Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29211 del 24/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29211 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SATRIANO RINO N. IL 14/01/1968
avverso la sentenza n. 3269/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
13/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 24/03/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Genova ha
confermato la sentenza con la quale in data 16.10.2012 il Tribunale della stessa
città aveva dichiarato RINO SATRIANO, in atti generalizzato, colpevole della
ricettazione di un assegno di provenienza furtiva, con la recidiva specifica
infraquinquennale, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

alla mancata qualificazione del fatto ex artt. 712 o 648, comma 2, c.p., ed al
trattamento sanzionatorio.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso
come da dispositivo in atti.
Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez.
VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo, e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi
con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette,
nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi
rilevabili in questa sede – ha motivato l’affermazione di responsabilità e la
qualificazione giuridica del fatto valorizzando l’accertata, e mai
convincentemente giustificata, disponibilità del titolo di provenienza furtiva in
oggetto (all’evidenza acquisita fuori dai canali ordinari e legittimi di
circolazione). In tal modo, la Corte di appello si è correttamente conformata quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato
orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25 maggio 2010,
Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai fini della configurabilità del reato di
ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla
base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. IL n.
45256 del 22 novembre 2007, Lapertosa, rv. 238515), ricorre il dolo di
ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente
accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di ille

deducendo vizio di motivazione quanto alla carenza dell’elemento soggettivo,

provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel
verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi
contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede
all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di
fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose
medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di
allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di
prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano

libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 35535 del
12 luglio – 26 settembre 2007, CED Cass. n. 236914). Si è anche, più
specificamente, chiarito (da ultimo, Sez. II, n. 22120 del 7 febbraio 2013,
Mercuri, rv. 255929), che chi riceva od acquisti un assegno bancario al di fuori
delle regole che ne disciplinano la circolazione è necessariamente consapevole
della sua provenienza illecita; peraltro, il titolo

de quo era di importo

certamente non trascurabile (500 euro), tale da non lasciar ritenere che esso
possa essere stato accettato e/o negoziato con disinteresse e superficialità.
La Corte di appello ha, inoltre, correttamente valorizzato l’importo del titolo
ed i negativi precedenti penali, anche specifici, dell’imputato, per negare che
ricorresse un’ipotesi di ricettazione lieve e per determinare in concreto il
trattamento sanzionatorio.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che il ricorso è stato proposto
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
euro mille in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 24 marzo 2015

Comp dnente estensore____

Il Preside

essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del

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