Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29274 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29274 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALIBERTI AMALIA N. IL 01/11/1945
avverso la sentenza n. 3545/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
05/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Napoli ha confermato – nella parte che qui rileva- la
sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, con la quale l’imputata era stata, tra
l’altro, ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 181, comma

1-bis, del d.lgs. n.

42 del 2004, per avere eseguito, nella qualità di proprietaria committente, un vano di
circa 45 m 2 , in area di notevole interesse pubblico, senza la prescritta autorizzazione
a fini paesaggistici. Con la stessa sentenza si è dichiarato non doversi procedere

primo grado, per essere le stesse estinte per prescrizione; si è altresì rideterminata la
pena per la residua imputazione in mesi otto di reclusione, confermando l’ordine di
restituzione in pristino dello stato dei luoghi.
2. – Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, rilevando, in primo luogo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione quanto alla responsabilità penale, sul rilievo che il fondo
sarebbe stato nelle immediate vicinanze dell’abitazione dell’imputata, ma non
direttamente visibile dalla stessa; con la conseguenza che la semplice qualità di
proprietaria non sarebbe sufficiente a dimostrare anche la qualità di committente dei
lavori.
Si lamenta, in secondo luogo, la mancata valutazione la sussistenza di cause di
non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità.
Con la prima doglianza, la ricorrente non nega la sua qualità di proprietaria del
fondo su cui insistono le opere abusive, ma si limita ad affermare – senza che ciò
risulti dagli atti di causa – che lo stesso, pur essendo vicino alla sua abitazione, non è
immediatamente visibile da quest’ultima. Del resto, la Corte d’appello ha fornito,
quanto a tale profilo, una motivazione pienamente sufficiente e logicamente coerente,
che si pone in totale continuità con quella del Tribunale, perché ha evidenziato che
l’imputata era la proprietaria e committente delle opere abusive, avendo la piena
disponibilità delle stesse – che risulta anche dal loro chiaro asservimento all’abitazione
principale – e non avendo ella allegato alcuno specifico elemento a sostegno della tesi
– evidentemente implausibile – secondo cui qualcuno si sarebbe introdotto
clandestinamente sul suo fondo e avrebbe, a sua insaputa, realizzato le opere edilizie.

quanto alle contravvenzioni urbanistiche per le quali era intervenuta condanna in

Quanto al secondo motivo di ricorso, è sufficiente qui rilevare che la difesa non
precisa quali sarebbero le cause di non punibilità non prese in considerazione dalla
Corte d’appello.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,

proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.

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