Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29234 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29234 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PESCHECHERA FRANCESCO PAOLO N. IL 14/02/1970
avverso la sentenza n. 1885/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
12/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha
confermato – quanto all’affermazione di responsabilità – la sentenza con la
quale in data 28.2.2013 il GUP del Tribunale di Foggia aveva dichiarato
l’imputato colpevole di concorso in rapina aggravata ed altro, in continuazione;
la Corte di appello ha ridotto la pena.
Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

62 bis c.p.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez.
VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei
dettagliati e corretti rilievi posti a fondamento delle contestate statuizioni,
valorizzando rispettivamente l’entità della somma di denaro sottratta, ritenuta
(con giudizio di fatto incensurabile in questa sede) non esigua, e la gravità dei
fatti, perpetrati con la minaccia di un coltello puntato al viso di una delle
cassiere dell’esercizio commerciale rapinato, correttamente conformandosi
all’orientamento consolidato di questa Corte, per la quale, al fine di ritenere od
escludere la configurabilità di circostanze attenuanti generiche, il giudice può
limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello
che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del
beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole od
all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto,
risultare all’uopo sufficiente (così, da ultimo, Sez. II, sentenza n. 3609 del 18
gennaio – 1° febbraio 2011, CED Cass. n. 249163).
La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che il ricorso è stato proposto
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2

lamentando il mancato riconoscimento delle attenuanti di cui agli artt. 62 n. 4 e

n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
euro mille in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
ammende.

Il Comp nente estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, udienza camerale 24 marzo 2015

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