Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29220 del 14/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29220 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Goracci Marco, nato a Perugia il 26/05/1950

avverso la sentenza emessa il 25/09/2014 dalla Corte di appello di Firenze

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giovanni Di Leo, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;
udito per il ricorrente l’Avv. Matteo Del Vescovo, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Marco Goracci ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei suoi confronti, in data

Data Udienza: 14/03/2016

22/06/2011, dal Tribunale di Pistoia; l’imputato risulta essere stato condannato a
pena ritenuta di giustizia in ordine a reati di bancarotta per distrazione, correlati
alla gestione della I.S.T. s.r.I., società dichiarata fallita nel 2004 e della quale
egli era stato sia amministratore di fatto (anche nella veste di socio all’80%, a
partire dal febbraio 2002) che di diritto (tra il settembre e l’ottobre 2002).
Le condotte distrattive, secondo l’assunto accusatorio, avevano riguardato
tre diverse autovetture entrate nella disponibilità della I.S.T. per effetto di un
contratto di leasing, merce acquistata nella fase precedente al fallimento e non

ceduto nel luglio 2002 per 67.000,00 euro (ovvero la somma corrispondente) ed
un furgone.
Con l’odierno ricorso, il Goracci lamenta vizi di motivazione della sentenza
impugnata. Premesso di essere stato prima rappresentante della I.S.T., in
forza di una procura alla gestione del 29/08/2002, quindi amministratore per
appena un mese, a partire dal 19 settembre (il 22 ottobre dello stesso anno le
quote vennero cedute ad una società inglese, con trasferimento della sede in
Gran Bretagna), l’imputato rileva che non risulta provata una sua ingerenza né
con riguardo al periodo precedente, né in quello successivo: i beni poi non
rinvenuti furono infatti acquistati prima dell’investitura del Goracci, e vennero
sottratti dopo la sua uscita di scena. In particolare, l’immobile indicato nel capo
d’imputazione fu alienato nel luglio 2002, e non si vede perché il corrispettivo
dovrebbe essere stato distratto proprio nel breve periodo in cui il ricorrente
rivestì le cariche di cui sopra; il furgone menzionato da ultimo fu invece ceduto
nel marzo 2003, dopo circa cinque mesi da quando il Goracci non era più
amministratore. La merce derivante da pregressi acquisti non venne ritrovata
dagli organi della procedura concorsuale, ma fu sicuramente presente fino al
gennaio 2003, perché sottoposta a sequestro (come documentato in atti),
mentre le auto acquisite in leasing risultavano nel verbale di consegna redatto al
momento della cessione delle quote alla società inglese.
Analoghi vizi, in punto di completezza e logicità dell’impianto motivazionale,
vengono rilevati dalla difesa a proposito della “apodittica affermazione di un
generale disegno criminoso”, basata sul non dimostrato presupposto che la
cessione delle quote e dei beni sociali alla Big Business System ltd. fosse da
intendere fittizia o simulata. Fra l’altro, i giudici di merito non avrebbero tenuto
conto di quanto emerso in altri processi celebrati a carico del Goracci, definiti con
sentenze prodotte dalla difesa: ad esempio, l’imputato era stato assolto
dall’accusa di essersi impossessato di beni detenuti in

leasing dalla I.S.T.,

giacché il mancato pagamento dei canoni si era verificato dopo l’anzidetta
cessione aziendale.

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rinvenuta dal curatore (per alcune centinaia di migliaia di euro), un immobile

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
I giudici di merito, infatti, hanno adeguatamente evidenziato come la
concentrazione delle attività ispirate da un chiaro proposito di frode (in
particolare, gli acquisti sistematici di merci per ingente valore, non solo rimaste

periodo in cui il Goracci si era occupato, formalmente o meno, della società
fallita; significativamente, come si legge a pag. 3 della motivazione della
sentenza oggetto di ricorso, il 21/10/2002 si ebbe l’intervento di personale della
Guardia di Finanza presso un capannone di Bientina, dove «erano presenti
materiali di ogni tipo», con tanto di «presenza sul posto di altri fornitori giunti
per capire cosa stesse succedendo, perché nessuno più rispondeva alle utenze
della I.S.T. s.r.I., e presso la sede dell’azienda non era più presente neanche il

personal computer con i dati amministrativi», malgrado movimenti frenetici di
carico e scarico dei beni del magazzino. Il 21 ottobre, data in cui venne
disposto il sequestro di quanto rinvenuto, non è se non il giorno immediatamente
precedente rispetto alla cessione delle quote alla Big Business System, in uno
con la nomina ad amministratore della I.S.T. di tale Gustavo Parise: soggetto,
questi, che secondo la Corte territoriale – e l’assunto non appare confutato
nell’odierno atto di impugnazione – doveva intendersi una mera testa di legno.
Già il Tribunale di Pistoia, del resto, aveva posto in risalto come gran parte di
quella merce (dallo stato passivo risultavano crediti ammessi per circa
900.000,00 euro, riferibili alle forniture

de quibus) fosse stata «acquistata

proprio in prossimità del trasferimento della società all’estero, ad ulteriore
conferma del carattere strumentale di tale operazione».
Il Goracci, in definitiva, in costanza di quegli acquisti, come pure di atti di
disposizione patrimoniale risoltisi in vere e proprie dismissioni, assurse ad
innegabile dominus nella gestione della società che sarebbe stata dichiarata
fallita, e che operava palesemente in frode ai creditori, sfuggendo a quelli
esistenti ed assumendo nei confronti di altri nuove obbligazioni (con il proposito
di non adempierle). Né quel ruolo venne meno a seguito della cessione,
essendo anzi lo stesso difensore del ricorrente a dare atto che egli rimase
comunque tra i protagonisti della vicenda, in quanto agì quale procuratore della
società inglese cessionaria dell’azienda, vedendosi consegnare appunto in tale
veste i beni già appartenenti alla I.S.T., nel momento del dissequestro
valorizzato in chiave difensiva. Se dunque è vero che i beni risultarono presenti

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innpagate ma financo concentrate in sedi risultate solo apparenti) si verificò nel

presso la fallita anche dopo che il Goracci non ne era più amministratore, è
parimenti innegabile che se ne persero le tracce quando lo stesso imputato trovò
il modo di rientrarne comunque in possesso.
La tesi della difesa è che «l’eventuale, denegata, sottrazione dei beni che il
Goracci possa aver perpetrato dopo l’uscita dalla società, quindi non nella veste
di amministratore della stessa ma quale quísque de populo nel possesso dei beni
per un diverso titolo, non potrebbe integrare il reato contestato, che è reato
proprio. In altri termini, se anche ipotizzassimo, contro il vero, che

l’ex

società, si sia ritrovato nel possesso dei beni un tempo appartenuti alla stessa
società, e che ne abbia disposto in maniera fraudolenta, non per questo potrebbe
rispondere del reato sub art. 216 legge fall., proprio perché avrebbe agito come
amministratore della società fallita o comunque nell’ambito della gestione che ha
condotto alla bancarotta». Le argomentazioni appena richiamate non possono
affatto condividersi: sul piano della logica, quella circostanza prova anzi il
disegno fraudolento perpetrato da chi, amministratore formale o procuratore che
fosse o fosse stato, agiva ancora ed in ogni caso come amministratore di fatto
della I.S.T.; ed è proprio alla luce di tali elementi che l’affermazione di un
generale disegno criminoso perseguito (anche) dal Goracci, compiuta dalla Corte
territoriale, appare tutt’altro che apodittica.

2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 14/03/2016.

amministratore, in ragione di compiti non più riconducibili all’attività della

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