Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29214 del 04/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29214 Anno 2016
Presidente: ZAZA CARLO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRAMUTO SALVATORE N. IL 21/03/1978
avverso la sentenza n. 1027/2014 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 05/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 04/03/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Delia CARDIA, ha concluso chiedendo
la declaratoria di inammissibilità del ricorso
Per l’imputato, l’avv. Maurizio DI MARCO ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 5 maggio 2015 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la
sentenza, emessa all’esito di giudizio abbreviato, del giudice monocratico del Tribunale della
stessa città, con la quale Salvatore TRAMUTO era stato condannato per il reato di cui all’art.
474 comma 2 cod. pen. per avere posto in vendita prodotti con marchi contraffatti (fatto

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore avv.
Maurizio Di Marco.
2.1. In primo luogo il ricorrente ha formulato istanza di applicazione della causa di
esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen., tenuto conto “della non pericolosità della
condotta, della tenuità del danno riconosciuta previa applicazione della pena nei minimi di
legge”.
2.2. In secondo luogo il ricorrente ha dedotto che mancherebbe la prova della
appartenenza della merce sequestrata all’imputato, non potendo tale circostanza desumersi
dalle dichiarazioni dello stesso contenute nel verbale di sequestro, inutilizzabili perché acquisite
in violazione degli artt. 63 e 64 cod. proc. pen.
2.3. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che la Corte territoriale, partendo
dall’assunto che il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. è reato di pericolo, ha dato per scontato
un accertamento sulla corrispondenza dei marchi contraffatti in sequestro con quelli registrati.
3. In data 6 febbraio 2016 è pervenuta memoria contenente motivi aggiunti.
Il ricorrente reitera l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall’imputato nel
verbale di sequestro, sebbene il giudizio sia stato definito con rito abbreviato.
Richiama quindi i contrasti giurisprudenziali in materia e richiede la rimessione della questione
alle Sezioni Unite di questa Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Le doglianze dedotte in questa sede reiterano pedissequamente quelle già proposte con i
motivi di appello avverso la sentenza di primo grado; e l’esame della sentenza impugnata
consente di ritenere che su di esse sia stata fornita adeguata, congrua e logica risposta in
motivazione.
Va ricordato in proposito che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica
argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza con la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
2. Va ulteriormente precisato, con riferimento alle deduzioni in fatto svolte dal ricorrente e
relative alla diversa ricostruzione della vicenda, che a questa Corte non possono essere
2

accertato in data 16 agosto 2012).

sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del nuovo testo dell’art. 606,
lettera e), cod. proc. pen.; la modifica normativa di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46 lascia
infatti inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere
solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito.
Tanto premesso, occorre rilevare che il ricorrente si è limitato a censurare la sentenza
impugnata che avrebbe ritenuto sussistente la sua responsabilità sulla base di erronea
valutazione delle prove.

motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche con riferimento
alla valutazione delle risultanze processuali dalle quali emerge la responsabilità dell’imputato
per il reato ascrittogli
Né si rilevano vizi di travisamento della prova, non potendo peraltro trascurarsi che la
sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado, sicché vanno evocati i principi
secondo i quali, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una “doppia
pronuncia conforme”, l’eventuale vizio di travisamento può essere rilevato solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione
del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi e altro, Rv.
258438).

3.

In ordine alla questione della inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal TRAMUTO

nell’immediatezza dei fatti, va sottolineato che si è proceduto nei suoi confronti con il rito
abbreviato.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di
prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia
giudiziaria, perchè l’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen. ne limita l’inutilizzabilità
esclusivamente al dibattimento (Sez. 5, n. 44829 del 12/06/2014, Fabbri e altro, Rv. 262192;
massime precedenti conformi: n. 37374 del 2003 Rv. 227037; n. 29138 del 2004 Rv. 229457;
n. 44637 del 2004 Rv. 230754; n. 40050 del 2008 Rv. 241554; n. 18064 del 2010 Rv.
246865; n. 8675 del 2011 Rv. 252279; n. 6346 del 2014 Rv. 258961)
Non ignora questo Collegio che una minoritaria giurisprudenza ha sostenuto che “nel giudizio
abbreviato sono inutilizzabili le dichiarazioni rese da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere
sentito come persona indagata, ancorché siano state rese spontaneamente” (Sez. 3, n. 36596
del 07/06/2012, Osmanovic, Rv. 253574). Secondo tale orientamento la disposizione dell’art.
350 cod. proc. pen., alla luce del collegamento sistematico con l’art. 62 cod.proc.pen. e art. 63
comma 2 cod. proc. pen., assumerebbe carattere eccezionale e dovrebbe essere interpretata
restrittivamente; sicché potrebbe “trovare applicazione soltanto per le dichiarazioni rese
dall’indagato sul luogo e nella immediatezza del fatto”, con la conseguenza che le spontanee
dichiarazioni rese altrimenti dall’indagato, in carenza delle guarentigie difensive, sarebbero

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Orbene, va ribadito che l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la

inficiate dalla inutilizzabilità c.d. assoluta ovvero patologica, restando, così, escluse dal
compendio probatorio anche nei riti alternativi e, in particolare, nel giudizio abbreviato.
Tale conclusione però non appare affatto condivisibile, alla luce del chiaro disposto dell’art. 350
comma settimo cod. proc. pen., che limita l’inutilizzabilità al dibattimento.
Va detto, peraltro, che nel caso in esame l’affermazione della responsabilità dell’imputato è
basata sugli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria, la cui oggettività prescinde dalle
dichiarazioni rese dal TRAMUTO nella immediatezza dei fatti.

comportamento del TRAMUTO durante gli accertamenti e, in particolare, la circostanza che,
“invitato a mostrare la merce esposta mediante la rimozione dei teli che la coprivano, lo stesso
si apprestava immediatamente a rimuoverli permettendo ai militari di visionare la natura della
stessa” (verbale di sequestro del 16 agosto 2012, sottoscritto dal TRAMUTO).
Quindi, il TRAMUTO ha agito dando atto di avere la disponibilità della merce contraffatta,
peraltro esposta su una bancarella posta nella pubblica via e, quindi, certamente destinata alla
vendita.
4. Manifestamente infondata è pure la doglianza con la quale il ricorrente lamenta la carenza di
accertamenti sulla capacità ingannatoria dei marchi riportati sui beni sequestrati.
In proposito è utile ribadire che integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per
la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della
contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e
diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come
affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i
prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si
tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione
dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della
contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti
siano tratti in inganno (Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013, Faje, Rv. 258722; Sez. 2, n. 20944
del 04/05/2012, P.G. in proc. Diasse, Rv. 252836).
5. Non può essere accolta la richiesta finalizzata alla applicazione dell’art. 131 bis cod. pen..
Invero, l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare l’esclusione della punibilità, prevista dall’art. 131-bis cod.
pen., pur trattandosi di “ius superveniens” più favorevole al ricorrente. (Sez. F, n. 40152 del
18/08/2015, Vece, Rv. 264573; in tal senso si veda anche la recente sentenza delle Sezioni
Unite, n. 13682/16, del 25 febbraio 2016, ric. Coccimiglio).
Va peraltro detto che l’applicabilità della suddetta disposizione va esclusa nel caso concreto,
giacché i giudici di merito, argomentando sul trattamento sanzionatorio, hanno precisato che
“la pena inflitta ….può considerarsi congrua, per l’entità non lieve del fatto, considerata la
quantità della merce esposta per la vendita, e la personalità negativa del prevenuto, che ha gi
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Invero, così come evidenziato dai giudici di merito, la polizia giudiziaria ha descritto il

riportato due condanne per reati della stessa specie commessi anteriormente a quello oggetto
d’esame” (pag. 4 della sentenza di appello).
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, in ragione
delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

i,

processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

I

• ssizgiliem
a reestensore
i
,

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016

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