Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29246 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29246 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RANDAZZO ANGELO N. IL 12/07/1976
avverso la sentenza n. 240/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha
confermato la sentenza con la quale in data 10.6.2013 il Tribunale di Siracusa
aveva dichiarato ANGELO RANDAZZO, in atti generalizzato, colpevole del reato
di promozione, organizzazione e direzione di una associazione per delinquere dì
tipo mafioso, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

qualità di capo o promotore, e vizio di motivazione quanto al diniego di
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez.
VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato.
La qualità di capo o promotore od organizzatore costituisce (per univoco
orientamento giurisprudenziale: lo stesso ricorrente non cita i presunti
precedenti asseritamente di segno contrario rispetto a quello correttamente
citato dalla Corte di appello). Il principio è stato ulteriormente affermato sempre in difetto di voci contrarie – da questa Sezione (sentenza n. 40254 del
12 giugno 2014, CED Cass. n. 260444 («L’art. 416 bis cod. pen. prevede una
pluralità di figure criminose dì carattere alternativo ed autonome, che hanno in
comune tra loro il solo riferimento ad una associazione di tipo mafioso, per cui
la condotta del promotore o capo costituisce figura autonoma di reato e non
circostanza aggravante della partecipazione all’associazione medesima») e va
ulteriormente ribadito.
Quanto all’ulteriore motivo, in appello era stata unicamente richiesta
«l’esclusione dell’aggravante del ruolo di capo e/o l’equivalenza di tale
aggravante con le attenuanti generiche concesse» (cfr. riepilogo dei motivi di

lamentando violazione di legge quanto alla natura giuridica della riconosciuta

gravame a f. 2 della sentenza impugnata), ed il ricorrente non ha mosso in
proposito contestazioni.
Ne consegue che anche detta censura cade in conseguenza del mancato
accoglimento della prima.
Se intesa come censura riguardante più in generale l’esito del bilanciamento
tra le residue circostanze concorrenti (attenuanti generiche ed art. 416-bis,

Questa Corte (Sez. II, sentenza n. 9028 del 5 novembre 2013, dep. 25
febbraìo 2014, CED Cass. n. 259066) ha già chiarito che è inammissibile, per
difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano
violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado o vizi di motivazione,
se l’atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di
appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di
indicare che l’atto dì impugnazione proposto avverso la decisione del primo
giudice aveva anch’esso già denunciato le medesime violazioni di legge o vizi di
motivazione. Ciò premesso, la censura riguardante l’esito del “bilanciamento”
ex art. 69 c.p. non è consentita, perché dedotta per la prima volta in questa
sede; la relativa doglianza non risulta, come premesso, formulata tra i motivi di
appello, come si evince dal riepilogo degli stessi riportato nel provvedimento
impugnato, e sarebbe, comunque, generica perché il ricorrente, in virtù
dell’onere di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, imposto dall’art.
581, comma 1, lett. C), c.p.p., avrebbe avuto il dovere processuale di
contestare specificamente, in ricorso, il riepilogo dei motivi di gravame operato
dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, se ritenuto incompleto o
comunque non corretto, poiché la tempestiva deduzione della violazione di
legge o del vizio di motivazione come motivo di appello costituisce requisito che
legittima la riproposízione della doglíanza in cassazione e, pertanto, di ciò il
ricorso, con la dovuta specificità, deve dar conto.
Il principio della non deducibilità per la prima volta in sede di legittimità di
vizi di motivazione non dedotti in precedenza come motivo di appello, pur in
riferimento a fattispecie diversa, è stato successivamente affermato da Sez. V,
sentenza n. 48703 del 24 settembre 2014, CED Cass. n. 261438, e va ribadito.
Peraltro, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte
circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio
,,………„
di q
merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora – come nel caso di specie –

2

comma 4, c.p.), la doglianza è tardiva.

non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da
sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la
soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare
l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (così Sez. un., sentenza n. 10713
del 25 febbraio 2010, CED Cass. n. 245931).
La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
euro mille in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 24 marzo 2015

Il Com nente estensore

Il Presidente

processuali, nonché – apparendo evidente che il ricorso è stato proposto

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