Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29225 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29225 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

DAL.%Ge0
CIACCIO =111E1N. IL 24/11/1975
avverso la sentenza n. 6436/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
25/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha
confermato – quanto all’affermazione di responsabilità – la sentenza con la
quale in data 23.9.2013 il Tribunale della stessa città aveva dichiarato
ADALBERTO CIACCIO, in atti generalizzato, colpevole dei reati ascrittigli,
unificati in continuazione; la Corte di appello ha ridotto la pena.

Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.

Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693;
Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n.
256133), del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato: la
Corte di appello, in accoglimento del gravame, ha ridotto la pena; la doglianza
dell’imputato non contiene alcun riferimento specifico e trascura di
considerare che la pena base è stata commisurata tenendo conto del valore
del bene rubato, con aumenti per la continuazione estremamente contenuti, e
comunque determinati tenendo conto «dell’entità del tasso alcolico» e
della «gravità del rifiuto opposto in ordine all’accertamento sugli
stupefacenti», correttamente conformandosi all’orientamento di questa
Corte, per la quale è da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in
ordine alla misura della pena allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di cui
all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante rilievo (Sez. un., sentenza
n. 5519 del 21 aprile 1979, CED Cass. n. 142252), poiché una specifica e
dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, in tutte le sue
componenti, appare necessaria soltanto nel caso in cui la pena sia di gran
lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
risultare sufficienti a dare conto del corretto impiego dei criteri di cui all’art.
133 cod. pen. espressioni del tipo «pena congrua», «pena equa» o
«congruo aumento», come pure il richiamo alla gravità del reato oppure
alla capacità a delinquere (Sez. II, sentenza n. 36245 del 26 giugno 2009,
CED Cass. n. 245596).

lamentando l’eccessività della pena.

Non può porsi in questa sede la questione della declaratoria della
prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in
considerazione della totale inammissibilità del ricorso. La giurisprudenza di
questa Corte ha, infatti, più volte chiarito che l’inammissibilità del ricorso per
cessazione <

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