Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29271 del 19/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29271 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Spinosa Alfredo, nato il 03/02/1961;

Avverso la sentenza n. 109/2015 emessa il 27/04/2015 dalla Corte di
appello di Milano;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Francesco Mauro
Iacoviello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 19/05/2016

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 06/10/2014 il Tribunale di Milano giudicava
Alfredo Spinosa responsabile del reato di cui all’art. 681 cod. pen.,
condannandolo alla pena di mesi tre di arresto e 200,00 euro di ammenda, oltre
alle pene accessorie di legge; i fatti venivano accertati a Milano il 18/09/2011.

2. Con sentenza emessa il 27/04/2015, a seguito di gravame proposto

condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.

3.

Da entrambe le sentenze emergeva che l’imputato, unitamente a

Giuseppe Di Prima, gestiva a Milano il locale denominato “Nautilus Club”, ubicato
in via Mondovì n. 7, organizzando, all’interno di una sala delle dimensioni di 250
metri quadri, spettacoli e intrattenimenti aperti al pubblico, tra cui attività di
diffusione musicale, somministrazione di bevande agli avventori e spettacoli di

lap dance.
I fatti di reato contestati all’imputato si ritenevano dimostrati sulla base
degli accertamenti trasfusi nell’annotazione della Polizia locale di Milano del
18/09/2011 e delle deposizioni rese dai testi Maurizio Sobacchi, Olga Algriesti,
Pasquale Russo, Paolo Eugenio Barbieri, Olindo Maria Spiezia, Sara Andria e
Gaetano Pesce.
Da tali convergenti deposizioni testimoniali emergeva che lo Spinosa
svolgeva tale attività ricreativa aperta al pubblico senza l’osservanza delle
prescrizioni previste a tutela dell’incolumità pubblica, con particolare riferimento
alla licenza di agibilità dei locali e alla certificazione di prevenzione degli incendi,
sulle quali veniva richiamato il verbale di accertamento redatto dai Vigli del
Fuoco di Milano il 18/09/2011.
Sulla scorta di tale compendio probatorio lo Spinosa veniva condannato alle
pene di cui in premessa.

4.

Avverso la sentenza di appello l’imputato proponeva personalmente

ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di gravame.
Con il primo motivo di ricorso di deduceva il vizio di motivazione del
provvedimento impugnato, in relazione all’art. 681 cod. pen., in ragione del fatto
che l’esercizio pubblico gestito dall’imputato non era soggetto alla normativa
concernente l’agibilità e la capienza prevista per i locali e le sale da ballo,
com’era dimostrato dalle caratteristiche del locale oggetto di accertamento, sulle
quali la Corte territoriale disattendeva le evidenze probatorie.
2

dall’imputato, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza impugnata e

Con il secondo motivo di ricorso si deduceva violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione all’art.

62-bis cod. pen., conseguenti al mancato

riconoscimento delle attenuanti generiche in favore dell’imputato, che si
imponevano tenuto conto del disvalore della condotta delittuosa in contestazione
e delle circostanze di tempo e di luogo nelle quali si era concretizzata l’attività
illecita in contestazione.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduceva violazione di legge, in relazione
all’art. 131-bis cod. pen., conseguente al fatto che le evidenze probatorie

i presupposti previsti normativamente.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Quanto al primo motivo di ricorso, con cui si censurava la ricorrenza degli
elementi costitutivi della fattispecie contestata, deve rilevarsi che la
contravvenzione di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o
trattenimento, prevista dall’art. 681 cod. pen. a carico di chi apre o tiene aperti
luoghi del genere anzidetto, senza aver osservato le prescrizioni dell’autorità a
tutela dell’incolumità pubblica, è configurabile anche nel caso in cui manchi del
tutto, in quanto non richiesta o, comunque, non rilasciata o scaduta, la licenza
nella quale le suddette prescrizioni avrebbero dovuto essere contenute. Tale
contravvenzione sussiste anche nell’ipotesi di inosservanza della disposizione di
cui all’art. 80 T.U.L.P.S., che richiede la preventiva verifica a opera di
un’apposita commissione tecnica della solidità e della sicurezza dell’edificio (cfr.
Sez. 1, n. 27633 del 20/03/2013, Corsaro, Rv. 255707).
Inoltre, l’art. 681 cod. pen. non è rivolto esclusivamente a chi gestisce, in
via permanente e professionale, luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o
ritrovo, ma a chiunque apre o tiene aperti tali luoghi senza osservare le
prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica. Ne consegue che tale disposizione si
applica anche nei confronti di chi, occasionalmente e sia pure per una sola volta,
ha aperto un locale per consentirvi lo svolgimento di uno spettacolo pubblico
(cfr. Sez. 1, n. 2196 dell’01/12/1995 Paoletti, Rv. 203829).
Ricostruita in questi termini la fattispecie in contestazione, deve osservarsi
che il ricorrente è stato correttamente riconosciuto responsabile del reato di cui
all’art. 681 c.p. perché, quale gestore del locale milanese “Nautilus Club”,
organizzava attività di diffusione musicale, somministrazione di bevande e
3

imponevano l’applicazione dell’esimente invocata, sussistendo nel caso in esame

spettacoli di lap dance, alle quali poteva accedere un pubblico indiscriminato,
mediante la compilazione della domanda di adesione al sodalizio e il contestuale
esborso di una quota di 150,00 euro che dava diritto a usufruire dei servizi forniti
in tale locale, come accertato nel corso delle indagini dall’agente Coscia e come
evidenziato nell’annotazione della Polizia locale di Milano del 18/09/2011.
Tali accertamenti investigativi, inoltre, risultavano avvalorati dalle
deposizioni rese dai testi Maurizio Sobacchi, Olga Algriesti, Pasquale Russo,
Paolo Eugenio Barbieri, Olindo Maria Spiezia, Sara Andria e Gaetano Pesce.

richiamato, riteneva correttamente che l’attività in corso di svolgimento fosse da
qualificare come spettacolo pubblico, in ragione del numero elevato di spettatori
e delle modalità di accesso ai locali del “Nautilus Club”, nel considerare le quali la
Corte territoriale, nel passaggio argomentativo esplicitato nelle pagine 3 e 4 della
sentenza impugnata, evidenziava che solo nei locali pubblici è consentito un
accesso indiscriminato agli eventuali avventori.
Queste ragioni processuali impongono di ritenere infondato il primo motivo
di ricorso.

2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso con riferimento al
secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione, in relazione all’art.

62-bis cod. pen., conseguenti al mancato

riconoscimento delle attenuanti generiche in favore dell’imputato, la cui
concessione si imponeva tenuto conto del modesto disvalore della condotta
illecita in contestazione.
Deve, in proposito, rilevarsi che, nel caso di specie, la mancata concessione
delle attenuanti generiche risulta suffragata dalla ricostruzione compiuta dalla
Corte di appello di Milano, che si soffermava in termini ineccepibili sulle
connotazioni, oggettive e soggettive, dell’ipotesi di reato contestata al ricorrente,
escludendo, sulla base di un giudizio dosimetrico congruo, che fosse possibile tenuto conto della gravità dei fatti contestati e dei pericoli ai quali venivano
esposti gli avventori del locale – l’attenuazione circostanziale richiesta dalla
difesa dello Spinosa.
Ne discende che, tenendo conto della condizione soggettiva dell’imputato e
del disvalore dei fatti, nella sottostante sentenza di merito, veniva compiuta una
valutazione dosinnetrica conforme ai parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.,
nel considerare occorre ribadire che – al contrario di quanto dedotto dalla difesa
dello Spinosa sull’eccessività della pena irrogata – il trattamento sanzionatorio
risulta congruo rispetto all’ipotesi di reato in esame.

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Ne discende che la sentenza impugnata, ponendosi nell’alveo interpretativo

Si consideri, infine, che le attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen.
rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto, nella globalità
degli elementi oggettivi e soggettivi che la connotano, sul presupposto del
riconoscimento di situazioni fattuali, eventualmente riscontrate con riferimento
alla posizione dell’imputato. La necessità di un giudizio che coinvolga tale
posizione nel suo complesso – e che impediva la concessione allo Spinosa delle
attenuanti generiche sulla scorta delle argomentazioni che si sono richiamate – è
sintetizzata dal principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui: «Le

discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni
non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da
valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni
tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione
ai fini della quantificazione della pena» (cfr. Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999,
Catone, Rv. 212804).
Per queste ragioni processuali, il secondo motivo di ricorso deve ritenersi
infondato.

3. Dall’infondatezza del secondo motivo di ricorso discende l’infondatezza
della residua doglianza difensiva, relativa all’applicazione in favore dello Spinosa
dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’esclusione della punibilità per la particolare
tenuità del fatto, invocata nell’interesse dello Spinosa, ha natura sostanziale ed è
applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del d.lgs. 16
marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimità.
In questo caso, la Corte di cassazione può rilevare di ufficio, ai sensi dell’art.
609, comma 2, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni di applicabilità di
tale istituto, pur dovendosi limitare, attesa la natura del giudizio di legittimità, a
un vaglio di astratta compatibilità della fattispecie concreta con i requisiti e i
criteri indicati dall’art. 131-bis cod. pen. (cfr. Sez. 2, n. 41742 del 30/09/2015,
Clemente, Rv. 264596).
Nel caso di specie, l’inapplicabilità dell’esimente invocata in favore del
ricorrente discende dalle emergenze processuali e da una corretta valutazione
del disvalore del fatto contestato allo Spinosa, sulla cui gravità ci si è già
soffermati nel paragrafo precedente, che impedivano di ritenere sussistenti gli
elementi costitutivi di tale istituto.
Sul disvalore del fatto contestato, invero, la sentenza impugnata si
soffermava in termini ineccepibili, a pagina 6, evidenziando come i pericoli ai
quali risultavano esposti gli avventori del “Nautilus Club” imponevano di ritenere
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attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e

particolarmente grave la condotta illecita dello Spinosa. Tale percorso
argonnentativo deve ritenersi idoneo a escludere in sede di legittimità, senza il
compimento di alcuna valutazione complessiva dei profili fattuali, l’esimente
invocata nell’interesse del ricorrente, non potendosi ipotizzare la particolare
tenuità dell’offesa presupposta dall’art. 131-bis cod. pen. (cfr. Sez. 6, n. 39337
del 23/06/2015, Di Bello, Rv. 264596).
Queste ragioni processuali impongono di ritenere infondato il terzo motivo di

4. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto nell’interesse
dell’imputato Alfredo Spinosa deve essere rigettato, con la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/05/2016.

ricorso.

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