Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29273 del 27/03/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29273 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RUSSO MARIA N. IL 05/01/1962
avverso la sentenza n. 1095/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
13/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;
Data Udienza: 27/03/2015
RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Napoli ha confermato – nella parte che qui rileva- la
sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, con la quale l’imputata era stata, tra
l’altro, ritenuta responsabile del delitto di cui all’art. 181, comma
1-bis, del decreto
legislativo n. 42 del 2004, per avere eseguito, nella qualità di proprietaria
committente, un manufatto in muratura di circa 125 m 2 , in area dichiarata in notevole
interesse pubblico, senza la prescritta autorizzazione a fini paesaggistici (il 14 gennaio
contravvenzioni urbanistiche per le quali era intervenuta condanna in primo grado, per
essere le stesse estinte per prescrizione; si è altresì rideterminata la pena per la
residua imputazione in mesi otto di reclusione, confermando l’ordine di restituzione in
pristino dello stato dei luoghi.
2. – Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, rilevando, con unico motivo di doglianza, l’insufficienza della
motivazione quanto alla valutazione dell’impianto probatorio e l’erronea applicazione
delle disposizioni incriminatrici. Si lamenta, in particolare, che non sarebbero state
analizzate possibili interpretazioni alternative del quadro istruttorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità. La ricorrente si limita a richiamare
le disposizioni normative e i principi giurisprudenziali in materia di valutazione della
prova, senza formulare alcun sostanziale rilievo critico alla motivazione la sentenza
impugnata e senza precisare, neanche in via di mera prospettazione, quali sarebbero
state le possibili interpretazioni alternative del quadro istruttorio che avrebbero messo
in dubbio la ritenuta sussistenza della responsabilità penale.
Del resto, la Corte d’appello ha fornito, quanto a tale profilo, una motivazione
pienamente sufficiente, che si pone in totale continuità con quella del Tribunale,
perché ha evidenziato che l’imputata era la proprietaria e committente delle opere
abusive, avendo la piena disponibilità delle stesse – che risulta anche dalla sua
presenza sui luoghi e dalla sua nomina a custode – e non avendo ella allegato alcuno
specifico elemento in contrario.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
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2008). Con la stessa sentenza si è dichiarato non doversi procedere quanto alle
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.