Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29242 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29242 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SEDDA DANIELE N. IL 20/11/1983
avverso la sentenza n. 3148/2013 GIP TRIBUNALE di SAVONA, del
09/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Con la sentenza indicata in epigrafe, il GIP del Tribunale di Savona ha
applicato all’imputato DANIELE SEDDA, in atti generalizzato, a norma degli artt.
444 ss. c.p.p., su richiesta delle parti, in ordine al reato di rapina ascrittogli, la
pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 400 di multa.
Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.

Il ricorso è inammissibile perché assolutamente privo di specificità (in
difetto dell’indicazione del capo o punto della sentenza affetto dal vizio
denunciato, e comunque di elementi in ipotesi acquisiti in atti e non considerati,
o mal considerati), e, comunque, manifestamente infondato, atteso che il
giudice, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto
tra le parti:
– escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i
presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. per il proscioglimento dell’imputato. Tale
pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla rinunzia alla contestazione delle
prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione implicita nella domanda di
patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al
giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che
ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere
di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le
altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, Di Benedetto, rv. 191135; Sez. un.,
n. 10372 del 27 settembre 1995, Serafino, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27
ottobre 1999, Fraccari, rv. 214637);
– ritenendo motivatamente la correttezza della proposta qualificazione
giuridica dei fatti contestati. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in
motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione può
denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come
prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la
qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore
su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, co 1,

deducendo omessa motivazione.

lett. b) cod. proc. pen. Nondimeno, l’errore sul

nomen iuris deve essere

manifesto, secondo il predetto orientamento, che ne ammette la deducibilità nei
soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in
accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa
qualificazione presenti margini di opinabilità;

ritenendo motivatamente la configurabilità delle configurate e

correttamente comparate circostanze concorrenti;
– ritenendo motivatamente la congruità del trattamento sanzionatorio

orientamento di questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni
Unite (sentenza n. 5838 dei 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in
motivazione), la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e
stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di
legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro rnillecinquecento in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 24 marzo 2015

Il Com onente estensore

Il Presidente

dalle stesse parti proposto. Deve, in proposito, rilevarsi che, per consolidato

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