Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29234 del 14/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29234 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SARDU FRANCESCO ANTONELLO N. IL 18/02/1969
avverso la sentenza n. 50/2013 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
27/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 91″3
che ha concluso per P

Otte

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

111.2.,A3_ 61

Data Udienza: 14/04/2016

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Cagliari, in
qualità di giudice di appello, confermava la sentenza con cui il
giudice di pace di Cagliari, in data 17.5.2013, aveva condannato

risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita
parte civile, in relazione al reato di cui all’art. 595, c.p.,
commesso, attraverso la condotta

indicata nel capo

d’imputazione, in danno di Gianfranco Stevelli, in qualità di legale
responsabile della società”S.I.N.A. Sas.”
2. Avverso la sentenza del tribunale, di cui chiede l’annullamento,
ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del difensore di fiducia, avv. Patrizio Rovelli, del Foro di
Cagliari, lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione
con riferimento alla riconducibilità delle frasi diffamatorie
contenute nei teli esposti sulla facciata dell’edificio della società
“LCF 41 S.R.L.”, ritenuta sulla base di una mera congettura,
secondo cui identico contenuto era riportato in un cartello esposto
all’interno del bar Mariposa, appartenente alla suddetta società di
cui era socio il Sardu e quest’ultimo, pur potendolo, non si era
attivato per rimuovere i suddetti teli, omettendo di considerare e
di motivare, al riguardo, che l’imputato era un semplice socio di
minoranza della “LCF 41 S.R.L.” e che il manifesto esposto
all’interno del bar non era sottoscritto dal prevenuto, ma ne
riportava semplicemente il nome; 2) violazione di legge e vizio di
motivazione, in ordine alla mancanza di contenuto diffamatorio di
quanto riportato nel cartello e nei teli innanzi menzionati, in cui, in
realtà si voleva denunciare l’utilizzazione abusiva, da parte della

Francesco Antonello Sardu alla pena ritenuta di giustizia ed al

società di trasporti “S.I.N.A. S.a.s.”, dello stallo di sosta ubicato
davanti al bar Mariposa, oggetto, peraltro, di una controversia
pendente innanzi al giudice amministrativo, per cui appare, in
ogni caso applicabile, nel caso in esame, l’esimente del diritto di
critica, senza tacere che non risulta dimostrata nemmeno la

legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata individuazione
in forma precisa dell’effettivo destinatario dell’offesa,
rappresentato dalla società nella persona del suo legale
rappresentante, laddove la costituzione di parte civile è stata
effettuata dallo Stevelli, non in tale qualità, ma iure proprio,
nonostante l’opposizione della difesa dell’imputato al riguardo.
3. In via preliminare va rigettata la richiesta di rinvio della
trattazione del ricorso, formulata dal difensore dell’imputato, il
quale ha invocato l’esistenza di un legittimo impedimento a
comparire in udienza, per essere affetto, come da
documentazione allegata alla relativa istanza, da “Iombosciatalgia
acuta”, con conseguente necessità di due settimane, a far data
dal primo aprile 2016, di riposo assoluto, con divieto di carico
sulla colonna.
L’indicata condizione patologica, infatti, non si traduce in una
dimostrata effettiva impossibilità per il soggetto portatore della
dedotta patologia di comparire in giudizio, se non a prezzo di un
grave e non altrimenti evitabile rischio per la propria salute, non
potendo ritenersi preclusiva di tale valutazione la generica
necessità, in conseguenza della riscontrata patologia, di un dato
periodo di riposo e di cure, la quale è per sua natura preordinata
al superamento rapido e completo dell’affezione patologica in atto
e non implica, ove essa non sia soddisfatta, l’automatica ed

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sussistenza dell’elemento psicologico del reato; 3) violazione di

ineluttabile conseguenza di un danno o di un pericolo grave per la
salute del soggetto, che costituisce condizione imprescindibile ai
fini dell’integrazione dell’assoluta impossibilità di comparire che
legittima l’impedimento (cfr. Cass., sez. V, 14.12.2007, n. 5540,
S., rv. 239100).

5.

Ed invero, inammissibile appare il primo motivo di

impugnazione.
Con esso, infatti, il ricorrente espone censure che si risolvono in
una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di
logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi,
ricostruzione e valutazione, in quanto tali, precluse in sede di
giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. V, 22.1.2013, n. 23005, rv.
255502; Cass., sez. I, 16.11.2006, n. 42369, rv. 235507; Cass.,
sez. VI, 3.10.2006, n. 36546, rv. 235510; Cass., sez. III,
27.9.2006, n. 37006, rv. 235508).
Ed invero non può non rilevarsi come il controllo del giudice di
legittimità, anche dopo la novella dell’art. 606, c.p.p., ad opera
della I. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralità di
deduzioni connesse a diversi atti del processo, e di una correlata
pluralità di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente
unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della
motivazione ed alla resistenza logica del ragionamento del
giudice di merito, essendo preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione
o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione

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4. Ciò posto il ricorso non può trovare accoglimento.

e valutazione dei fatti (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n. 22256,
rv. 234148).
Sicché il sindacato della Cassazione resta quello di sola legittimità,
esulando dai poteri della stessa quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche

esame, una diversa e più adeguata valutazione delle risultanze
processuali (cfr. Cass., sez. II, 23.5.2007, n. 23419, rv. 236893).
Il giudice di secondo grado, del resto, con motivazione
approfondita ed immune da vizi, ha individuato l’elemento che
consente di attribuire al Sardu le frasi dal contenuto diffamatorio
per cui si procede, con le quali si lamentava il carattere abusivo
del servizio di trasporto di persone a scopo turistico svolto dalla
S.I.N.A., indicata come società destinataria di favori ad personam,
nella circostanza oggettiva che tali frasi erano state scritte, prima
su due cartelli, collocati all’interno dei locali del bar del Sardu, ma
visibili dall’esterno; successivamente su due teli esposti sulla
facciata esterna dell’edificio soprastante il suddetto esercizio
commerciale.
Appare, pertanto, logicamente coerente l’affermazione del giudice
di appello, secondo cui l’imputato avrebbe avuto la possibilità di
rimuovere tali “manifesti” e se non lo fece, ciò dimostra la
paternità delle anzidette frasi al Sardu, che, in tal modo, aveva
inteso reagire al fatto che l’attività del bar veniva danneggiata
dallo stazionamento del bus turistico della S.I.N.A., concesso dal
comune di Cagliari, che lo rendeva meno visibile al pubblico.
Tale logico argomentare, peraltro, elimina qualsiasi dubbio
sull’esistenza dell’elemento soggettivo, insito nella condotta posta
in essere dall’imputato, sulla quale il giudice di secondo grado si

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laddove venga prospettata dal ricorrente, come nel caso in

sofferma specificamente, per cui sul punto l’impugnata sentenza,
complessivamente considerata, può dirsi implicitamente motivata
in maniera adeguata (sulla motivazione implicita della sentenza di
appello cfr. Cass., sez. II, 12/02/2009, n. 8619), posto che, come
affermato da un condivisibile arresto del Supremo Collegio, in

prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca
delle concrete circostanze che abbiano connotato l’azione e delle
quali deve essere verificata l’oggettiva idoneità a cagionare
l’evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati
sia singolarmente sia nella loro coordinazione (cfr. Cass., sez. VI,
6.4.2011, n. 16465, rv. 250007).
L’impugnata sentenza deve ritenersi immune da vizi anche in
relazione alla sussistenza del delitto di diffamazione, con
particolare riferimento alle espressioni la cui paternità è stata con
logico argomentare attribuita al Sardu.
Ed invero, premesso che la reputazione, oggetto della protezione
apprestata dall’art. 595, c.p., tanto ai singoli individui che alle
persone giuridiche (cfr. Cass., sez. V, 16.6.2011, n. 37383; rv.
251517; Cass., sez. V, 21.9.2012, n. 43184, rv. 253773),
consiste non nella considerazione che ciascuno ha di sé o con il
semplice amor proprio, ma con il senso della dignità personale, in
conformità all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare
contesto storico (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 28.2.1995, n.
3247, rv. 201054), non è revocabile in dubbio come sia stato
lesivo del patrimonio professionale e del buon nome commerciale
della S.I.N.A., presentare la suddetta società come beneficiaria di
un privilegio non giustificabile, in considerazione del disfavore con

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tema di dolo, la prova della volontà di commissione del reato è

cui la comunità giudica chi ottiene favori dalla pubblica
amministrazione.
Infondato, infine, appare anche l’ultimo motivo di ricorso, in
quanto la costituzione di parte civile di Gianfranco Stevelli è
avvenuta proprio con riferimento ai fatti descritti nel

ombra di dubbio che il destinatario degli scritti offensivi e titolare
del bene protetto dall’art. 595, c.p., era il suddetto Stivelli, non
come semplice persona fisica, ma in quanto titolare della “S.I.N.A.
Sas di Stevelli Gianfranco”.
6. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in
premessa va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 14.4.2016.

dettagliatissimo capo d’imputazione, dal quale si evince senza

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