Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29279 del 23/09/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29279 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di TRIESTE
nel procedimento a carico di:
IGNOTI
avverso l’ordinanza n. 945/2008 del GIP TRIBUNALE di TRIESTE del
28/10/2014

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale dott. Fulvio Baldi, che ha chiesto
l’annullamento del provvedimento impugnato con restituzione degli
atti all’Ufficio G.i.p. del Tribunale di Trieste.

Data Udienza: 23/09/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, dopo avere
effettuato il supplemento di istruttoria richiesto dal Giudice per le indagini
preliminari dello stesso Tribunale, all’esito della seconda opposizione presentata
avverso la richiesta di archiviazione dalla parte offesa nel procedimento rubricato

nuovamente il 4 marzo 2014 l’archiviazione per insussistenza di prove per
sostenere l’accusa in giudizio.

2. Il Giudice, all’esito dell’udienza camerale fissata a seguito dell’opposizione
all’archiviazione presentata dalla parte offesa, che aveva concluso per la
formalizzazione della imputazione di duplice omicidio volontario a carico di
Massimiliano Campisi, Thomas Hornicek, Renata Stankova, Iveta Novakova,
Maurizio Tuccio, Mario Giovanni Bonini ed eventualmente Gaspare Ortaggio e
Gaetano Salvati, ha disposto, con ordinanza del 28 ottobre 2014 -premessa la
ricostruzione della vicenda e ritenuta la necessità per la gravità e concordanza
degli indizi-, la formulazione da parte del Pubblico ministero della imputazione a
carico di Massimiliano Campisi per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 575
cod. pen. per avere, in concorso con ignoti, cagionato la morte di Massimiliano
Lisini e di Andrea Dittmerova, quale autore materiale o comunque organizzando
e gestendo la condotta degli autori materiali, e a carico di Maurizio Tuccio, Iveta
Novakova, Thomas Hornicek e Renata Stankova per il reato di false dichiarazioni
alla Polizia giudiziaria e al Pubblico ministero, giudicato assorbito il reato di
favoreggiamento personale, pure ipotizzabile, in ragione della specialità.
Con la stessa ordinanza il Pubblico ministero presso il Tribunale di Trieste è
stato anche invitato a trasmettere al Pubblico ministero presso il Tribunale di
Gorizia gli atti rilevanti per “eventualmente provocare la riapertura delle indagini
relative al decesso di Lisini Alessandro”.

3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, che ne chiede l’annullamento in
quanto atto abnorme e/o complesso di atti abnormi, per essere stata l’ordinanza
emessa in evidente violazione dei limiti dei poteri concessi al giudice per le
indagini preliminari con compromissione del diritto di difesa di cui all’art. 24
Cost.

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per il reato di cui all’art. 575 cod. pen. a carico di ignoti, ha richiesto

Secondo il ricorrente, l’ordinanza, che è “del tutto fuori dalla sintassi tra i
rapporti tra PM e GIP”, ha, in particolare, violato il disposto dell’art. 409 cod.
proc. pen. sotto un triplice profilo, poiché il Giudice:
– ha ordinato l’imputazione coatta nei confronti di persona non iscritta in
relazione al fatto per cui si procede, trascurando l’orientamento espresso dalle
Sezioni Unite, che, con sentenza n. 4319 del 28 novembre 2013, hanno
esaminato funditus i poteri di intervento attribuiti al giudice per le indagini
preliminari a fronte di una richiesta di archiviazione del pubblico ministero, e i

esercitando una ingerenza nella sfera di autonomia della pubblica accusa e
determinando una lesione dei diritti di difesa del soggetto non sottoposto a
indagini, nei cui confronti ha emesso l’ordine di imputazione, mentre avrebbe
dovuto limitarsi a ordinare l’iscrizione nel registro degli indagati delle persone da
lui ritenute aver commesso il reato;
– ha ordinato l’imputazione coatta nei confronti di altre persone in relazione
ad altri reati non iscritti nemmeno nel procedimento, travolgendo il perimetro dei
limiti al suo potere e compromettendo ancora il diritto di difesa;
– ha indicato un tema di indagine con cui investire la Procura di Gorizia,
titolare, invece, del potere di richiedere la riapertura delle indagini, che non
spetta a esso ricorrente provocare, mentre la segnalazione degli atti rilevanti
poteva essere fatta dallo stesso Giudice ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen.

4. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta chiedendo
l’annullamento dell’ordinanza, stante la fondatezza del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2.

Le Sezioni Unite (Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, L.),

intervenute sulla questione di diritto, indotta da un contrasto interpretativo non
composto, in ordine al carattere abnorme del “provvedimento con cui il g.i.p.,
investito della richiesta di archiviazione per un determinato reato, ravvisando
anche altri fatti costituenti reato, a carico del medesimo indagato o di altri
soggetti non indagati, ordini al pubblico ministero di formulare l’imputazione ex
art. 409 cod. proc. pen. in riferimento a questi ultimi”, hanno affermato, sì come
da massimazione ufficiale, che “in materia di procedimento di archiviazione,
costituisce atto abnorme, in quanto esorbita dai poteri del giudice per le indagini
preliminari, sia l’ordine d’imputazione coatta emesso nei confronti di persona non

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ripercorsi principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità,

indagata, sia quello emesso nei confronti dell’indagato per reati diversi da quelli
per i quali il pubblico ministero aveva richiesto l’archiviazione” (Rv. 257786),
precisando che, nelle dette ipotesi, il giudice per le indagini preliminari deve
limitarsi a ordinare le relative iscrizioni nel registro di cui all’art. 335 cod. proc.
pen., e ricordando che, “in materia di provvedimenti del giudice per le indagini

preliminari sulla richiesta di archiviazione, le disposizioni contenute nell’ad. 409,
comma quarto e quinto, cod. proc. pen. devono formare oggetto di rigorosa
interpretazione, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell’organo giudicante nella

2.1. La decisione, movendo dal rilievo preliminare che la soluzione del
quesito rimesso aveva sostanzialmente ad oggetto la delimitazione dei poteri di
controllo attribuiti al giudice per le indagini preliminari sull’operato del pubblico
ministero per assicurare il rispetto del principio costituzione della obbligatorietà
dell’azione penale ex art. 112 Cost. e che la individuazione dei poteri di
intervento attribuiti al giudice, a fronte della richiesta di archiviazione del
pubblico ministero, nell’assetto normativo successivo alla riforma del 1988,
doveva precedere alla luce dei parametri di ordine costituzionale, fissati dal detto
art. 112 e dall’art. 111, comma 2, Cost., ha illustrato la normativa codicistica, di
cui agli artt. 408/410 cod. proc. pen. e ha richiamato le pronunce della Corte
costituzionale che, nel tempo (sent. n. 88 del 1991, sent. n. 478 del 1993, ord.
n. 176 del 1999, ord. n. 348 del 2005 e ord. n. 286 del 2012), hanno sempre
ribadito che “i confini tracciati dal legislatore tra i poteri dei due organi che si

occupano delle indagini preliminari sono ben definiti e conformi ai principi
costituzionali della obbligatorietà dell’azione penale e della sua titolarità in capo
all’organo requirente, essendo riservata al giudice per le indagini preliminari
essenzialmente una funzione di controllo e di impulso”, mentre “tutte le questioni
portate alla attenzione di quella Corte erano frutto di un’interpretazione errata
delle rispettive funzioni del giudice e del pubblico ministero”.
2.2. Con la ripercorsa sentenza le Sezioni Unite -richiamata e condivisa la
linea di indirizzo sulla tematica dei poteri attribuiti al giudice per le indagini
preliminari in materia di archiviazione, fornita con propria precedente pronuncia
(Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv. 231163) dichiarando legittimo
l’ordine del giudice di iscrizione nel registro delle notizie di reato di soggetti non
indagati (e per i quali il pubblico ministero non aveva formulato alcuna richiesta)
e di prosecuzione delle indagini e giudicando abnorme il provvedimento di rinvio
ad altra udienza camerale, in quanto lesivo delle prerogative del pubblico
ministero nell’esercizio dell’azione penale- hanno rimarcato che con detto arresto
giurisprudenziale si è affermato, in coerenza con la citata giurisprudenza
costituzionale, che:

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sfera di autonomia della pubblica accusa” (Rv. 257787).

- “rientra tra i poteri del g.i.p. quello di effettuare un controllo completo
sulle indagini svolte dal pubblico ministero, non limitato, sotto il profilo
oggettivo, alle imputazioni iscritte nel registro delle notizie di reato e, sotto il
profilo soggettivo, alle persone indagate ed iscritte nel relativo registro, con la
conseguenza che, se le sue valutazioni non concordino con le richieste conclusive
del p.m., egli potrà invitare quest’ultimo a compiere nuove indagini e, qualora
queste debbano essere estese a persone non indagate, ne potrà ordinare
l’iscrizione nel registro delle notizie di reato”;

non sembra tanto essere quella dell’oggetto (intera notizia di reato o soltanto
imputazione elevata dal p.m.), quanto piuttosto quella del rapporto: esercizio
azione penale-controllo giudiziale”;
– è del tutto evidente che il giudice per le indagini preliminari “non può
limitarsi ad un semplice esame della richiesta finale del p.m., ma deve esercitare
il suo controllo sul complesso degli atti procedimen tali rimessigli dallo stesso
p.m.”, e “non può prendere egli l’iniziativa di esercitare l’azione penale in nome e
per conto del p.m.”;
– “il potere attribuito al g.i.p. dall’art. 409 c.p.p., comma 5, di ordinare la
formulazione dell’imputazione presuppone che la persona nei confronti della
quale deve essere elevato l’addebito sia stata iscritta nel registro delle notizie di
reato”;
– i provvedimenti adottati dal giudice per le indagini preliminari, in dissenso
con la richiesta di archiviazione formulata dalla pubblica accusa, fanno “tornare il

procedimento nella iniziativa del p.m. il quale, nel seguire le indicazioni del
g.i.p., potrà esercitare, nella sua autonoma determinazione, tutti i poteri
attribuitigli dalla legge, primo fra tutti quello di adottare le determinazioni
conseguenti all’esito delle indagini espletate”.
2.3. Sulla base di tale illustrato e condiviso indirizzo interpretativo, e
sviluppandone i contenuti, correlati ai poteri di intervento del giudice per le
indagini preliminari sull’esercizio dell’azione penale, le Sezioni Unite hanno
ribadito il principio, già affermato, in modo sostanzialmente costante, nella
giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Sez. 5, n. 27 del 25/10/2005, dep.
2006, Roncato, Rv. 233058; Sez. 4, n. 23100 del 18/04/2008, Villa, Rv. 240504;
Sez. 3, n. 15732 del 12/02/2009, Loschiavo, Rv. 243253; Sez. 5, n. 6225 del
18/11/2010, dep. 2011, ignoti, Rv. 349294; Sez. 1, n. 39283 del 13/10/2010,
Ciarmiello, Rv. 248839; Sez. 6, n. 3891 del 12/01/2012, Milana, Rv. 251578),
alla cui stregua è abnorme il provvedimento del giudice per le indagini
preliminari nella parte in cui, oltre a ordinare al pubblico ministero l’iscrizione nel

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– “la questione dei rapporti tra g.i.p. e p.m. in sede di archiviazione, quindi,

registro delle notizie di reato di una persona non sottoposta a indagini, disponga
nei confronti di quest’ultima la formulazione della imputazione coatta.
Si è sottolineato al riguardo nella sentenza, ulteriormente richiamandosi le
osservazioni, incidentali ovvero principali, della indicata precedente pronuncia
delle Sezioni Unite e rievocandosi gli arresti pertinenti alla nozione di atto
abnorme e alle sue connotazioni (Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, Di Battista, Rv.
209603; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094 e successive
riguardanti singole applicazioni del principio di diritto), che -mentre non

indagini nel registro delle notizie di reato in relazione a fatti che emergano a suo
carico da quelle già espletate, che trova il suo fondamento normativo nel potere
del giudice di ordinare nuove indagini, di cui all’art. 409, comma a, cod. proc.
pen., che l’iscrizione presuppone- è abnorme l’ordine del giudice di imputazione
coatta che costituisce, nel contempo, atto di sua indebita ingerenza nei poteri
dell’organo inquirente di indagare nei confronti della persona non sottoposta a
indagini, rimasta estranea alla richiesta di archiviazione, e di adottare autonome
determinazioni all’esito delle indagini espletate, e atto lesivo dei diritti di difesa
del soggetto non indagato, non destinatario dell’avviso, di cui alla predetta
norma, e non partecipante all’udienza camerale.
Tale iscrizione è presupposta, nell’articolata sviluppata disamina, anche con
riguardo all’ipotesi in cui siano ravvisati a carico della persona indagata -da parte
del giudice per le indagini preliminari- fatti costituenti reato, diversi da quelli per
i quali è stata richiesta l’archiviazione, essendo pure in tal caso l’ordine di
imputazione coatta preclusivo della possibilità per il pubblico ministero di
autonomamente determinarsi all’esito delle ulteriori indagini espletande, in
relazione alle fattispecie di reato rilevate dal giudice, dopo le relative iscrizioni
nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.

3. Contrasta con tali condivisi, e qui ribaditi principi, l’ordinanza impugnata
che, sì come fondatamente opposto dal Procuratore della Repubblica ricorrente,
che ne ha fatto corretta rappresentazione, ha imposto l’imputazione coatta a
carico di Massimiliano Campisi, non iscritto in relazione al reato di omicidio di
Massimiliano Lisini e Andrea di Dittmerova per il quale era stata richiesta
l’archiviazione a nei confronti di ignoti, e a carico di Maurizio Tuccio, Iveta
Novakova, Thomas Hornicek e Renata Stankova per il fatto, ritenuto dal Giudice
integrare il reato di false dichiarazioni alla Polizia giudiziaria e al Pubblico
ministero (in esso assorbito il reato di favoreggiamento personale, pure
ipotizzabile), che non aveva formato oggetto della richiesta di archiviazione.

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costituisce atto abnorme l’ordine di iscrizione della persona non sottoposta a

4. È fondata anche la doglianza del ricorrente afferente alla indicazione
nell’ordinanza impugnata di un tema di indagine, relativo al decesso di
Alessandro Lisini, con cui investire altra Procura -in adempimento di un “invito”
al Pubblico ministero in sede che aveva richiesto l’archiviazione- per
“eventualmente provocare la riapertura delle indagini”.
Si tratta, all’evidenza, di un atto abnorme, tale intendendosi, alla luce dei
principi di diritto richiamati dalle Sezioni Unite con la predetta sentenza (Sez. U,
n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, citata, in motivazione),

“non solo il

dall’intero ordinamento processuale (cosiddetta anomalia strutturale), ma anche
quello che, pur essendo manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di
fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di la di ogni ragionevole limite,
sì da determinare una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo ovvero
una inammissibile regressione dello stesso ad una fase ormai esaurita
(cosiddetta anomalia funzionale)”.
L’anomalia del provvedimento attiene, in particolare, alla delimitazione dei
poteri del giudice per le indagini preliminari rispetto alle iniziative assumende dal
pubblico ministero anche in punto di riapertura delle indagini, che il Giudice, che
,peraltro neppure ha indicato gli atti che dovrebbero fondarla, non ha
considerato, oltre che, e prima ancora, afferire alle modalità attraverso le quali si
è ritenuto di superare i limiti delle ipotesi espressamente previste di interferenza
dei poteri del pubblico ministero, con riferimenti a inviti e a
provocazioni/segnalazioni non inquadrabili giuridicamente.

5. L’ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio.
Segue la trasmissione degli atti al G.i.p. del Tribunale di Trieste ai sensi
dell’art. 625, comma 3, cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli
atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trieste.
Così deciso in Roma il 23 settembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del contenuto risulti avulso

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