Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29218 del 04/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29218 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CORSARO CARMELA MARIA N. IL 30/05/1964
DEL PERO CARLO N. IL 15/10/1963
PECORARO FRANCO N. IL 26/10/1963
PIRAS ELENA N. IL 09/04/1955
avverso la sentenza n. 376/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
09/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 04/03/2016

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dott.ssa Delia Cardia, ha
concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
il difensore di Pecoraro Franco, avv. Luigi Favino, in sostituzione dell’avv.
Carmelo Moschella, ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
il difensore di Corsaro Carmela Maria e Piras Elena, avv. Fabio Fiduccia, in
sostituzione dell’avv. Sergio Viale, ha concluso chiedendo l’accoglimento del

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 luglio 2011, resa all’esito di rito abbreviato, il Tribunale di
Torino condannava, tra gli altri, Del Pero Carlo, medico chirurgo in servizio
presso la questura di Latina, per i reati di associazione a delinquere finalizzata
alla commissione di una serie indeterminata di delitti di falso in atto pubblico;
falso materiale ed ideologico in certificati medici attestanti l’idoneità fisica per il
rilascio od il rinnovo della patente di guida od il porto d’armi; esercizio abusivo
della professione medica; sostituzione di persona; falso in autorizzazione
amministrativa tramite induzione in errore dei funzionari della motorizzazione
civile e truffa.
Secondo la ricostruzione del giudice di primo grado, Del Pero Carlo si trasferiva
due volta la settimana da Latina a Torino per effettuare visite mediche presso
numerose autoscuole e agenzie di pratiche auto; si faceva coadiuvare da Lubelli
Paolo Marcello, Caruso Luigi e Ventura Stefania (nessuno dei quali era medico)
nel rilascio delle certificazioni e si faceva sostituire nell’effettuazione di visite
mediche reali o simulate, oppure rilasciando direttamente il certificato senza
alcuna visita, allo scopo di percepire indebitamente una parte del prezzo
corrisposto dal privato.
Il Tribunale condannava altresì Piras Elena (capi 55, 56 e 57), Corsaro Carmela
Maria (capo 58) e Pecoraro Franco (capo 120) per i reati di falso materiale ed
ideologico in certificati medici e falso in autorizzazione amministrativa tramite
induzione in errore, commessi in concorso con altri soggetti, tra i quali Del Pero
Carlo.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 9 ottobre 2014, riformava
parzialmente la decisione di primo grado in relazione ad alcuni dei reati scopo,
confermando la condanna di Del Pero per il reato associativo e per la maggior
parte dei reati di falso; confermava integralmente le condanne di Piras Elena e

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ricorso.

Corsaro Carmela Maria; riqualificava i fatti contestati a Pecoraro Franco in quelli
previsti dagli artt. 489 (uso di atto falso) e 48-480 cod. pen. (falsità ideologica
per induzione commessa dal pubblico ufficiale in autorizzazioni amministrative),
rideterminando la relativa pena.
2. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino hanno proposto ricorso
per cassazione i quattro imputati.

ricorso.
3.1 Con il primo motivo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge in
relazione all’affermazione di responsabilità per il reato associativo, poiché la
decisione richiama gli elementi propri del concorso di persone nel reato per
sostenere impropriamente l’esistenza di un’associazione a delinquere. In
particolare si evidenzia la contraddittorietà della motivazione in ordine
all’elemento soggettivo del reato, laddove si consideri l’autonomia operativa di
Lubelli e Caruso, i quali effettuavano visite anche “in proprio”, senza informare
Del Pero: la Corte fa leva infatti su una semplice tolleranza dell’imputato, per
dedurne un rafforzamento del proposito criminoso dei coimputati, in tal modo
evidentemente mettendo in dubbio quella volontà unitaria, stabile e consolidata,
posto a fondamento del reato associativo.
Ulteriore profilo di illogicità viene individuato nel passaggio motivazionale in cui
la prova dell’esistenza dell’associazione viene fondata sul fatto che i coimputati
Lubelli e Caruso abbiano definito la propria posizione con sentenza di
applicazione della pena.
3.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione in relazione
all’affermazione di responsabilità per il reato associativo, poiché una volta esclusi
dal sistema illecito messo in atto da Del Pero, Lubelli e Caruso i titolari delle
scuole guida, con evidente disparità di trattamento, viene meno lo stesso
sistema illecito e dunque il reato associativo.
3.3 Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione al riconoscimento al Del Pero della qualifica di capo e promotore
dell’associazione a delinquere, sulla base semplicemente dei maggiori compensi
da questi percepiti rispetto agli altri.
3.4 Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 84 cod. pen. e vizio di
motivazione in riferimento alle condanne per falso materiale e falso ideologico
per induzione, riguardanti condotte in evidente progressione criminosa, poiché il
reato di falso materiale riguardante il certificato medico è un semplice passaggio

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3. Il difensore di Del Pero Carlo, avv. Paola Savio, ha articolato cinque motivi di

intermedio per conseguire il rilascio dell’autorizzazione alla guida emessa dai
funzionari della motorizzazione civile, per cui le due condotte sono inscindibili sia
sotto il profilo materiale, sia sotto il profilo psicologico.
3.5 Con il quinto motivo si deduce violazione di legge in relazione al mancato
assorbimento del reato di sostituzione di persona in quelli di esercizio abusivo
della professione o di falso materiale. Il ricorrente evidenzia che la sostituzione

dall’esercizio abusivo della professione medica, sia dalla compilazione del
certificato medico falso.
4. Il difensore di Piras Elena e Corsaro Carmela Maria, avv. Sergio Viale, censura
il ragionamento indiziario proposto dalla Corte d’appello, per violazione degli
articoli 192, 530 e 533 cod. proc. pen. e per vizio motivazionale, evidenziando il
travisamento di alcuni fatti certi, dai quali viene dedotta apoditticamente la
prova della responsabilità delle imputate, trascurando sia il carattere episodico
delle condotte, sia, soprattutto, l’assenza di vantaggio economico per alcuno.
4.1 In relazione alla posizione di Corsaro si evidenzia che la donna si è limitata a
chiedere al Lubelli un appuntamento per fissare una visita medica per un suo
amico, a consegnare una fotocopia della patente di guida dell’interessato ed a
ricevere una busta con all’interno il certificato medico all’apparenza falso, per cui
solo travisando l’iniziale “richiesta della visita” come “richiesta di un certificato
falso” poteva affermarsi la sua responsabilità.
4.2 Quanto alla posizione della Piras, analogamente si osserva che
dall’intercettazione del colloquio con il Lubelli emerge solamente una richiesta di
disponibilità di un medico, una consegna di fotocopie della patente ed il ritiro dei
certificati, sicché non poteva darsi per provata la consapevolezza che nessuna
visita medica sarebbe stata effettuata.
5. L’imputato Pecoraro Franco ha articolato tre motivi dì ricorso.
5.1 Con il primo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in relazione all’art. 521 cod. proc. pen., poiché attraverso la
riqualificazione del falso per induzione in uso di atto falso l’imputato è stato in
realtà condannato per un fatto totalmente diverso, che non è stato
correttamente contestato.
5.2 Con il secondo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in relazione al trattamento sanzionatorio, poiché la Corte territoriale
non ha confermato i benefici della sospensione condizionale della pena e della
non menzione della condanna nel casellario giudiziario, in tal modo riformando la

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di persona al momento della falsa visita viene assorbita per ben due volte, sia

decisione di primo grado in senso sfavorevole all’imputato pur in assenza di
impugnazione del pubblico ministero.
5.3 Con il terzo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge
penale in relazione al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto,
poiché anche alla luce della riqualificazione ed in considerazione dell’assenza di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto nell’interesse di Del Pero è inammissibile.
1.1 Con il primo motivo si contesta l’affermazione di responsabilità,
denunciando una confusione, sia sotto il profilo del diritto sostanziale, sia sotto il
profilo motivazionale, dei due istituti del concorso di persone nel reato e
dell’associazione per delinquere, poiché l’esistenza del reato associativo è
fondato esclusivamente sulla commissione di una serie di reati, senza alcuna
prova dei due elementi del pactum sceleris, con riferimento alla commissione di
una serie indeterminata di reati, e della affectio societatis, in relazione alla
consapevolezza del soggetto di inserirsi in un’associazione vietata.
1.2 La doglianza è inammissibile per genericità, poiché a ben vedere il
ricorrente si limita a riproporre il secondo motivo di appello proposto dall’avv.
Savio, ignorando del tutto la risposta fornita dalla Corte territoriale, che ha
innanzi tutto evidenziato l’ammissione specifica dell’imputato in sede cautelare
ed ha sottolineato i ruoli specifici di Del Pero, Caruso e Lubelli; l’assoluta sintonia
di scopi e convergenza di interessi risultante dalle intercettazioni telefoniche; il
consenso, ora espresso, ora tacito, rispetto alle visite curate dai due complici,
risultante dalle intercettazioni telefonich,R; il fatto che Caruso e Lubelli operavano
sotto le direttive dell’imputato, usando il materiale messo a loro disposizione
dall’imputato; il numero impressionante di visite false che con cadenza quasi
quotidiana venivano eseguite. Da tutti questi elementi la Corte ha desunto gli
elementi del delitto associativo e la divisione dei compiti, con l’evidente ruolo
direttivo del Del Pero, titolare della qualifica professionale necessaria per fare le
visite, rilasciare i certificati e inviarli alla MCTC di Roma. Del Piero era poi
proprietario dei “ferri del mestiere” ed in grado di determinare il programma di
lavoro, i rapporti con le autoscuole, il prezzo e le modalità delle visite e la
percentuale dei compensi per ciascun sodale.
D’altra parte è assolutamente pacifico in giurisprudenza (Sez. U, n. 10 del

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precedenti penali il fatto doveva essere dichiarato non punibile.

28/03/2001, Cinalli, Rv. 218376; Sez. 2, n. 47602 del 29/11/2012, Miglionico,
Rv. 254105; Sez. 2, n. 2740 del 19/12/2012 – dep. 18/01/2013, Di Sarlo, Rv.
254233) che se la commissione di reati—scopo non dimostra di per sé i due
elementi del reato associativo, l’attività delittuosa conforme al piano associativo
costituisce un elemento indiziante di grande rilevanza ai fini della dimostrazione
della appartenenza ad essa quando (come nel caso di specie) attraverso le

vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte dimostri la continuità, la
frequenza e l’intensità dei rapporti con gli altri associati (come appunto nel caso
di specie), posto che attraverso tali condotte si manifesta in concreto
l’operatività dell’associazione medesima.
1.3 Analoga sorte merita il terzo motivo, riguardante il ruolo apicale del
ricorrente, che viene invece compiutamente descritto dalla Corte territoriale
(pagina 88 e 92-94 della sentenza impugnata), come sopra già segnalato.
D’altra parte l’autonomia decisionale di Caruso e Lubelli, sulla quale insiste
la difesa, è stata giudicata estremamente limitata e riguardante casi marginali
(appena 3 scuole guida sulle 30 coinvolte).
1.4 n secondo motivo è manifestamente infondato, poiché la scelta della
Procura di non contestare anche ai titolari delle scuole guida il delitto associativo
non è sindacabile dalla difesa e, come spiegato dalla Corte territoriale (pagina
92), è del tutto plausibile escludere tali soggetti dall’adesione al programma
criminale, non avendo ciascuno di essi alcun interesse ai reati commessi dagli
altri titolari di autoscuola.
1.5 II quarto motivo è generico, poiché non si confronta con la motivazione
che censura: la Corte territoriale ha affermato il concorso tra il falso materiale
riguardante il certificato medico e quello ideologico avente ad oggetto la
trasmissione dell’allegato 2 alla MCTC, escludendo l’applicabilità degli istituti
della progressione criminosa e del reato complesso; in particolare ha rilevato che
si tratta di due fatti ontologicamente distinti, commessi materialmente da
soggetti diversi, in luoghi e tempi diversi, con modalità differenti ed effetti
autonomi, giacchè al primo consegue l’abilitazione provvisoria alla guida ed al
secondo il rinnovo della patente. Di conseguenza duplice è anche la lesione dei
beni protetti ed il collegamento teleologico tra i due fatti giustifica solamente
l’applicazione della disciplina dell’art. 81 cod. pen..
A fronte di tale motivazione il ricorrente ripropone in maniera del tutto
assertiva la propria tesi, assumendo l’inidoneità di ciascuna delle due condotte a

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modalità esecutive e altri elementi di prova possa risalirsi all’esistenza del

ledere la fede pubblica in maniera del tutto assertiva.
1.6 D sesto motivo, avente ad oggetto il preteso assorbimento del delitto di
cui all’art. 494 cod. pen. in quello di falso materiale o in quello di esercizio
abusivo della professione medica è manifestamente infondato: quanto a
quest’ultimo non opera la clausola di sussidiarietà dell’art. 494 cod. pen., che
attiene solo ai reati contro la fede pubblica; quanto al concorso tra sostituzione

certificato medico) è evidente la duplicità delle condotte, tanto è vero che
laddove il certificato medico è stato rilasciato senza nemmeno procedere alla
visita, correttamente è stato contestato solamente il falso materiale.
2. I ricorsi proposti nell’interesse di Piras Elena e Corsaro Carmela Maria
sono inammissibili perché versati in fatto.
Infatti i motivi proposti, al di là della rubrica, si risolvono in censure di fatto,
che contrappongono un alternativo apprezzamento alla valutazione operata dei
giudici di merito, finendo con il richiedere alla Corte di legittimità di prendere
posizione tra le diverse letture dei fatti. Anche il dedotto travisamento dei
colloquii tra Corsaro e Lubelli e tra Piras e Lubelli in realtà si risolve in una
richiesta di rivalutazione del contenuto di tali colloqui; sotto questo profilo va
ribadito che la Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni
autonome dalle prove o dalle fonti di prova, poiché in sede di legittimità è
l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti
indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole
della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez.
6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227); di conseguenza anche le
doglianze di travisamento del fatto sono inammissibili, stante la preclusione per
il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6, n. 25255
del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007,
° Casavola, Rv. 238215; Cass. n. 27429/2006, Rv. 234559, Lobriglio);
3. Il ricorso proposto personalmente da Pecoraro Franco è inammissibile per
tardività. Infatti l’impugnazione andava proposta entro il 45° giorno, decorrente
dalla data di notifica dell’estratto contumaciale all’imputato, ai sensi degli artt.
585, comma 2, lettera c) e 548, comma 2, cod. proc. pen., avendo la Corte
indicato (e poi rispettato) il termine di 90 giorni per il deposito della motivazione.
Quindi, a fronte della notifica avvenuta il 27 febbraio 2015, il ricorso andava

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di persona (nella falsa visita medica) e falso materiale (nell’emissione del

presentato entro il 13 aprile 2015; invece esso reca la data del 14 aprile ed è
stato depositato il 15 aprile 2015.
In ogni caso le doglianze sono anche manifestamente infondate, poiché,
quanto alla prima, questa Corte ha sempre escluso il difetto di correlazione tra la
sentenza e l’accusa contestata nel caso in cui l’imputato, al quale sia stata
originariamente contestata la falsificazione materiale di un documento, venga

condotta, quella di uso, che delle condotte di falsificazione costituisce una
progressione criminosa, essendo punibile autonomamente solo se commessa da
chi non abbia partecipato alla falsificazione o comunque per la falsificazione non
sia punibile, per cui l’uso è comunque contestato in fatto, quale elemento
concreto della vicenda criminosa (in termini, Sez. 5, n. 42649 del 14/10/2004,
Barlotti, Rv. 230265; con riferimento ad altri reati di falso, Sez. 5, n. 29869 del
14/06/2011, Diop, Rv. 250414; Sez. 3, n. 24914 del 05/05/2015, Diagne, Rv.
264108); i doppi benefici non sono stati esclusi dal giudice di appello, per cui
devono ritenersi confermati; la richiesta di applicazione dell’articolo 131-bis cod.
pen. è formulata in maniera assolutamente generica, senza indicare le ragioni
per le quali il fatto dovrebbe essere considerato lieve, per cui l’istanza sotto
questo profilo è inammissibile per genericità.
4. In definitiva i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali nonché ciascuno (trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore
della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016
Il consigliere estensore

Il Presidente

invece condannato per uso di atto falso, perchè l’art. 489 cod. pen. prevede una

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