Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29248 del 27/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29248 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOHAMMAD ABU JAFOR N. IL 15/10/1977
avverso la sentenza n. 3542/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
01/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/03/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di
Roma, con la quale l’imputato era stato condannato in relazione ai reati di cui agli artt.
648, secondo comma, cod. pen. e 171-ter, comma 1, lettera b), e comma 2, lettera

a), della legge n. 633 del 1941, per avere detenuto per la vendita DVD e CD aventi
contenuti abusivamente riprodotti, da lui acquistati nella consapevolezza della loro
illecita provenienza, al fine di trarne profitto.

per cassazione, lamentando l’erronea applicazione delle disposizioni incriminatrici,
nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione: 1) in relazione alla
ricettazione, perché la Corte d’appello si sarebbe limitata ad affermare che l’imputato
non aveva provveduto personalmente alla duplicazione di CD e DVD e, dunque, li
aveva ricevuti da altri; 2) in relazione alla detenzione per la vendita dei supporti
abusivamente riprodotti, perché non si sarebbe considerato che la stessa non è
contemplata quale reato dall’art. 171, comma 2, lettera a), della legge n. 633 del
1941.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su censure formulate in modo non
specifico e, comunque, già esaminate e motivatamente disattese in grado d’appello.
Quanto alla ricettazione, la difesa non prende in considerazione neanche a fini
di critica la corretta motivazione la sentenza impugnata, nella quale si evidenzia che la
compartecipazione dell’imputato all’attività di riproduzione abusiva dei supporti risulta
meramente asserita da quest’ultimo. Quanto all’altra fattispecie contestata, non vi è
dubbio che la circostanza aggravante di cui all’art. 171, comma 2, lettera a), della
legge n. 633 del 1941 si riferisca alla vendita e non anche alla detenzione per la
vendita. Nondimeno, la difesa non muove alcun rilievo all’affermazione, che la Corte
d’appello fa sulla base dell’analisi del compendio istruttorio, secondo cui l’imputato era
stato sorpreso, non nella mera detenzione per la vendita dei supporti abusivamente
riprodotti, ma mentre effettivamente vendeva gli stessi ai passanti sulla pubblica via.
Né si eccepisce, sul punto, la violazione del diritto di difesa per mancata
corrispondenza fra imputazione e sentenza.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
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2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso

alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2015.

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