Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29250 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29250 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPENA FRANCESCO N. IL 15/10/1962
avverso la sentenza n. 11246/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
03/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di
Roma, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di mesi 4 di arresto ed
euro 15.000,00 di ammenda condizionalmente sospesa, con ordine di rimessione in
pristino dello stato dei luoghi, per i reati di cui agli art. 44, comma 1, lettera c), del
d.P.R. n. 380 del 2001, 181, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004, 6, 13, 30 della legge
n. 394 del 1991, per avere realizzato, nella qualità di proprietario e committente, in

mancanza dei necessari titoli abilitativi, una trasformazione permanente del suolo
attraverso la movimentazione e il riporto di terre e materiali di risulta per una
superficie di circa 1000 m 2 , in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ricadente in
area naturale protetta.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, rilevando, con unico motivo di doglianza, la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto alla responsabilità
penale, sul rilievo che la semplice qualità di proprietario dell’area interessata dai lavori
abusivi non sarebbe sufficiente a dimostrare anche la qualità di committente di tali
lavori in capo allo stesso imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità.
La difesa non formula alcun puntuale rilievo critico alla motivazione della
sentenza impugnata, nella quale la qualità di committente dei lavori è stata
correttamente desunta dall’adiacenza del terreno sul quale le opere abusive insistono
con altro terreno sul quale l’imputato è costantemente presente, perché gestisce una
casa-famiglia. Né la difesa ha allegato alcuno specifico elemento a sostegno della tesi
– evidentemente implausibile – secondo cui qualcuno si sarebbe introdotto
clandestinamente sul fondo in questione e avrebbe, ad insaputa dell’imputato,
realizzato le opere edilizie.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
2

A\

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

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