Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29277 del 24/05/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 29277 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MINCHELLA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ASENOV ASEN N. IL 16/07/1977
avverso la sentenza n. 331/2013 TRIB.SEZ.DIST. di CASERTA, del
13/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/05/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO MINCHELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
dé2,
2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/05/2016

RILEVATO IN FATTO
In data 27.11.2010 un reparto di polizia giudiziaria in servizio di pattugliamento nel
territorio di Mondragone procedeva al controllo di una vettura con targa bulgara, condotta
da Asenov Asen, attuale imputato: nel corso della perquisizione si rinveniva in un
portaoggetti un coltello del tipo di quelli in uso ai macellai, avente lama di cm 19 e manico
di cm 13 per una lunghezza complessiva di cm 32.
Veniva così disposta la citazione in giudizio dell’Asenov per il reato di cui all’art. 699

Con sentenza in data 13.02.2015 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere condannava
l’Asenov in contumacia alla pena di C 150,00 di ammenda con pena sospesa: tuttavia il
reato contestato veniva riqualificato in quello di cui all’art. 4 della Legge n° 110/1975;
riteneva il giudice che non vi era dubbio sull’oggettività della condotta e che l’oggetto
sequestrato non era un pugnale con lama a due fili, bensì un coltello da macelleria,
pericoloso in sé ma non considerabile come un’arma vera e propria bensì come uno
strumento atto ad offendere; non veniva riscontrato alcun giustificato motivo per portare
fuori dall’abitazione l’arnese rinvenuto giacchè l’imputato non svolgeva alcun lavoro che
giustificasse quel porto e non vi era alcuna ragione che legasse il porto stesso ad una
finalità produttiva; non venivano ritenute concedibili le circostanze attenuanti generiche,
ma si riteneva che il fatto rientrasse nella lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, della legge
n° 110/75.
Avverso detta sentenza propone ricorso l’interessato personalmente, deducendo, come
primo motivo, ex art. 606, comma 1 lett. c), cod.proc.pen. l’omessa notifica del decreto di
citazione a giudizio: si sostiene che non era mai stato notificato quel decreto nel senso che
il ricorrente aveva eletto un domicilio presso il quale era stato notificato l’avviso di
conclusione delle indagini preliminari, ma mai il decreto di citazione a giudizio; né sarebbe
stata effettuata una notifica presso il difensore di fiducia: da ciò sarebbe derivata una
nullità assoluta della sentenza impugnata. Come secondo motivo si deduce ex art. 606,
comma 1 lett. b) e c), cod.proc.pen. erronea applicazione di legge ed illogicità della
motivazione: si sostiene che non è sufficiente l’assenza di giustificazione del coltello, ma
occorrerebbe anche l’utilizzabilità offensiva dello stesso, che non è stata considerata dal
giudice.
Con successiva memoria difensiva è stata dedotta l’avvenuta prescrizione del reato
contestato.
Il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1

cod.pen.

La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato contestato
estinto per prescrizione.
Nella parte precedente sono già stati sintetizzati gli estremi della vicenda, per cui appare
pleonastico attardarsi in inutili ripetizioni; ad ogni modo, in sintesi estrema, l’Asenov è
stato dichiarato colpevole di avere portato in luogo pubblico un coltello da macellaio, lungo
complessivamente cm 32; detto porto, attuato con la autovettura, non era ritenuto
giustificato da alcuna ragione lavorativa o comunque professionale.

sintetizzati: 1) omessa citazione in giudizio dell’imputato; 2) incongrua motivazione in
relazione alla natura offensiva dello strumento sequestrato; 4) avvenuta prescrizione del
reato di cui alla condanna.
Soltanto l’ultimo motivo di doglianza può dirsi fondato.
§ 1.

Il primo motivo concerne fatti che non sono stati riportati in modo aderente alla

realtà: in particolare, non corrisponde al vero che non vi sia mai stata una notifica
all’interessato, nemmeno presso il difensore; infatti, dall’esame degli atti – esaminati da
questa Corte che, con riguardo alle questioni procedurali di nullità, è giudice anche del
fatto – risulta che l’imputato aveva eletto un domicilio in data 27.11.2010 ed aveva
nominato il difensore di fiducia nell’avvocato Cursio Rosanna in data 03.01.2011; poi nel
marzo 2012 la competente Procura della Repubblica, accertata la sua irreperibilità,
effettuava ritualmente la notifica per il giudizio in data 06.02.2013 presso il difensore di
fiducia, che è poi rimasto tale anche nel processo di cognizione.
Su questo punto specifico non vi è doglianza particolare riguardante le modalità della
notifica, anzi si assume non esservi stata alcuna notifica.
§ 2.

Il secondo motivo lamenta una sorta di assenza motivazionale sulla concreta

utilizzabilità in chiave offensiva dello strumento da taglio rinvenuto.
Non vi è dubbio sulla oggettività della condotta contestata.
Questa Corte, in coerente lettura di tali disposizioni normative, ha più volte affermato che,
in tema di reati concernenti le armi, per arma in senso proprio deve intendersi quella la cui
destinazione naturale è l’offesa alla persona, e che rientrano in tale categoria, secondo
l’art. 30 T.U.L.P.S. e l’art. 45, comma 1, del relativo regolamento, sia le armi da sparo sia
quelle cosiddette bianche, mentre (tra le altre, Sez. 1, n. 11687 del 18/10/1982, dep.
06/12/1982, Pineda, n. 156531; Sez. 1, n. 7199 del 12/05/1994, dep. 17/06/1994,
Sciortino, Rv. 199811) non sono da ritenersi armi, e non è quindi loro applicabile, in caso
di detenzione o porto, la relativa disciplina, quegli strumenti, che, pur avendo una specifica
diversa destinazione (domestica, agricola, scientifica, sportiva, industriale e simili),
possono tuttavia servire occasionalmente all’offesa personale, ed essere ritenuti strumenti
atti a offendere, secondo le indicazioni date dalla Legge n. 110/75, art. 4. Delle armi
proprie in genere è vietata la detenzione non previamente denunciata all’autorità di
pubblica sicurezza (tra le altre, Sez. 1, n; 7949 del 14/03/1985, Rv. 173483); delle armi
2

Il ricorrente espone diversi motivi di doglianza, i quali possono essere così di seguito

.,

improprie è vietato solo il porto (tra le altre, Sez. 1, n. 8852 del 19/05/1993, Rv. 197008),
non anche la detenzione (tra le altre, Sez. 1, n. 3377 del 22/02/1995, Rv. 200698).
Nella giurisprudenza di questa Corte, si è anche affermato che il baricentro della
distinzione tra la categoria delle armi proprie e quella delle armi improprie risiede non
tanto nelle caratteristiche costruttive e strutturali dei singoli strumenti e nella idoneità
all’offesa alla persona, comune sia all’una sia all’altra categoria, quanto nella
individuazione, tra tutte le possibili destinazioni, di quella principale corrispondente all’uso
normale da accertare con specifico riferimento a quello che rappresenta l’impiego naturale

usanze, delle esperienze affermatisi in un dato momento storico, e, con riferimento alle
fattispecie concrete analizzate e tra l’altro, si è ritenuto non rientrare nel novero delle armi
proprie e il loro porto ingiustificato integrare il reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4,
comma 2, e non quello previsto dall’art. 699 cod. pen., il cosiddetto machete, che, in
quanto strumento elettivamente concepito per impieghi agricoli o boschivi, non può essere
considerato come naturalmente ed esclusivamente destinato all’offesa della persona (tra le
altre, Sez. 1, n. 5944 del 21/11/1995, dep. 12/01/1996, Cervicato, Rv. 203268;
Sez. 1, n. 1453 del 17/03/2009, dep. 07/04/2009, Gebril, Rv. 243917).
In questa ottica, il coltello da macellaio si configura precipuamente come strumento da
lavoro, non destinato in via naturale all’offesa alla persona.
Ed ancora, il giustificato motivo di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 2, ricorre
quando le esigenze dell’agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate
alla natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive
del portatore, ai luoghi dell’accadimento e alla normale funzione dell’oggetto (ex multis,
Sez. 1^ n.4498 del 14.1.2008, rv. 238946).
Nel caso di specie, la sentenza ben ha motivato sulla totale assenza di qualsiasi
giustificazione al porto dell’oggetto atto ad offendere (si legge che l’imputato non svolgeva
un lavoro che in astratto giustificasse quel porto né che detto possesso fosse correlato ad
un qualche mestiere particolare). L’offensività potenziale dell’arnese veniva indicata con
una accurata descrizione delle connotazioni di pericolo.
§ 3. L’ultima doglianza è fondata.
Il reato contestato è stato posto in essere in data 27.11.2010.
Trattasi di contravvenzione, per cui, a norma dell’art. 157 cod.pen., il termine ordinario di
prescrizione è pari a quattro anni.
Ve naturalmente considerato il disposto di cui all’art. 161 cod.pen.: tuttavia, anche
considerato che, in ragione di una all’adesione del difensore all’astensione collettiva dalle
udienze verificatasi nel corso del processo di cognizione, va aggiunta una sospensione di
anni uno, mesi uno e giorni quattro (si consideri che il rinvio dell’udienza in casi simili
determina la sospensione del termine prescrizionale per tutto il tempo necessario per gli
adempimenti tecnici imprescindibili al fine di garantire il recupero dell’ordinario svolgersi

3

dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale alla stregua dei costumi, delle

del processo , e quindi dura sino alla data della successiva udienza: Sez. Un. n. 40187 del
27.3.2014, Rv. 259926), il termine di prescrizione è maturato alla fine dell’anno 2015,
considerato che il ricorso, per le ragioni espresse

supra,

non può essere ritenuto

inammissibile, come pure richiesto dal P.G.
Occorre dunque prendere atto che, nelle more, è maturata la prescrizione, non
ravvisandosi, nella fattispecie, alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129 cod.proc.pen.
L’accoglimento dell’ultimo motivo di doglianza comporta, pertanto, l’annullamento senza

suo tempo disposta dal giudice, deve restare però ferma.

P.Q.M

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché estinto il reato per prescrizione, ferma
la statuizione della confisca.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

rinvio della sentenza impugnata: la confisca dell’oggetto atto ad offendere sequestrato, a

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA