Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29268 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29268 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DEL RE GIUSEPPE ALBERTO N. IL 01/02/1991
avverso la sentenza n. 3593/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
03/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

– La Corte d’appello di Bari ha confermato – quanto alla ritenuta

responsabilità penale – la sentenza del Tribunale di Trani, con la quale l’imputato era
stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa,
in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per
detenzione e spaccio di marijuana; con recidiva infraquinquennale. La stessa Corte ha
rideterminato la pena riducendola ad anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 1200,00 di

2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, lamentando la mancata verifica da parte dei giudici d’appello della
sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. Pen., nonché la mancata
corrispondenza dell’ipotesi di reato ritenuta in sentenza con quella contestata
nell’imputazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi generici. La difesa non
precisa quali sarebbero le cause di non punibilità non prese in considerazione dalla
Corte d’appello, né in cosa consisterebbe la lamentata non corrispondenza fra
imputazione e sentenza, omettendo di richiamare, anche solamente a fini di critica, la
motivazione del provvedimento impugnato.
Quanto al trattamento sanzionatorio, lo stesso è stato determinato tenendo
espressamente conto della più favorevole forbice edittale attualmente prevista per la
fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, introdotta dalla
legge di conversione n. 79 del 2014 del decreto-legge n. 36 del 2014.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

multa.

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