Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29249 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29249 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PINTUS GRAZIELLA N. IL 18/02/1955
avverso la sentenza n. 544/2014 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
18/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Cagliari ha parzialmente confermato la sentenza del
Tribunale di Cagliari, con la quale l’imputata era stato condannata, in relazione al
reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 2 del d.lgs. n. 463 del 1983,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 638 del 1983, perché, con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso, aveva omesso di versare le ritenute
previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti relative

doversi procedere in relazione ai fatti commessi fino ad ottobre 2006, in quanto estinti
per prescrizione, e ha conseguentemente ridotto la pena.
2. — Avverso la sentenza l’imputatq ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, sostenendo che la fattispecie sarebbe stata depenalizzata dall’art. 2
della legge di delegazione n. 67 del 18 aprile 2014, con riferimento a tutte le ipotesi —
come quella di specie — in cui l’omesso versamento non ecceda il limite complessivo di
C 10.000,00 annui.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo manifestamente
infondato.
Come già osservato da questa Corte (ex multis, sez. fer., 31 luglio 2014, n.
38080), l’omesso versamento delle ritenute previdenziali operate dal datore di lavoro
sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti costituisce reato anche a seguito della
depenalizzazione, per omessi versamenti fino a diecimila euro annui, prospettata
dall’art. 2, comma 2, lettera c), della legge n. 67 del 2014, costituendo quest’ultima
mera norma di delegazione, non ancora attuata con decreto legislativo e rispetto alla
cui attuazione non sussiste in capo al Governo alcun obbligo giuridico, ma solo una
facoltà.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.

2

alle mensilità dal marzo 2006 al febbraio 2007. La Corte d’appello ha dichiarato non

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

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