Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29251 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29251 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTAMARIA MATTEO N. IL 02/02/1960
CtA

LAJC.F.,A,A

avverso la sentenza n. 71/2013 TRIB.EZ.DIST. di RODI
GARGANICO, del 11/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Lucera ha condannato l’imputato alla pena di C 300,00 di
ammenda, con demolizione delle opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi a
spese del condannato, in riferimento alla contravvenzione di cui agli artt. 93, 94, 95
del d.P.R. n. 380 del 2001, per l’esecuzione, in zona sismica, su un lastrico solare già
esistente, di una tettoia con struttura portante in acciaio delle dimensioni di metri
7,80 per 6,80 e dell’altezza di metri 2,20, senza il deposito dei relativi atti progettuali

autorizzazione (il 28 aprile 2011).
2.

— Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore,

un’impugnazione qualificata come appello, con la quale afferma di essere residente in
Germania da moltissimi anni e chiede la riunione del procedimento con altro relativo al
reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2000. Lamenta, inoltre, che la colpevolezza
sarebbe stata desunta dal solo fatto che lo stesso imputato era stato destinatario di
un’ordinanza di sospensione dei lavori del 6 aprile 2011.
In prossimità dell’udienza in camera di consiglio davanti a questa corte, alla
quale gli atti sono stati trasmessi dalla Corte d’appello di Bari, la difesa ha depositato
memoria contenente motivi, con il quale sostiene che l’elezione di domicilio
intervenuta in un connesso procedimento relativo a violazione dell’art. 44 del d.P.R. n.
380 del 2001 varrebbe anche nel presente procedimento; con la conseguenza che gli
atti del presente procedimento avrebbero dovuto essere notificati al domicilio eletto
dall’imputato presso il difensore nell’altro procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – L’impugnazione – che deve essere qualificata come ricorso per cassazione,
ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., perché proposta contro sentenza non
appellabile, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., in quanto recante
condanna alla sola pena dell’ammenda — è inammissibile, per genericità.
La difesa si limita, infatti, a richiedere la riunione del presente procedimento
con altro con il quale lo stesso sarebbe asseritamente connesso, senza illustrare le
ragioni poste a fondamento di tale ritenuta connessione. Afferma, inoltre, che
l’imputato, pacificamente proprietario del lastrico solare, sarebbe residente all’estero,
ma neanche compiutamente prospetta la tesi secondo cui qualcuno si sarebbe
introdotto clandestinamente sul fondo in questione e avrebbe, ad insaputa ed
esclusivo beneficio dell’imputato, realizzato le opere edilizie.

presso l’ufficio competente e con l’effettuazione dei lavori in mancanza della prescritta

4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile; con la
conseguenza che devono essere ritenuti inammissibili, ai sensi dell’art. 585, comma 4,
cod. proc. pen., anche i motivi aggiunti; e ciò, a prescindere dalla loro manifesta
infondatezza, essendo gli stessi basati sull’assunto, evidentemente erroneo, secondo
cui l’elezione di domicilio in un diverso procedimento penale avrebbe effetto anche nel
presente procedimento.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale

abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte

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