Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29228 del 02/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29228 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SURACE LUCA N. IL 15/12/1976
avverso l’ordinanza n. 906/2012 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
latte/sentite le conclusioni del PG Dott. Ce o

J.9,9_

Uditi difensor Avv.;

.

e

,

Data Udienza: 02/07/2013

Ritenuto in fatto.

1.11 6 febbraio 2013 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art.
310 c.p.p., rigettava l’appello proposto da Luca Surace avverso del 28 settembre

cautelare in carcere, avanzata ai sensi dell’art. 275, comma 4, c.p.p. attesa l’asserita
impossibilità assoluta di assistenza della prole di età non superiore a sei anni da
parte della moglie di Surace.
2.11 Tribunale osservava che Surace, pur avendo certificato l’età inferiore a sei
anni della prole convivente da assistere, non aveva adeguatamente dimostrato
l’assoluta impossibilità della madre di assistere i figli, atteso che dalla consulenza
espletata emergeva unicamente una situazione di precarietà e le istanze volitive,
pur risentendo di uno stato di marcata apatia e senso di inutilità insorgente
soprattutto nelle ore serali, era superato da un senso di responsabilità nei confronti
dei figli
3.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Surace, il quale lamenta erronea applicazione della legge
penale, mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione circa la
sussistenza dei presupposti per il mantenimento della custodia cautelare in carcere
alla luce del chiaro disposto dell’art. 275, comma 4, c.p.p. e del mancato
espletamento di una perizia d’ufficio ai sensi dell’art. 299, comma 4 ter, c.p.p.

Osserva in diritto.
Il ricorso non è fondato.
1.11 Collegio, pur consapevole di un diverso indirizzo interpretativo (Sez. 2, n.
6317 del 16 dicembre 1999), ritiene che la previsione di cui all’art. 299, comma 4-

ter, primo periodo, c.p.p., – per la quale in ogni stato e grado del procedimento,
quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di
ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre
condizioni o qualità personali dell’imputato – trova indubbiamente applicazione
anche in sede di appello cautelare ed è estensibile anche al caso in cui l’imputato
1

2012 con la quale era stata rigetta l’istanza di revoca o modifica della custodia

sia genitore di prole di età non superiore a sei anni, la cui madre sia impossibilitata
a prestarvi assistenza per ragioni di salute, in quanto si tratta, comunque, di una
condizione personale di quest’ultimo, rilevante ai fini della sostituzione della
misura cautelare e imposta dalla ratio dell’art. 275, comma 4, c.p.p., preordinata
aalla tutela della salute psicofisica del bambino di rilievo primario e, pertanto,
implicitamente ricompreso nel principio dettato dalla disposizione in esame (Sez.

L’applicazione di tale principio presuppone, peraltro, nella prospettiva di cui
all’art. 275, comma 4, c.p.p. e ai fini dell’operatività del divieto di custodia
cautelare in carcere nei confronti del padre di prole non superiore a sei anni la cui
madre sia impossibilitata a prestarvi assistenza, il fumus di una patologia che, ove
non sufficientemente comprovata, impone al giudice, investito della procedura de
liberiate, di disporre ogni accertamento necessario.
2.Nel caso di specie sia l’atto di appello, introduttivo della procedura
incidentale, che il ricorso per cassazione contengono un generico riferimento ad
asseriti problemi psicologici della madre della prole di età inferiore a sei anni che
non sono stati in alcun modo specificati, non potendosi ritenere esaustivo il
generico richiamo ad una situazione di “malattia palco-fisica, aggravata dall’arresto
del coniuge”, caratterizzata, come sottolinea il provvedimento impugnato sulla base
della disposta consulenza, da un senso “di marcata apatia e senso di inutilità,
soprattutto nelle ore serali”, peraltro superato, “dal senso della responsabilità
assunta nei confronti dei figli”.
Correttamente, quindi, il Tribunale costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p. ha
argomentato che non sia stata nemmeno prospettata una situazione di apprezzabile
fumus dell’impedimento richiesta dalla norma.
In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve
essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’alt 94, comma
I ter, disp. att. c.p.p.

5, n. 41626 del 9 novembre 2007).

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 32
P.Q.M.

10ina, n

9 1116. 2013

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.

Il Consigliere estensore

11 Presidente

Così deciso, in Roma, il 2 luglio 2013

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