Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29259 del 03/05/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29259 Anno 2016
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposti dal Procuratore generale presso la Corte di appello di
Roma nei confronti di:
Chang Zhong, nato il 16/10/1974;
E inoltre da:
Chang Zhong, nato il 16/10/1974;

Avverso la sentenza n. 27/2014 emessa il 16/01/2015 dalla Corte di assise
di appello di Roma;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona della dott.ssa Marilia Di Nardo, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso del Procuratore generale presso la
Corte di appello di Roma e per il rigetto del ricorso dell’imputato;

Udita per l’imputato l’avv. Margareth Amitrano;

Data Udienza: 03/05/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 27/02/2014 il G.U.P. del Tribunale di Roma,
procedendo con rito abbreviato, giudicava Zhong Chang colpevole dell’omicidio di
Qihua Zhang – di cui cagionava la morte colpendolo con dodici coltellate che
attingevano la vittima all’emitorace sinistro anteriore e posteriore condannandolo alla pena di anni quattordici di reclusione, oltre al pagamento
delle spese processuali; i fatti in contestazione si verificavano a Roma il

Tale quantificazione della pena irrogata al Chang dal giudice di primo grado
conseguiva alla determinazione di una pena base di anni ventuno di reclusione,
alla quale veniva applicata la riduzione per il rito speciale con cui si procedeva
nei suoi confronti, giungendosi in tal modo alla quantificazione della pena finale
di cui in premessa.

2. Con sentenza emessa il 16/01/2015 la Corte di assise di appello di Roma,
decidendo sull’impugnazione proposta dall’imputato, confermava il giudizio di
responsabilità nei confronti di Zhong Chang, rideterminando il trattamento
sanzionatorio – previa concessione dell’attenuante della provocazione di cui
all’art. 62, n. 2, cod. pen. – e riducendo la pena irrogata all’appellante in anni
dodici di reclusione.
La sentenza, nel resto, veniva confermata.

3. Da entrambe le sentenze di merito – convergenti sotto il profilo della
responsabilità dell’imputato e divergenti sotto il profilo del trattamento
sanzionatorio irrogato – emergeva che, il 13/12/2010, intorno alle ore 16.10,
personale della Questura di Roma veniva inviato presso lo stabile sito in via
Guglielmo Mengarini n. 15, dove era stata segnalata la presenza di una persona
accoltellata; all’arrivo delle forze dell’ordine si riscontrava la veridicità di tale
segnalazione e si identificava la vittima nel cittadino di nazionalità cinese Qihua
Zhang.
Nella prima fase delle indagini, si accertava che l’accoltellamento mortale
dello Zhang era avvenuto all’interno di un appartamento ubicato al quarto piano
dello stabile, che sopra si è indicato, che era abitato e frequentato da
connazionali della vittima, alcuni dei quali, presenti all’accaduto, venivano
assunti a sommarie informazioni.
Nell’immediatezza dei fatti, in particolare, venivano esaminati i testi Wujiang
Dai, Ling Li e Yangfeng Li, che erano presenti alla colluttazione all’esito della
quale lo Zhang veniva accoltellato e consentivano di chiarire la dinamica degli
2

13/12/2012.

accadimenti criminosi. Gli stessi testimoni venivano successivamente risentiti,
davanti al giudice delle indagini preliminari, con le forme dell’incidente
probatorio, all’udienza dell’08/04/2013, confermando le dichiarazioni rese nella
prima fase delle indagini.
Sulla scorta di tali deposizioni si accertava che l’autore dell’accoltellamento
mortale era Zhong Chang che, nel primo pomeriggio del 13/12/2010, poco prima
delle ore 16, era giunto nell’abitazione dove i testimoni si trovavano in
condizione di manifesta ubriachezza e aveva iniziato a scherzare, con toni

l’interlocutore.
A questa prima fase ne seguiva un’altra nella quale i due soggetti avevano
iniziato a spintonarsi reciprocamente, fino a quando lo Zhang, con un’azione
repentina, non aveva colpito l’imputato con due schiaffi e una testata al volto; a
questo punto, l’imputato si era allontanato dalla stanza, dove faceva ritorno
subito dopo impugnando un coltello e colpendo ripetutamente la vittima alla
zona toracica, provocandone in tal modo la morte.
Dopo l’accoltellamento della vittima, lasciata esanime sul pavimento
dell’appartamento dove si era verificata la colluttazione, il Chang usciva
dall’abitazione, senza farvi più ritorno.
In questo contesto processuale, i testi Wujiang Dai, Ling Li e Yangfeng Li che venivano esaminati con le modalità di cui si è detto – riferivamo
concordemente che la lite era stata provocata dal comportamento dell’imputato
che, arrivato nell’appartamento visibilmente ubriaco, iniziava ad aggredire
verbalmente la vittima. L’imputato, in particolare, apostrofava la vittima facendo
riferimento alla sua provenienza geografica e, dopo essere stato percosso dallo
Zhang, usciva dalla stanza dove era iniziato il diverbio per farvi immediatamente
ritorno, allo scopo di accoltellare il suo antagonista dopo essersi armato con un
coltello.
Questa ricostruzione dei fatti si riteneva avvalorata dalla consulenza tecnica
medico-legale, eseguita nell’immediatezza dei fatti su incarico del pubblico
ministero, che consentiva di accertare che la morte della vittima era stata
causata da una emorragia interna, determinata da lacerazioni vascolari e
intestinali multiple, provocate da dodici coltellate, inferte nella zona sinistra
dell’emitorace con un coltello che presentava una lama lunga almeno 15
centimetri.
Secondo il consulente tecnico medico-legale, il cadavere della vittima, oltre
alle ferite all’emitorace sinistro anteriore e posteriore che ne avevano provocato
il decesso, presentava due ferite alle dita delle mani, che erano verosimilmente
riconducibili al tentativo dello Zhang di difendersi, parando i fendenti
3

sarcastici, ihua Zhang, il quale si era subito mostrato risentito con

dell’aggressore; sul cadavere venivano anche riscontrate alcune ferite alle spalle,
non riconducibili alla perforazione dell’emitorace, che venivano spiegate con la
torsione e l’arretramento della vittima che, dopo le prime coltellate, doveva
essersi voltata, nel tentativo, rivelatosi inutile, di sottrarsi all’aggressione
omicida del Chang.
Infine, in data 10/02/2013, l’imputato veniva rintracciato a Milano e tratto in
arresto.
In sede di convalida, il Chang veniva sottoposto a interrogatorio,

agito esclusivamente per difendersi dall’aggressione fisica dell’interlocutore e di
avere avuto la sensazione che, al momento dell’accoltellamento, lo Zhang
impugnasse un oggetto.
In questa cornice, a fronte di una dinamica dell’accoltellamento dello Zhang
ritenuta incontroversa, i giudici di merito non ritenevano credibili le dichiarazioni
dell’imputato in ordine alla sussistenza delle condizioni legittimanti l’esimente
della legittima difesa, che difatti veniva esclusa.
Come si è detto, le sentenze di merito divergevano in ordine alla sussistenza
dell’attenuante della provocazione, concessa dalla sola Corte di assise di appello
di Roma, sul presupposto che le frasi che avevano indotto la vittima a
schiaffeggiare l’imputato erano state pronunciate in tono scherzoso e in uno
stato di manifesta ubriachezza. Ne conseguiva che la reazione violenta della
vittima doveva ritenersi sproporzionata rispetto ai toni verbali utilizzati
dall’imputato, imponendo di ravvisare, nel caso di specie, un fatto ingiusto altrui
legittimante lo stato d’ira, in conseguenza del quale andava concessa
l’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen.
Sulla base di tale compendio probatorio, il Chang veniva condannato alla
pena di cui in premessa.

4. Avverso tale sentenza ricorrevano per cassazione il Procuratore generale
presso la Corte di appello di Roma e l’imputato Zhong Chang.
4.1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma ricorreva per
cassazione, deducendo il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in
relazione all’art. 62, n. 2, cod. pen., in riferimento alla ritenuta sussistenza dei
presupposti per l’applicazione dell’attenuante della provocazione, che erano stati
valutati dalla Corte territoriale con un percorso argonrientativo incongruo e
manifestamente contraddittorio.
Si deduceva, in particolare, che la Corte territoriale non aveva ricostruito
compiutamente la dinamica degli accadimenti in conseguenza di quali lo Zhang
era stato ucciso dall’imputato, rispetto alla quale i ruoli ricoperti dalle due parti
4

ammettendo di avere colpito la vittima con un coltello, ma precisando di avere

antagoniste risultavano descritti in termini illogici e contrastanti con le evidenze
probatorie.
L’incongruità motivazionale censurata discendeva dal fatto che, secondo la
ricostruzione compiuta dalla stessa sentenza impugnata, era stato l’imputato,
con le sue parole, a provocare il litigio e il risentimento del suo contingente
antagonista, con la conseguenza che – sulla scorta di tali incontroverse evidenze
probatorie – la concessione dell’attenuante della provocazione costituiva un
ribaltamento logico della dinamica degli accadimenti criminosi, reso evidente

Né, per altro verso, assumeva rilievo decisivo la circostanza del tono
scherzoso con cui il Chang si era rivolto alla vittima, atteso che il riferimento a
tali toni, genericamente richiamato nella sentenza in esame, assumeva una
valenza neutrale, in assenza di una ricognizione analitica delle parole indirizzate
dall’imputato alla vittima.
Si censurava, infine, il riferimento alla sproporzione della reazione violenta
della vittima 9..zr ppfife contenuto nella sentenza impugnata, atteso che la
ricostruzione della dinamica degli accadimenti criminosi imponeva di affermare
che l’accoltellamento dello Zhang giungeva al culmine di uno stato di tensione
progressiva, rispetto al quale occorreva ribadire il ruolo determinante
dell’imputato.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.
4.2. L’imputato Zhong Chang, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
cassazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione
all’art. 62-bis cod. pen., conseguenti alla mancata concessione delle attenuanti
generiche, che si imponevano tenuto conto della dinamica degli accadimenti
criminosi, che rendeva necessaria una rivalutazione dell’atteggiamento
complessivo dell’imputato alla luce delle emergenze processuali.
Tale rivalutazione delle emergenze processuali conseguiva al fatto che,
secondo quanto riferito nello stesso provvedimento impugnato, l’imputato si era
limitato a scherzare con la vittima, il cui risentimento traeva origine dal suo
carattere prevaricatore, come evidenziato nei passaggi argomentativi della
sentenza in esame nei quali si evidenziava che il Chang conosceva il carattere
violento del suo interlocutore, dal quale in passato, in più occasioni, era stato
vessato.
Ne discendeva che era la stessa Corte di assise di appello di Roma a
evidenziare contraddittoriamente che l’atteggiamento del Chang non era soltanto
scherzoso, ma traeva origine dalle tensioni maturate nel passato tra l’imputato e
la vittima, che avevano portato il primo dei due a uno stato di profonda
5

dallo stesso percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale.

prostrazione psicologica, del quale occorreva tenere conto ai fini della
valutazione del trattamento sanzionatorio irrogato. In questo contesto
processuale, nel ricorso in esame, si evidenziava che il Chang viveva ai margini
della società, in una condizione di difficoltà personale e di disagio sul luogo di
lavoro, nel quale veniva sottoposto a vessazioni continue e a uno sfruttamento
salariale, dai quali non riusciva a emanciparsi.
A sostegno di quanto affermato, la difesa del ricorrente evidenziava che tutti
i testimoni oculari escussi nell’incidente probatorio dell’08/04/2013 avevano

soggezione psicologica nei confronti della vittima, protrattasi nel tempo, che
aveva generato la violenta reazione armata in conseguenza della quale lo Zhang
veniva ucciso.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in accoglimento del ricorso proposto dal Procuratore
generale presso la Corte di appello di Roma, nel quale devono ritenersi assorbite
le doglianze difensive sul trattamento sanzionatorio.
In via preliminare, prima di affrontare il merito delle censure motivazionali
introdotte con il ricorso in esame, deve rilevarsi che, nel caso di specie, ci si
trova di fronte a una riforma quoad penam della sentenza di condanna emessa
nel giudizio di primo grado, a seguito dell’atto di appello proposto nell’interesse
dell’imputato.
Occorre, pertanto, fare riferimento in termini rigorosi al materiale
processuale sottoposto alla cognizione del giudice di appello, tenendo conto delle
acquisizioni probatorie e dei differenti elementi di valutazione – favorevoli nei
confronti dell’appellante e decisivi ai fini della riforma della decisione impugnata
– posti a fondamento del giudizio di secondo grado.
In questa cornice, deve rilevarsi che, secondo il Procuratore generale presso
la Corte di appello di Roma, la Corte territoriale aveva concesso al Chang
l’attenuante della provocazione sulla base di mere congetture processuali, non
riscontrate dagli elementi probatori acquisiti nel giudizio di primo grado che, al
contrario, imponevano di ricondurre all’esclusiva responsabilità dell’imputato il
diverbio con lo Zhang e il conseguente scontro fisico, dal quale scaturiva
l’accoltellamento mortale della vittima. St0344’lfe,

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In questo contesto processuale, allo scopo di H~Iramitl’attenuante della
provocazione, così come prefigurata dall’art. 62, n. 2, cod. pen., occorre
6

riferito concordemente che l’imputato, da tempo, viveva una condizione di

preliminarmente richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte,
secondo la quale: «Ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione
occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anche
protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto
ingiusto altrui”; b) il “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal
carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole
giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata
collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni

psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione,
indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile
una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta» (cfr. Sez. 1, n. 4780 del
14/11/2013, Saieva, Rv. 258454).
Con tali elementi costitutivi dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen.,
occorre confrontarsi analiticamente, allo scopo di verificare la fondatezza delle
censure giurisdizionali proposte dal Procuratore generale presso la Corte di
appello di Roma con il suo ricorso.

2. Tenuto conto di questi parametri ermeneutici, occorre rilevare che, se è
possibile ritenere sussistente nel caso in esame il primo dei tre indicatori
soggettivi, relativo allo stato d’ira in preda al quale il Chang aveva accoltellato la
vittima – a prescindere dall’influenza che su di esso aveva prodotto la condizione
di ubriachezza in cui versava – il percorso argomentativo seguito dalla Corte
territoriale non risulta soddisfacente rispetto all’enucleazione degli altri due
indicatori, indispensabili per l’applicazione dell’attenuante concessa all’imputato
all’esito del giudizio di appello.
Quanto, in particolare, all’ingiustizia della condotta della vittima, da
intendere come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate
tali nell’ambito della collettività di cui imputato e vittima facevano parte, il
percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non chiariva le ragioni che
avevano indotto lo Zhang a schiaffeggiare repentinamente l’imputato, non
essendosi soffermato compiutamente il provvedimento impugnato sul tenore
della conversazione intercorsa tra i due antagonisti nelle fasi che precedevano
l’aggressione armata dell’imputato (cfr. Sez. 5, n. 12558 del 13/02/2004, Fazio,
Rv. 228020).
Queste incertezze probatorie non consentono di affermare con certezza
l’esistenza di tale indicatore soggettivo, nei termini correttamente censurati nelle
pagine 2 e 3 del ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di
Roma, rendendo incerto il percorso argomentativo seguito nell’applicazione
7

dell’imputato e alla sua sensibilità personale; c) un rapporto di causalità

dell’attenuante della provocazione. La Corte territoriale, infatti, si limitava a
richiamare il tono scherzoso delle frasi rivolte dall’imputato alla vittima, senza
precisarne il contenuto e senza esplicitare le ragioni che – in relazione al
contenuto della conversazione che si stava svolgendo – avevano indotto lo
Zhang a offendersi (cfr. Sez. 1, n. 5056 dell’08/11/2011, Ndoj, Rv. 251833; Sez.
5, n. 12588 del 13/02/2004, Fazio, Rv. 228020).
Queste discrasie motivazionali, a ben vedere, appaiono ancor più evidenti se
si confronta il passaggio della sentenza di primo grado, esplicitato a pagina 2, in

Dai, Ling Li e Yangfeng Li, i quali avevano indicato con precisione le ragioni della
reazione violenta della vittima – collegandole alle offese indirizzategli
dall’imputato in relazione all’area geografica daQ.elok quale proveniva lo Zhang con le quali la Corte di assise di appello di Roma non si confrontava, nemmeno

per relationem.
In questa cornice, non è nemmeno possibile affermare con certezza
l’esistenza di un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra
le condotte dei due antagonisti, atteso che l’inattendibilità delle dichiarazioni rese
dall’imputato non consente di ipotizzare – in assenza di ulteriori elementi di
riscontro probatorio della cui esistenza, positiva o negativa, non si fornisce
alcuna contezza nella sentenza in esame – alcun collegamento tra le due
condotte, con la conseguenza di non potere ritenere sussistente nemmeno
questo ulteriore elemento costitutivo dell’attenuante della provocazione,
conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 1, n. 16790
dell’08/04/2008, D’Amico, Rv. 240282; Sez. 1, n. 5318 dell’08/04/1998,
Vranesi, Rv. 210574).
Deve, invero, rilevarsi che, sul punto, la ricostruzione fornita dal Chang
risultava inattendibile, come concordemente affermato nelle sottostanti decisioni
di merito, oltre a essere smentita da un ulteriore e incontroverso elemento
probatorio, costituito dal fatto che l’imputato accoltellava la vittima in una fase
successiva alle percosse subite, atteso che, dopo essere stato aggredito dallo
Zhang, si allontanava dal luogo dell’iniziale colluttazione, andava a prendere un
coltello dalla stanza attigua e, tornato sul luogo del diverbio, sferrava i fendenti
che causavano la morte del suo antagonista.
Questa ricostruzione della dinamica dell’accoltellamento, su cui la Corte
territoriale si soffermava a paginek2 del provvedimento impugnato, non enuclea
con chiarezza l’esistenza di un rapporto di causalità tra l’aggressione iniziale
della vittima e la sua successiva uccisione, non emergendo in termini certi dal
percorso motivazionale esplicitato l’esistenza di una sequenza degli accadimenti
criminosi svoltasi senza soluzione di continuità, in un crescendo culminato con
8

cui si passavano in rassegna le dichiarazioni rese dai testimoni oculari Wujiang

,.

l’omicidio della vittima. Al contrario, la ricostruzione compiuta nella sentenza
impugnata – in assenza di indicazioni cronologiche precise – sembra muoversi in
una direzione non del tutto compatibile con la contestualità dell’azione omicida
del Chang, atteso che, nel momento in cui venivano sferrate le coltellate mortali
alla vittima, era cessato il diverbio insorto nella prima fase dello scontro tra i due
conten nti.
In questo contesto processuale, la ricostruzione degli accadimenti fornita
nella sentenza impugnata risulta oggettivamente inadeguata sotto entrambi i
profili valutativi sopra richiamati – riguardanti l’ingiustizia del comportamento

della vittima e il rapporto di causalità psicologica tra la provocazione e la
reazione dell’imputato – essendosi la Corte territoriale, nel passaggio
argomentativo esplicitato a pagina 4, limitata ad affermare in termini meramente
assertivi: «Deve considerarsi che la frase che ha urtato la sensibilità della
persona offesa è stata pronunciata in tono scherzoso e in uno stato di evidente
ubriachezza. La violenta reazione di Zhang Qihua è stata eccessiva e
sproporzionata e, pertanto, sono ravvisabili il “fatto ingiusto” ed il conseguente
“stato d’ira” richiesti dall’art. 62 n. 2. c.p.».
Ne discende conclusivamente la fondatezza della doglianza difensiva su cui
si fonda il ricorso in esame.

3. Le ragioni esplicitate nel paragrafo precedente impongono l’annullamento
della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di assise di
appello di Roma per un nuovo giudizio finalizzato a colmare le lacune
motivazionali evidenziate, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi
dell’attenuante della provocazione concessa nel giudizio di appello.
In tale ambito, devono ritenersi assorbite le doglianze difensive, riguardanti
la mancata concessione delle attenuanti generiche, postulando tali censure una
rivalutazione della dinamica degli accadimenti criminosi e della gravità del fatto,
che potrà essere compiuta dalla Corte di assise di appello di Roma solo dopo
avere rivalutato la vicenda delittuosa nella sua fase genetica e i ruoli
antagonistici ricoperti dall’imputato e dalla vittima.
Né potrebbe essere diversamente, atteso che le attenuanti generiche
rispondono alla funzione di adeguare la pena al caso concreto nella globalità
degli elementi oggettivi e soggettivi che la connotano, sul presupposto della loro
compiuta enucleazione. La necessità di un giudizio che coinvolga la posizione
dell’imputato nel suo complesso è sintetizzata dal principio di diritto affermato da
questa Corte, secondo cui: «Le attenuanti generiche non possono essere intese
come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il
riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè
9

t

tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano
tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva,
particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena» (cfr. Sez. 6, n.
2642 del 14/01/1999, Catone, Rv. 12804).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata in ordine all’attenuante della provocazione e

Sezione della Corte di assise di appello di Roma.
Così deciso il 03/05/2016.

al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra

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