Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29220 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29220 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BUONCUORE MARIO N. IL 08/09/1960
avverso la sentenza n. 3371/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 27/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha
confermato la sentenza con la quale in data 1.2.2013 il Tribunale di Termini
Imerese – sez. Cefalù aveva dichiarato MARIO BUONCUORE, in atti
generalizzato, colpevole della ricettazione di un telefono cellulare,
condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.

Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

della provenienza furtiva del telefono cellulare ed al necessario dolo, alla
qualificazione giuridica del fatto accertato, ed al trattamento sanzionatorio.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.

Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez.
VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi
con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette,
nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi
rilevabili in questa sede – ha diffusamente motivato le contestate statuizioni
valorizzando, quanto all’affermazione di responsabilità ed alla qualificazione
giuridica del fatto accertato, l’accertata, e mai convincentemente giustificata,
disponibilità del telefonino di provenienza furtiva in oggetto (all’evidenza
acquisita fuori dai canali ordinari e legittimi di circolazione). In tal modo, la
Corte di appello si è correttamente conformata – quanto alla qualificazione
giuridica del fatto accertato – al consolidato orientamento di questa Corte (per
tutte, Sez. II, n. 29198 del 25 maggio 2010, Fontanella, rv. 248265), per il
quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento
soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa o non attendibile
indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente
rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un
acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. II, n. 45256 del 22 novembre 2007,
Lapertosa, rv. 238515), ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale
quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata

deducendo violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla consapevolezza

P

o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice
mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece
connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta
provenienza. Né si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso
delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del
possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad
un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un
tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque

del libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 35535
del 12 luglio – 26 settembre 2007, CED Cass. n. 236914).
E, nel caso di specie, l’acquisto di un telefono cellulare in negozio in alcun
modo identificabile attraverso le dichiarazioni dell’imputato, è certamente
sintomatico del dolo (quanto meno eventuale: Sez. un., sentenza n. 12433 del
26 novembre 2009, dep. 30 marzo 2010, CED Cass. n. 246324) di ricettazione.

E’ stata, pertanto, espressamente esclusa la possibilità di qualificare il
fatto ex art. 712 c.p.

Ai fini del trattamento sanzionatorio, determinato in misura assai prossima
al minimo edittale, è stato infine valorizzato «il lungo periodo di uso del
cellulare di origine furtiva, circostanza che esclude altresì la possibilità di
concedere ogni altro beneficio», correttamente conformandosi al consolidato
orientamento di questa Corte per la quale è da ritenere adempiuto l’obbligo
della motivazione in ordine alla misura della pena allorché sia indicato
l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di
dominante rilievo (Sez. un., sentenza n. 5519 del 21 aprile 1979, CED Cass.
n. 142252), poiché una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla
quantità di pena irrogata, in tutte le sue componenti, appare necessaria
soltanto nel caso in cui la pena sia di gran lunga superiore alla misura media
di quella edittale, potendo altrimenti risultare sufficienti a dare conto del
corretto impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. espressioni del tipo
«pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure
il richiamo alla gravità del reato oppure alla capacità a delinquere (Sez. II,
sentenza n. 36245 del 26 giugno 2009, CED Cass. n. 245596).
Non può porsi in questa sede la questione della declaratoria della
prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in
considerazione della totale inammissibilità del ricorso. La giurisprudenza dì
questa Corte ha, infatti, più volte chiarito che l’inammissibilità del ricorso

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possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi

cessazione <

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