche precisato che non possono trascurarsi in
sede esecutiva i criteri di applicazione dell’art. 81 cod. pen., che risultano
adottati, nell’ambito di ciascun processo di cognizione, riguardo alla pluralità di
reati oggetto delle singole sentenze di condanna, in quanto “l’intenzione del
legislatore è appunto quella di porre rimedio, con l’art. 671 cod. proc. pen., a

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incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo

eventuali lacune e carenze del giudizio di cognizione, estendendo alla fase
esecutiva la possibilità di realizzare quella stessa unificazione che,
verosimilmente, sarebbe stata disposta con un’unica sentenza di condanna, se
questa avesse investito tutti i reati commessi dal soggetto interessato” (Sez. 1,
n. 1737 del 12/04/1991, Zanatta, Rv. 187579), e che “il giudice dell’esecuzione
non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice
della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e
con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo

ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta
presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non riconducibili al disegno
criminoso delineato in sede di cognizione” (tra le altre, Sez. 1, n. 11240 del
06/12/2000, dep. 2001, Bersani, Rv. 218523; Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001,
Ibba, Rv. 219529; « Sez. 5, n. 39837 del 19/05/2014, Aprile, Rv. 262203).

3. L’ordinanza impugnata non ha esattamente interpretato e correttamente
applicato gli enunciati condivisi principi.
3.1. Il Giudice dell’esecuzione, che ha valorizzato la circostanza che le
condotte delittuose erano “tra loro alquanto eterogenee” e “differenti sotto il
profilo della continuità” in dipendenza della eccessiva ampiezza dello spazio
temporale entro il quale si erano evolute, ha ritenuto che gli elementi emergenti
dalle sentenze, oggetto della richiesta, non fossero induttivi dell’anticipata e
unitaria deliberazione preventiva, che includesse i singoli episodi delittuosi.
Tali episodi, invece, in quanto commessi, alcuni, nel periodo in cui il
ricorrente era partecipe dell’associazione Panella – D’Agostino e, altri in concorso
con soggetti diversi e al di fuori di un contesto associativo, tanto da essere stata
esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991, hanno costituito,
secondo l’operata disamina, condotte autonome e in parte di diversa natura, non
correlabili con la indicata associazione né con le altre alla stessa unificate per
continuazione.
Detti passaggi argomentativi -che sono stati ritenuti dimostrativi della
inidoneità degli elementi emersi a rappresentare la dedotta continuità tra gli
episodi, al di là di un’affermata, e prima esclusa, vicinanza temporale- sono stati
poi rapportati alla “ricostruzione delle vicende riportata in sentenza”, ritenuta a
sua volta

“confliggente con una ipotesi di preventiva ed unitaria

programmazione” per la difficile ipotizzabilità dell’avvenuta programmazione da
parte del ricorrente, fin dalla sua iniziale partecipazione aíla indicata
associazione, delle condotte per le quali è stata pronunciata condanna “con la
pronuncia in esame” e delle ulteriori e diverse condotte eseguite in diverso

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previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che

contesto e al di fuori o dopo la sua partecipazione all’associazione, non
costituente in tal modo “prova dell’originaria ideazione e deliberazione di tutte le

violazioni nei loro caratteri essenziali”.
3.2. Le deduzioni e le osservazioni in cui è articolato lo sviluppo
motivazionale dell’ordinanza non consentono di rilevare nel concrintr) il discorso
giustificativo delle scelte adottate e delle conclusioni decisorie raggiunte, poiché
l’ordinanza, pur movendo dall’esatto rilievo in diritto che la continuazione
presuppone un unico preesistente disegno criminoso, dovendo le condotte

predeterminata e non esprimere risoluzioni criminose generiche ovvero
contingenti e occasionali, ha proceduto, senza una coordinata esplicazione dei
passaggi argomentativi, a una disamina generica delle vicende che hanno
riguardato il ricorrente nei processi celebrati a suo carico e di quelle che hanno
fondato il già avvenuto parziale riconoscimento del vincolo della continuazione in
sede di cognizione.
3.3. Tale carenza è riscontrabile, innanzitutto, nell’omesso inquadramento
temporale degli episodi delittuosi -dopo la premessa descrittiva delle due
sentenze oggetto della richiesta e la rappresentazione che la pena irrogata con la
prima di esse (resa il 23 febbraio 2010) era stata posta in continuazione con due
pronunce, individuate esclusivamente quanto all’autorità emittente e alla data
della decisione, senza più specifici riferimenti contenutistici- in correlazione con
gli stessi argomenti enunciati a ragione del diniego (pluralità e diversità dei
contesti associativi, esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del
1991, autonomia e diversità di natura delle condotte, distanza/vicinanza
temporale degli episodi delittuosi).
La detta lacuna si è, poi, tradotta nel mancato apprezzamento, in vista della
valutazione dei presupposti dell’istituto richiesto, della cadenza temporale dei
reati, giudicati con la sentenza resa il 5 luglio 2002 (commessi, secondo le
indicazioni date nell’ordinanza, il 29 ottobre 2000 e il 23 febbraio 2001) in
rapporto al contesto temporale di riferimento dei reati giudicati con la sentenza
resa il 23 febbraio 2010 (commessi, secondo le indicazioni date nella stessa
ordinanza, dal 1990 al 2002) e dei reati (privi nell’ordinanza di alcun pur
sintetico riferimento spazio-temporale), giudicati con le sentenze alla stessa
unificate, rese il 10 ottobre 2003 e il 20 febbraio 2007.
3.4. I denunciati vizi sono inoltre ravvisabili sotto il concorrente profilo della
non operata disamina in executivis delle ragioni per le quali, alla stregua degli
stessi dati fattuali offerti dall’ordinanza, i fatti giudicati con la sentenza del 23
febbraio 2010 sono stati, con detta sentenza, unificati per continuazione tra loro

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successive, rispetto al primo atto delittuoso, riferirsi a una pianificazione

e posti in continuazione con quelli giudicati con le sentenze del 10 ottobre 2003
e del 20 febbraio 2007.
Tali ragioni, invero, lungi dal dovere essere valutate per inferirne la
sussistenza o meno dei presupposti della continuazione, come l’ordinanza ha
lasciato emergere (attraverso i riferimenti operati ai contesti associativi e alle
condotte non aggravate ai sensi dell’art. 7 legge n.203 del 1991, al contrasto
della ricostruzione delle vicende

“operata in sentenza”,

non ulteriormente

specificata, con l’ipotesi di una loro preventiva e unitaria programmazione, e alla

di riferimento, delle condotte per le quali il ricorrente è stato condannato “con la
pronuncia in esame”, pure non meglio specificata), e invece ritenuti tiscontrati in

sede di cognizione e non discutibili in sede di esecuzione, dovevano essere
apprezzate per giudicare, come fondatamente rappresentato dal ricorrente, la
riconducibilità o meno, in coerenza con gli indicati principi, degli ulteriori delitti
ascritti, e non già unificati, al disegno criminoso, ovvero ai disegni criminosi posti
a fondamento delle riconosciute continuazioni.

4. Consegue a tali considerazioni l’annullamento dell’ordinanza impugnata e
il rinvio degli atti al G.i.p. del Tribunale di Salerno, che, in diversa composizione
(Corte cost. n. 183 del 2013), procederà a nuovo, più approfondito, esame,
tenendo presenti i principi di diritto richiamati e i rilievi formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del
Tribunale di Salerno.
Così deciso il 2 febbraio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

difficile ipotizzabilità di una programmazione, sin dall’ingresso nell’associazione

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