Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29276 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29276 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMARIE NICOLAE MARIAN N. IL 06/02/1978
avverso la sentenza n. 615/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 7 maggio 2015 la Corte di appello di Napoli,
in parziale riforma di quella emessa dal G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord in
data 3 luglio 2014, impugnata dal Procuratore generale e dell’imputato, riduceva
ad anni cinque mesi quattro di reclusione la pena di anni sei mesi quattro di
reclusione inflitta a Amarie Nicolae Marian per il tentato omicidio, aggravato dalla
premeditazione e dai motivi futili, di Annarandei Ionut Cosmin -commesso in
Parete il 6 aprile 2014- colpito con un coltello -il cui porto era contestato ai sensi

era derivato pericolo di vita. Confermava le sanzioni accessorie.

2. I giudici di merito hanno ricostruito il fatto nei termini che seguono.
2.1. Tra Nicolae Marian e Ionut Cosmin, coabitanti nello stesso
appartamento, era insorto un dissidio legato alla rottura della lavatrice e alla
bruciatura dei vestiti di Nicolae Marian. Quella sera Ionut Cosmin aveva
contattato l’imputato sul suo cellulare, iniziando ad insultarlo con parole
offensive ed ingiuriose. Nicolae Marian aveva raggiunto Ionut Cosmin nel luogo
dove si trovava e questi, dopo essere sceso dall’abitazione, gli aveva sferrato un
pugno all’orecchio e calci. Per le percosse ricevute Nicolae Marian era caduto per
terra e per la rabbia, rialzatosi, aveva colpito con il coltello a serramanico Ionut
Cosmin. Il giudice di primo grado riteneva sussistente il reato in contestazione,
unificato in continuazione con il porto del coltello, e, in relazione al tempo
trascorso tra l’appuntamento telefonico e l’incontro con la persona offesa, al
possesso del coltello ed ai propositi omicidiari espressi in precedenza,
l’aggravante della premeditazione. Riconosceva all’imputato le attenuanti della
provocazione, quella del concorso del fatto doloso della persona offesa e le
generiche, dichiarate equivalenti alle aggravanti.
2.2. La corte di appello accoglieva soltanto il motivo di gravame relativo alla
entità della pena formulato dalla difesa dell’imputato, che riduceva, rigettando
tutti gli altri motivi; rigettava altresì l’appello del procuratore generale.

3. Avverso questa sentenza ha presentato ricorso per cassazione Nicolae
Marian, personalmente, affidato alle ragioni di censura di seguito indicate che si
va ad esporre sinteticamente, nei termini prescritti dall’art. 173, comma 1, disp.
att. cod. proc. pen., ossia nei limiti strettamente necessari per la decisione.
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia vizio di motivazione in
relazione all’omessa specificazione delle modalità di computo della pena finale.
La corte, a fronte dei motivi di impugnazione con cui si era richiesto la riduzione
della pena base nel minimo edittale; si era contestato l’aumento di mesi sei
1

degli artt. 61 n. 2 cod. pen, 4 legge 110 del 1975- all’emitorace sinistro, da cui

irrogato a titolo di continuazione; si era richiesto in relazione al porto del coltello
l’ipotesi di lieve entità, aveva ridotto la pena con una frase di stile.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata in
relazione alla omessa dichiarazione di prevalenza delle attenuanti.
3.3. Con il terzo motivo, si contesta il riconoscimento della premeditazione e
del nesso teleologico. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano
considerato il breve lasso di tempo, di circa 10 minuti, trascorso tra la telefonata
effettuata dalla vittima ed il successivo incontro, e i dubbi formulati sulla

motivazione era stata addotta sulla richiesta difensiva di esclusione della
aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va respinto con le conseguenze di legge.
1.1. Quanto al primo motivo, pur nell’estrema sintesi che caratterizza la
sentenza di secondo grado, in assenza di specificazione deve ritenersi che la
riduzione di un anno apportata alla pena irrogata in primo grado sia stata attuata
proporzionalmente per entrambi i reati contestati. Avendo il giudice di primo
grado indicato con precisione la pena base e l’aumento apportato per la
continuazione, il ricorrente è stato messo in grado di controllare l’uso del potere
discrezionale esercitato dal giudice di appello. Nemmeno è censurabile l’aumento
apportato a titolo di continuazione, trattandosi di aspetto riservato al giudice di
merito: l’aumento è stato comunque inferiore al minimo edittale e, in proposito,
non vi é nessun obbligo del giudice di merito di concedere ulteriori riduzioni.
1.2. Quanto al secondo motivo, riguardante il negativo apprezzamento di
prevalenza delle circostanze attenuanti, appare assolutamente corretto e
insindacabile in sede di legittimità il rilievo fattuale del giudice di merito circa i
connotati di allarmante gravità del fatto che rendeva l’imputato immeritevole di
un più mite trattamento sanzionatorio.
1.3. Quanto al terzo motivo, premesso che è giurisprudenza pacifica della
Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è
difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto
organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare
riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e
completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella
di appello (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; Sez. 3, n.
13926 del 01/12/2011 – 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615), deve rilevarsi che il
giudice di primo grado, alla cui motivazione la corte d’appello ha fatto specifico
rinvio, ha fatto corretta applicazione dei principi che regolano la premeditazione
2

credibilità del teste che aveva raccontato delle pregresse minacce. Nessuna

avendo considerato che l’imputato si era recato all’incontro con Ionut Cosmin
armato di un coltello a serramanico; tale oggetto, per l’ora tarda, era estraneo
all’attività lavorativa; l’imputato aveva in precedenza espresso minacce di morte
verso la vittima. Non degne di considerazioni sono le argomentazioni enunciate
nel ricorso ai fini della correttezza di questa valutazione, essendosi il ricorrente
limitato ad esprimere “dubbi” sulla credibilità del teste, ma poi finendo per
ammettere di aver effettivamente espresso minacce, degradandole a mero
sfogo. Come è evidente il ricorrente richiede alla Corte di compiere una indagine

1.4. Per quanto attiene al riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve
entità, di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 4, comma 3 seconda parte, la
questione relative a questo addebito non è stata proposta con i motivi di appello
e devoluta alla cognizione di secondo grado, il che ne preclude l’esame in questa
sede secondo quanto previsto dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen. Non
possono essere dedotti come motivo di ricorso per cassazione argomenti sui
quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare per non
essere stati i relativi temi di indagine devoluti alla sua cognizione. (Sez. 1, n.
2176 del 20/12/1993 – dep. 21/02/1994, Etzi ed altro, Rv. 196414). Peraltro, è
da ritenere incompatibile con la gravità del fatto e non liquidabile come fatto di
lieve entità il proposito omicidiario realizzato dal ricorrente.
1.5. Quanto infine all’aggravante del nesso teleologico, deve considerarsi
che il reato del porto di coltello è stato unificato in continuazione con il tentato
omicidio: la considerazione unitaria del reato continuato agli effetti della
determinazione della pena comporta che, una volta ritenuta la continuazione tra
più reati, il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per i reati
“satelliti” non esplica più alcuna efficacia, per la ragione che, individuata la
violazione più grave, essi vanno a comporre una sostanziale unità, disciplinata e
sanzionata diversamente mediante un aumento della sanzione del reato
principale calcolato secondo il concreto atteggiarsi del fatto. Il più recente ed
autorevole arresto in materia di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 25939 del
2013) ha ribadito, in linea con tale assunto, che una volta individuata la
“violazione più grave”, i reati meno gravi perdono la loro autonomia
sanzionatoria e il relativo trattamento sanzionatorio confluisce nella pena unica
irrogata per tutti i reati concorrenti, rimanendo irrilevante l’aggravante
contestata con il reato satellite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
3

di introspezione psicologica, inammissibile nel giudizio di legittimità.

processuali.
Così deciso in Roma, il 19 maggio 2016

Il consigliere estensore

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