Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29237 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29237 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VASSALLI NICOLA N. IL 01/05/1972
VASSALLI DANIELE N. IL 30/07/1979
avverso la sentenza n. 3210/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha
confermato – quanto all’affernigne di responsabilità degli imputati VASSALLI

b

t-

NICOLA e VASSALLI iikunim, in atti generalizzati – in ordine al reato di
ricettazione di cui al capo 7- la sentenza emessa in data 8.5.2012 dal Tribunale
di Vigevano; la Corte di appello ha dichiarato estinti per prescrizione gli ulteriori
reati ed ha ridotto la pena a ciascun imputato.

ricorso per cassazione, lamentando vizio di motivazione quanto all’affermazione
di responsabilità e violazione di legge quanto alla mancata applicazione
dell’indulto.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693;
Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n.
256133), del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato, a
fronte dei rilievi con i quali la Corte di appello (f. 1 s.) ha motivato le
contestate affermazioni di responsabilità valorizzando l’accertata disponibilità
degli stampati di provenienza furtiva de quibus, in bianco, ad evidente riprova
di consapevolezza della loro illecita provenienza.

Quanto all’ulteriore doglianza, questa Corte (Sez. II, sentenza n. 710 del
10 gennaio 2014, CED Cass. n. 258073) ha già chiarito che, nel caso di
omessa pronuncia da parte del giudice d’appello, in ordine all’applicabilità o
meno del condono, l’imputato non ha interesse a ricorrere per cessazione,
potendo ottenere l’applicazione del beneficio in sede esecutiva, a meno che il
giudice d’appello non ne abbia negato l’applicazione.
La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che il ricorso è stato proposto
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giug

Contro tale provvedimento, gli imputati hanno proposto congiuntamente

2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della
somma di euro mille ciascuno in favore della Cassa delle ammende a titolo di
sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di euro mille in favore della Cassa
delle ammende.

Il Com onente estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, udienza camerale 24 marzo 2015

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