Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29217 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29217 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da

IMPARATO Virginia, nata a Castellammare di Stabia il 21/06/1954,

avverso l’ordinanza in data 29 maggio 2012 del Tribunale di sorveglianza di
Napoli, n. 6959/2011.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Alfredo Pompeo Viola, il quale ha
chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza deliberata il 29 maggio 2012 il Tribunale di sorveglianza di
Napoli ha dichiarato inammissibile la domanda di affidamento in prova al servizio
sociale proposta da Imparato Virginia, detenuta in espiazione della pena di anni
sei di reclusione per il delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al

Data Udienza: 06/06/2013

traffico di sostanze stupefacenti, commesso in Castellammare di Stabia dal
settembre 2002 al maggio 2006.
A sostegno della decisione, dopo aver richiamato la disciplina ostativa ai
benefici penitenziari nei confronti dei condannati per i delitti previsti dall’art.
4bis, comma 1, legge 26/07/1975, n. 354, di ordinamento penitenziario
(abbreviata in Ord. Pen), derogabile solo in caso di prestata collaborazione con la
compiutamente accertati e identificati, o di collaborazione inesigibile per il ruolo
marginale dell’istante tale da non poter apportare alcun significativo contributo
per individuare più elevati livelli di responsabilità, il Tribunale ha ritenuto che la
Imparato, condannata per il delitto associativo finalizzato al narcotraffico,
ostativo all’ammissione ai benefici penitenziari, non avesse indicato elementi utili
a provare l’impossibilità della sua collaborazione con la giustizia, non essendo
sufficiente, al riguardo, l’affermazione che lei stessa e tutti i coimputati fossero
stati condannati sulla base degli elementi (intercettazioni, videoriprese e simili),
acquisiti nel corso delle indagini.
Il Tribunale ha aggiunto che l’esclusione di una condotta di collaborazione
con la giustizia, ovvero di situazioni a questa equivalenti, rendeva ultronea
l’acquisizione di ulteriori informazioni di polizia, richiesta dall’Imparato, circa
l’Inattualità dei suoi collegamenti con i membri del sodalizio camorristico.
L’Imparato, infatti, aveva sostenuto che le informazioni di polizia già
trasmesse tenevano conto soltanto del suo passato criminale e la confondevano
con suo fratello, indicato nella sentenza di condanna come la persona che
avrebbe preso il posto di Vicedomini Antonio, marito della stessa Imparato
divenuto collaboratore di giustizia, nel traffico di droga esercitato nel rione
“Savorito” di Castellammare di Stabia.
2. Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione l’Imparato
personalmente, la quale articola tre motivi.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 47,
4bis e 58ter Ord. Pen. e la mera apparenza della motivazione, per avere il
Tribunale negato l’Impossibilità ovvero l’irrilevanza della sua collaborazione,
prescindendo dalle sentenze di primo e secondo grado richiamanti l’imponente
materiale probatorio, costituito da intercettazioni ambientali, videoriprese,
relazioni ed annotazioni di polizia giudiziaria, sul quale erano state fondate le
condanne di tutti gli imputati, giudicati secondo il rito abbreviato, precisando che
Il giudice aveva perfino respinto la richiesta di integrazione probatoria del
pubblico ministero, finalizzata all’acquisizione delle dichiarazioni di
2

un

giustizia, o di collaborazione impossibile per essere i reati e i rispettivi autori già

collaboratore di giustizia, ritenendo le prove già assunte sufficienti per la
decisione.
2.2. Con Il secondo motivo l’Imparato denuncia l’omessa valutazione della
richiesta difensiva di integrazione istruttoria, a norma dell’art. 665, comma 5,
cod. proc. pen., diretta all’acquisizione di elementi attuali e fattuali circa i suoi
presunti collegamenti con la criminalità organizzata, in violazione del diritto di

mancato approfondimento istruttorio.
2.3. Con il terzo motivo lamenta il travisamento degli elementi probatori,
avendo il Tribunale attribuito all’Imparato la continuazione dell’attività criminale,
nel traffico della droga, già svolta dal proprio marito, Vicedomini Antonio, sulla
base dell’erronea indicazione di tale dato contenuta nella nota informativa della
polizia, mentre la sentenza di condanna aveva individuato il continuatore
dell’attività illecita del Vicedomini nel fratello dell’Imparato e non nell’istante.

3. Il pubblico ministero ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza delle
censure.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso inerente alla violazione di legge e al difetto di
motivazione in punto di collaborazione inesigibile o irrilevante è fondato.
L’ordinanza impugnata afferma apoditticamente l’insufficienza del materiale
probatorio già acquisito (intercettazioni ambientali, videoriprese, relazioni e
informative di polizia) e della collaborazione prestata dal marito della ricorrente,
Vicedomini Antonio, a rendere impossibile o irrilevante la collaborazione
dell’Imparato, senza spiegare tuttavia le ragioni di tale giudizio.
In proposito, fermo l’onere di allegazione degli elementi da cui il condannato
per uno o più delitti ostativi di cosiddetta prima fascia, inclusi nell’elenco di cui al
primo comma dell’art. 4bis Ord. Pen., fa discendere l’affermazione della sua
collaborazione con la giustizia ovvero l’allegazione di impossibilità o irrilevanza di
essa (c.f.r., tra le molte, Sez. 1, n. 10427 del 24/02/2010, deo. 16/03/2010, Rv.
246397), il giudice deve esaminare, nel caso di dedotta collaborazione, gli atti
del procedimento, eventualmente integrandoli coi poteri istruttori di ufficio
riconosciutigli dall’art. 666, comma 5, cod. proc. pen., cui rinvia l’art. 678 dello
stesso codice, per accertare, in concreto, secondo la specifica disposizione di cui
all’art. 58ter, comma 2, Ord. Pen., sentito anche il pubblico ministero presso il
giudice competente per i reati in ordine ai quali si assume la prestata
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difesa e dell’obbligo di motivazione, non sussistendo alcuna giustificazione del

collaborazione, la sussistenza o meno di essa; e, nel caso di addotta ricorrenza
di una condizione equipollente per impossibilità di un’utile collaborazione con la
giustizia, l’accertamento del giudice non può prescindere dall’esame della
sentenza di condanna che accerti la limitata partecipazione dell’istante al fatto
criminoso ovvero dall’esame della sentenza irrevocabile che abbia operato
l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, giusta la disposizione

comma 1, lett a), d.l. 23/02/2009, n. 11, conv., con modificazioni, dalla legge
23/04/2009, n. 38 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), che ha
sostituito l’originario comma 1 dell’art. 4bis con gli attuali commi da 1 a 1quater, in linea con le sentenze della Corte costituzionale n. 357 del 1994 e n. 68
del 1995 sulle cosiddette collaborazioni “irrilevanti”, “inesigibili” o “impossibili”,
assimilate alle collaborazioni effettive come condizioni di ammissibilità del
condannato per delitti ostativi ai benefici penitenziari (v., anche, Sez. U, n. 14
del 30/06/1999, dep. 05/10/1999, Ronga).
La diversità dei moduli istruttori previsti per la collaborazione effettiva e per
quella impossibile, rispettivamente, dall’art. 58ter, comma 2, e 4bis, comma ibis, prima parte, Ord. gen., trova giustificazione nel fatto che, mentre la
collaborazione con la giustizia rileva anche quando sia stata prestata dopo la
condanna, donde l’esigenza di acquisire informazioni non solo rivolte al passato
ma anche attente alle emergenze successive con il coinvolgimento dell’autorità
giudiziaria competente, la situazione equipollente di irrilevanza, inesigibilità o
impossibilità della collaborazione postula fatti già compiutamente accertati per i
quali fanno stato le sentenze irrevocabili ad essi pertinenti.
Nel caso di specie, in cui l’istante ha dedotto l’irrilevanza della sua
collaborazione per essere Il reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del
1990 per il quale è stata condannata già compiutamente accertato, l’omissione,
da parte del Tribunale di sorveglianza, della verifica dell’assunto sulla base delle
pur prodotte sentenze di condanna di primo e secondo grado, essendosi il
collegio limitato ad affermare apoditticamente l’insufficienza degli elementi
addotti dalla ricorrente nella memoria difensiva del 12 marzo 2012, configura la
violazione del tracciato istruttorio previsto dal comma 1-bis dell’art. 4bis Ord.
Pen., e il vizio di motivazione denunciato.
1.2. L’ulteriore censura di mancata richiesta di informazioni integrative alla
polizia, per la migliore specificazione dei dati temporali delle notizie da essa
trasmesse sul conto dell’Imparato, al fine di escludere, nella prospettiva
dell’istante, la concreta attualità dei suoi pretesi collegamenti con la criminalità
organizzata, non configura la dedotta violazione di legge sotto il profilo del
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contenuta nell’art. 4bis, comma 1-bis, prima parte, Ord. Pen., inserito dall’art. 3,

disconoscimento del diritto di difesa, né il lamentato vizio della motivazione,
poiché il diniego è stato ancorato all’esclusa ricorrenza di una situazione di
collaborazione con la giustizia o di altra equipollente, con la conseguenza che,
negato il principale requisito di ammissibilità della domanda, a norma del comma
1 dell’art. 4bis Ord. Pen., diventava superfluo acquisire ulteriori elementi di
valutazione in merito all’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata,

1.3. Il terzo motivo pertinente al travisamento di informazione rilevante
circa la continuazione dell’attività criminosa, già svolta da Vicedomini Antonio,
marito dell’Imparato, da parte di quest’ultima, anziché -come emergerebbe dalla
sentenza di condanna- da parte del fratello della ricorrente e cognato del
Vicedomini, è formulato in termini generici, e, comunque, il dato che sarebbe
stato equivocato non è in necessario contrasto con le informazioni di polizia
(note del Commissariato P.S. di Castellammare di Stabia in data 8/03/2012 e
23/05/2012), valorizzate dal Tribunale, le quali indicano anche nell’Imparato una
epigona del coniuge nella gestione degli affari illeciti.

2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso impone l’annullamento
dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza
di Napoli che, uniformandosi a quanto indicato da questa Corte, procederà, sulla
base della sentenza irrevocabile, alla verifica dell’allegata impossibilità della
ricorrente di un’utile collaborazione con la giustizia, in ottemperanza della
disposizione di cui all’art. 4bis, comma 1-bis, prima parte, Ord. Pen.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Napoli.

Così deciso, in Roma, il 6 giugno 2013.

ai sensi del comma 2 dello stesso art. 4bis.

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