Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29262 del 03/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29262 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Urlo Salvatore, nato il 06/02/1974;

Avverso la sentenza n. 6994/2010 emessa il 30/09/2014 dalla Corte di
appello di Napoli;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Marilia Di Nardo, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 03/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza emessa il 30/09/2014 la Corte di appello di Napoli

confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli il 29/01/2009, con la
quale Salvatore Urlo era stato ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 10 della
legge 14 ottobre 1974, n. 497, venendo conseguentemente condannato alla
pena di anni uno e mesi quattro di reclusione; nella stessa sentenza l’imputato
veniva assolto dall’imputazione elevatagli ai sensi dell’art. 9 della stessa legge n.

2. Da entrambe le decisioni di merito emergeva che l’Urlo fabbricava e
deteneva, all’interno della sua abitazione, ubicata a Torre del Greco, in via
Libertà, materiale pirico per un peso complessivo di 82 chilogrammi, che veniva
sequestrato da personale del Commissariato di P.S. di Torre del Greco nel corso
di una perquisizione, eseguita il 30/12/2008, alle ore 20.
Questo materiale pirico veniva successivamente esaminato da personale del
Nucleo artificieri della Questura di Napoli, che ne confermava la natura micidiale;
tale materiale era costituito da confezioni di bengala, batterie di colpi e bombe
carta di dimensioni consistenti.

3. Avverso tale sentenza l’Urlo, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deduceva vizio motivazione, conseguente al
fatto che la sentenza impugnata risultava sprovvista di un percorso
motivazionale che desse adeguatamente conto della natura micidiale del
materiale pirico sequestrato, in assenza del quale non era possibile affermare
l’equiparazione di tale materiale agli esplosivi, nei termini contestati al
ricorrente.
Si evidenziava, in proposito, che nel giudizio di appello era stata chiesta la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.,
allo scopo di accertare, mediante l’espletamento di una perizia, la natura del
materiale pirico sequestrato, indispensabile ai fini della formulazione di un
giudizio di condanna nei confronti dell’Urlo.
Con il secondo motivo di ricorso si deduceva vizio di motivazione,
conseguente al fatto che, nonostante fosse stata espressamente richiesta la
concessione della sospensione condizionale della pena, la Corte territoriale aveva
omesso di pronunciarsi in ordine a tale richiesta difensiva, a fronte della
condizione processuale dell’Urlo, che lo faceva ritenere astrattamente meritevole
di tale beneficio.
2

497 del 1974.

,

Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, innanzitutto, esaminarsi la doglianza relativa alla natura micidiale del
materiale pirico sequestrato presso l’abitazione dell’Urlo, rilevando che tale

dell’imputato ed era stata respinta dalla Corte di appello di Napoli con una
motivazione ineccepibile.
La Corte territoriale, infatti, riteneva provata la natura micidiale del
materiale sequestrato al ricorrente, sulla scorta delle verifiche eseguite dal
Nucleo artificieri della Questura di Napoli, che non consentivano di nutrire alcun
dubbio sulla potenzialità offensiva di tale materiale. Nel passaggio motivazionale
esplicitato a pagina 5 della sentenza in esame, in particolare, si evidenziava che
il materiale esplodente sequestrato all’Urlo doveva essere «qualificato come
esplosivo».
Ne conseguiva che gli ordigni sequestrati, per le loro dimensioni e per le loro
potenzialità, possedevano una capacità distruttiva tale da escludere la loro
riconducibilità ai fuochi pirotecnici, per essere destinati alla vendita commerciale,
nell’imminenza della festività del capodanno. Né era possibile dubitare della
congruità di tale inquadramento del materiale esplodente in esame alla stregua
della giurisprudenza consolidata di questa Corte, che imponeva di ribadire la
natura di congegni micidiali degli oggetti sequestrati, in conseguenza degli esiti
delle verifiche condotte dal Nucleo artificieri della Questura di Napoli (cfr. Sez. 1,
n. 6132 del 22/01/2009, Mattei, Rv. 243377).
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, integra il delitto di illegale
detenzione di esplosivi e non la contravvenzione di detenzione abusiva di materie
esplodenti, la condotta che riguardi materiali pirotecnici, non micidiali se
singolarmente considerati, che in determinate condizioni – quali possono essere
l’ingente quantità, il precario confezionamento, la concentrazione in un ambiente
angusto e la prossimità a luoghi frequentati da molte persone – costituiscono
pericolo per persone o cose, sì da assumere, nel loro insieme, la caratteristica
della micidialità (cfr. Sez. 1, n. 45614 del 14/10/2013, Persello, Rv. 257344;
Sez. 1, n. 1667 del 24/01/2011, Brancato, Rv. 249958).
Ne discende che anche i giocattoli pirici o altre materie qualificate come
esplodenti, non micidiali se singolarmente considerate, tenuto conto delle
emergenze concrete, possono acquistare tali caratteristiche, quando dalla loro
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censura era già stata prospettata nei motivi di appello proposti nell’interesse

concentrazione, nelle specifiche circostanze di fatto, derivi un’intrinseca
potenzialità di pericolo per persone o cose, assumendo, nel loro insieme, la
caratteristica di oggetti micidiali.
L’univocità di tali conclusioni rende evidente la superfluità dell’accertamento
richiesto dalla difesa del ricorrente nel giudizio di appello, in ordine
all’espletamento di una perizia ex art. 603 cod. proc. pen., dovendosi rilevare in
proposito che, secondo questa Corte, alla rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale si può ricorrere «solo quando il giudice ritenga “di non poter

dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia
decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero
sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza» (cfr. Sez.
6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228).
Per queste ragioni processuali, la doglianza difensiva esaminata deve
ritenersi infondata.

2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso con riferimento
all’ulteriore doglianza difensiva, con cui si deduceva vizio di motivazione,
conseguente al fatto che, nonostante fosse stata espressamente richiesta la
sospensione condizionale della pena, la Corte di appello di Napoli aveva omesso
di pronunciarsi in ordine a tale beneficio.
Deve, in proposito, rilevarsi che le emergenze processuali smentiscono
l’assunto difensivo, atteso che la Corte territoriale formulava un giudizio
complessivamente negativo sulla posizione dell’imputato, non reputandolo
meritevole delle attenuanti generiche e degli ulteriori benefici di legge, che erano
stati invocati in suo favore, nei termini correttamente esplicitati a pagina 5 del
provvedimento impugnato.
D’altra parte, il profilo valutativo censurato investe un ambito della
decisione, quello del trattamento sanzionatorio irrogato all’imputato, rimesso
all’esclusivo apprezzamento discrezionale del giudice di merito in rapporto a
istituti – quali quelli delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale
della pena – scanditi da ampi margini di autonomia e facoltatività, avulsi da
automatismi applicativi.
Nondimeno la Corte territoriale, alle richieste dell’imputato faceva
espressamente riferimento nel passaggio motivazionale richiamato, evidenziando
che i precedenti penali dell’Urlo non consentivano di formulare un giudizio
prognostico favorevole nei suoi confronti e non permettevano il riconoscimento
di un trattamento sanzionatorio attenuato, con la concessione delle attenuanti
generiche e degli ulteriori benefici di legge.
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decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i

Ne discende che, nel caso in esame, non è riscontrabile alcuna carenza
motivazionale in ordine alla pena irrogata all’Urlo, che si sarebbe verificata
laddove la Corte territoriale avesse omesso di pronunciarsi sulle richieste
formulate nell’interesse dell’imputato, ai fini dell’applicazione del trattamento
sanzionatorio invocato dal suo difensore (cfr. Sez. 3, n. 3431 del 04/07/2012,
Maione, Rv. 254681).

3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Salvatore Urlo deve

spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 03/05/2016.

essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle

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