Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29278 del 24/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29278 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
BRESCIA
nei confronti di:
SINGH HARVED N. IL 02/05/1967
avverso la sentenza n. 250/2015 GIUDICE DI PACE di BERGAMO,
del 24/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/05/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO MINCHELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
54: 31titc
che ha concluso per -ce

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 24/05/2016

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 24.03.2015 il Giudice di Pace di Bergamo condannava Singh Harved
alla pena di € 10.000,00 di multa per il reato di trattenimento sul territorio nazionale senza
giustificato motivo e in violazione dell’ordine del Questore di espulsione, con recidiva
reiterata infraquinquennale.
Osservava il giudice che un ordinario controllo identificativo in Bergamo aveva portato a
scoprire che l’imputato, privo di documenti, risultava gravato da precedenti di polizia e da

decreto di espulsione emesso in data 19.03.2014 dal Prefetto di Bergamo; ritenuto
sussistere il reato contestato, si riconoscevano le circostanze attenuanti generiche come
equivalenti alla contestata recidiva, facendosi menzione dei criteri di cui all’art. 133
cod.pen.
Avverso detta sentenza propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la
Corte di Appello di Brescia, deducendo erronea applicazione di legge: si sostiene che il
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come equivalenti alla recidiva non
era stato motivato in alcun modo mentre l’ultimo comma dell’art. 62 bis cod.pen. impone
un dovere di motivazione in capo al giudicante circa la ricorrenza delle condizioni per il
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; si evidenzia che la lettura della
sentenza evidenzia la recidivanza dell’imputato e la presenza di precedenti di polizia
mentre non si apprezza alcun elemento positivamente valorizzabile.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato poiché non fondato.
La vicenda processuale è sorta da una ordinaria attività di controllo, in esito alla quale la
polizia giudiziaria ha verificato che l’imputato non aveva ottemperato ad un ordine di
espulsione, trattenendosi sul territorio nazionale senza alcuna giustificazione.
Nella parte precedente si è indicata la ragione della condanna e la motivazione della
stessa.
Il ricorso non vede sulla natura della condotta né su alcun altro elemento materiale o
soggettivo del comportamento condannato: il ricorso si incentra sul riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, ritenuto come immotivato, specialmente se considerato
in relazione alla contestata recidiva alla quale è stato ritenuto equivalente.
In linea di principio il ricorso del Procuratore Generale menzionato individua correttamente
il tema del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: va rammentato che le
stesse consentono un adeguamento della sanzione alle peculiari e non codificabili
connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto e che la meritevolezza di detto
1

un ordine del Questore di Bergamo di lasciare il territorio italiano, susseguente ad un

adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, avendo il giudice
l’obbligo, ove ritenga di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo
l’insussistenza e, quando ne affermi l’esistenza, di dare apposita motivazione per fare
emergere gli elementi atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (Sez.
2, n. 2769/09 del 2 dicembre 2008, Poliseno, Rv. 242709).
Tuttavia reputa il Collegio che, nel caso di specie, il Giudice di Pace, sia pure con una
sintesi estrema, abbia adempiuto in modo sufficiente all’obbligo motivazionale da cui era
gravato, atteso che la decisione di concedere all’imputato le attenuanti generiche è stata

cod.pen., il riconoscimento è stato motivato, seppure nei soli limiti atti a far emergere in
misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo.
La concessione o meno delle circostanze attenuanti generiche costituisce un giudizio di
fatto sottratto al controllo di legittimità. Essa è demandata dalla legge al criterio
discrezionale del giudice di merito che ha la funzione di adeguare la determinazione della
pena all’entità dell’episodio criminoso, sicché quando detto giudice ha motivato in ordine
alla concreta irrogazione della pena, con riferimento esplicito ai criteri di cui all’art.133
c.p., il relativo giudizio non è censurabile in sede di legittimità. Inoltre la concessione delle
attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o
negativo che sia, deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a fare emergere in
maniera sufficiente il pensiero del giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla
gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Del resto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle circostanze
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la
dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza
di questa Corte non solo ammette la cd. motivazione implicita (Sez. 6, 22.9.2003, n.
36382, Rv 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”, Sez. 6, 4.8.1998, n.
9120, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di
cui all’art. 133 cod.pen., sono censurabili per cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3, 16.6.2004, n. 26908, Rv. 229298; Sez. 4, n°
23679 del 23.04.2013, Rv 256201): evenienza da escludersi nel caso di specie.
Ed ancora più nello specifico, il Collegio aderisce all’orientamento di questa Corte secondo
il quale le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti non sono censurabili in sede di legittimità qualora risulti sufficientemente
motivata la soluzione dell’equivalenza allorchè il giudice, nell’esercizio del potere
discrezionale previsto dall’art. 69 cod.pen., l’abbia ritenuta la più idonea a realizzare
l’adeguatezza della pena in concreto irrogata
246134).
2

(Sez.

6, n. 6866 del 25/11/2009, Rv.

giustificata nella sentenza. Con il richiamo a tutti gli elementi considerati nell’art. 133

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

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