Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29215 del 04/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29215 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOVANNI MASSIMILIANO N. IL 15/03/1972
avverso la sentenza n. 5077/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 12/02/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/03/2016

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dott.ssa Delia Cardia, ha
concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza resa all’esito di giudizio ordinario in data 17 luglio 2009,

così riqualificata l’originaria imputazione di lesioni volontarie gravi, perché, nella
qualità di agente della Polizia di Stato, impegnato nello svolgimento di un
servizio finalizzato ad accertare l’eventuale occupazione abusiva in un locale di
proprietà delle ferrovie dello Stato, cagionava a Fethi Saadaoui lesioni personali,
colpendolo con un coltello al torace, senza assicurarsi che sotto una coperta da
lui tagliata con l’uso dell’arma bianca si trovasse la vittima; l’imputato era altresì
condannato per il reato di falso in atto pubblico, per aver omesso di riferire le
circostanze esatte in cui era avvenuto il ferimento del Saadaoui nella relazione di
servizio redatta sull’episodio.
2. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 12 febbraio 2015,
dichiarava prescritto il reato di lesioni, confermando le statuizione civili in favore
del Saadaoui e la condanna per il reato di falso.
3.

Contro la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore

dell’imputato, avv. Gabriele Bordoni, con atto affidato a tre motivi.
3.1 Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione agli artt.
578 e 129 cod. proc. pen., poichè la conferma delle statuizioni civili per il reato
di lesioni colpose, contestualmente dichiarato prescritto, è stata pronunciata
senza esaminare le doglianze riguardanti l’affermazione di responsabilità,
applicando erroneamente il parametro probatorio previsto dall’articolo 129,
comma 2, cod. proc. pen., utilizzabile solo ai fini penali.
3.2 Con il secondo motivo si deduce carenza di motivazione in riferimento
all’accertamento della colpa, poiché con l’atto d’appello si deduceva l’omessa
valutazione di quanto affermato dal teste Blasi, collega dell’imputato
sovraordinato gerarchicamente, il quale aveva affermato di non aver avuto alcun
dubbio o sospetto che potesse esserci qualcuno avvolto nella coperta. Di
conseguenza doveva essere esclusa la colpa, quanto meno sotto il profilo della
prevedibilità dell’evento.
3.3 Con il terzo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 479
cod. pen., poichè nella relazione di servizio l’imputato non ha tentato di negare il

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il Tribunale di Bologna condannava Di Giovanni Massimiliano per lesioni colpose,

rapporto teologico fra il controllo delle coperte e la ferita alla persona offesa,
tanto che a tale relazione è stato allegato il coltellino utilizzato nel ferimento.
4. Il difensore dell’imputato ha fatto pervenire memoria difensiva, in data 26
febbraio 2016, ribadendo le doglianze proposte con i motivi principali. La
tardività del deposito ne determina l’inammissibilità, poiché il termine di quindici
giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall’art. 611, cod.proc.

procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di
Cassazione dall’obbligo di prendere in esame le stesse (Sez. 1, n. 19925 del
04/04/2014 , Cutrì, Rv. 259618).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
1.1 I primi due motivi sono infondati, poiché la Corte territoriale, pur
richiamando il parametro dell’evidenza di prova (ma non la norma del codice di
rito che la prevede), in realtà poi motiva specificamente sulle ragioni poste alla
base della conferma della responsabilità per il fatto di lesioni, sia pure ai soli fini
civili, esaminando anche la specifica doglianza proposta con l’atto d’appello in
ordine alla prevedibilità dell’evento, alla luce delle dichiarazioni del teste Blasi.
Si richiama infatti, come modello di riferimento, “il poliziotto medio, per
formazione o esperienza, dal quale è lecito aspettarsi una diligenza anche solo
minima … tale da consentirgli di rendersi conto della presenza di un uomo sotto
la coperta” e si indicano le ragioni specifiche per cui tale poliziotto medio, nel
caso concreto, poteva accorgersi di tale presenza: le tracce assolutamente certe
di una presenza umana, rappresentate da indumenti e scarpe; le condizioni
climatiche del mese di marzo, in cui fa ancora molto freddo; l’enorme stato di
confusione e di carenza igienica dei locali; il fatto che sul letto vi fosse solo
quella coperta imbottita, oltre a qualche indumento e un borsone.
1.2 Quanto alle dichiarazioni del teste Blasi, di aver tirato su il letto, senza
notare nulla, queste sono prese espressamente in considerazione dalla sentenza
del Tribunale, nella quale si evidenzia da una parte che ciò era incompatibile con
l’ignoranza della presenza di qualcuno (dato il peso che la p.o. doveva esercitare
sulla rete) e dall’altro che non è dato sapere se l’imputato si sia accorto dello
sforzo fatto dal Blasi nell’alzare il letto.
1.3 In via generale va infatti ricordato in casi come quello presente, in cui i

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pen. relativamente al procedimento in camera di consiglio, è applicabile anche ai

giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi
logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione
degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del
16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano
Di Giunno, Rv. 260303) la motivazione della sentenza di primo grado si fonda

occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione (Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n.
5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181) Ebbene il tribu
1.4 D’altra parte, sempre in punto di diritto, va precisato che in tema di
delitti colposi, per verificare la sussistenza dell’elemento soggettivo, occorre
accertare, con valutazione ex ante, la prevedibilità dell’evento, giacché non può
essere addebitato all’agente modello di non avere previsto un evento che, in
base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva
prevedere (Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006 – dep. 06/02/2007, Bartalini, Rv.
235659); in altri termini la prevedibilità altro non significa che porsi il problema
delle conseguenze di una condotta commissiva od omissiva avendo presente il
modello dell’homo eiusdem condicionis et professionis, ossia il modello dell’uomo
che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa
l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che
l’operatore si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta
(Sez. 4, n. 35309 del 25/06/2013, Baracchi, Rv. 255956).
Tale agente modello non si identifica con il collega superiore in grado
dell’ag. scelto di Polizia Di Giovanni, ma appunto con un modello ideale, per cui,
anche a credere alla ricostruzione dell’imputato, ancora riproposta in ricorso,
secondo la quale anche il vice sov.te Blasi non si accorse della presenza di un
uomo tra le coperte, è del tutto evidente che la concorrente colpa del Blasi non
può escludere quella dell’imputato, il quale comunque è l’autore materiale del
fatto.
2. Quanto al terzo motivo, le doglianze proposte dal ricorrente sono
generiche e manifestamente infondate.
La decisione impugnata da atto del fatto che la relazione di servizio,
analiticamente esaminata, omette di riferire la circostanza fondamentale, cioè
che – sia pure involontariamente – il Di Giovanni ferì Fethi Saadaoui con un
coltello, cercando di accreditare un infortunio avente causa diversa e magari

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quella di appello, confluendo in un risultato organico e inscindibile al quale

precedente; a fronte di tale dato centrale il ricorrente si limita a reiterare la
propria tesi difensiva, già inutilmente proposta in sede di appello, secondo la
quale l’imputato avrebbe palesato il nesso eziologico tra il controllo delle coperte
ed il ferimento del Fethi, sia pure con qualche “lacuna espressiva del tutto
giustificabile e ricedente su aspetti non rilevanti”, denunciando altresì in modo
aspecifico un travisamento di prove non altrimenti precisato.

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016
Il consigliere estensore

3. In conclusione il ricorso dell’imputato va rigettato, con condanna del

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