Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29206 del 01/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29206 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
HILMI MUSTAPHA, nato in Tunisia, il 28.12.1977 ;
avverso la sentenza n. 9/2013 del Tribunale di Castrovillari del 14.7.2015 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Stefano Tocci
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ;
udito per la parte civile l’Avv. Grazia Fiermonte, in sostituzione dell’Avv. Tommaso Caliciuri,
che ha concluso associandosi alle conclusioni del P.g. e depositando conclusioni e note spese ;
udito per l’imputato l’Avv. Roberto Villani, in sostituzione dell’Avv. Francesco Ettore Zaganese,
che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ;

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Castrovillari ha confermato la condanna emessa
dal Giudice di Pace di Rossano per il reato di cui all’art. 612 cod. pen..
1.1 Avverso la sentenza ricorre l’imputato per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa ad un unico motivo di doglianza variamente articolato.
1.2 II ricorso proposto nell’interesse dell’imputato deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b e c, cod.
proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione. Rileva più in particolare il ricorrente che il
giudice di appello non aveva fatto buon governo delle regole dettate dalla giurisprudenza di
legittimità in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa costituita parte
civile, avendo omesso di valutare il profilo dell’attendibilità intrinseca delle dette dichiarazioni
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Data Udienza: 01/03/2016

ed avendo peraltro non correttamente valutato il profilo dell’attendibilità estrinseca ; che
quanto riferito dalla persona offesa non era credibile in quanto il giorno dei fatti si era limitato
ad accedere al terreno acquistato pochi giorni prima dalla suocera della parte civile e, dopo
aver richiesto inutilmente il rilascio del fondo, era stato costretto ad allontanarsi ; che, al
contrario, in quel frangente era stato il Papasidero Vincenzo ad assumere un atteggiamento
ostile ed ostruzionistico ; che peraltro la motivazione impugnata era erronea avendo il giudice
di appello ritenuto che la sua reazione verbale era illegittima in relazione al legittimo possesso

coltivatore dello stesso, mentre era emerso pacificamente – anche nella sentenza impugnata che il Papasidero Vincenzo era a conoscenza dell’intervenuto trasferimento di proprietà del
terreno in suo favore ; che, peraltro, la persona offesa era caduta in evidenti contraddizioni
nelle dichiarazioni rese in sede dibattimentale avendo riferito di essere proprietario del fondo,
mentre la proprietà era della suocera ed avendo altresì precisato che l’aggressione subita era
stata solo verbale mentre il teste Papasidero Giuseppe aveva diversamente riferito sul punto ;
che invece era più credibile, in quanto esente da contraddizioni, la versione dei fatti riferita dai
testi indotti dalla sua difesa, e cioè i testi Casacchia e Felicetti che avevano sì riferito di un
litigio con la persona offesa senza che però quest’ultima subisse intimidazioni e minacce.
1.3 Deduce infine la parte ricorrente l’applicabilità in suo favore dell’istituto di nuovo conio di
cui all’art. 131 bis c.p.p., essendo lo stesso entrato in vigore dopo la sentenza impugnata e
ricorrendone tutti i presupposti applicativi in ragione della tenuità del fatto contestato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile.
2.1 Sul punto, occorre in primo luogo chiarire l’ambito di cognizione del giudice di legittimità in
riferimento alle doglianze sollevate dalla parte ricorrente.
2.2 Giova in primo luogo ricordare che, in relazione al contenuto della doglianza, la Corte di
legittimità non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della
decisione di merito. La valutazione di questi elementi è riservata in via esclusiva al giudice di
merito e non rappresenta vizio di legittimità la semplice prospettazione, da parte del
ricorrente, di una diversa valutazione delle prove acquisite, ritenuta più adeguata. Ciò vale, in
particolar modo, per la valutazione delle prove poste a fondamento della decisione. Ed infatti,
nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non può stabile se la
decisione del giudice di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne
la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il
senso comune e con i limiti di una “plausibile opinabilità di apprezzamento”. Ciò in quanto l’art.
606 comma 1, lett. e, c.p.p. non consente al giudice di legittimità una diversa lettura dei dati
processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di
cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali.
Piuttosto è consentito solo l’apprezzamento sulla logicità della motivazione, sulla base della
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del fondo da parte della persona offesa che ne aveva la disponibilità da diverso tempo quale

lettura del testo del provvedimento impugnato. Detto altrimenti, l’illogicità della motivazione,
censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di
spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla
Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un
logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione
alle acquisizioni processuali.

vizio motivazionale in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, voglia
invece sollecitare una nuova valutazione sul contenuto della prova dichiarativa già scrutinata
dai giudici di merito, operazione quest’ultima non consentita in questo giudizio di legittimità i
cui limiti di cognizione sono stati già sopra ricordati.
In ordine pertanto alla richiesta di rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rese dalla
persona offesa questa Corte non può che opporre una pronunzia di irricevibilità della relativa
doglianza.
Ma non è rinvenibile nel tessuto argomentativo della motivazione neanche l’allegato vizio
motivazionale, atteso che il Tribunale impugnato ha evidenziato sia il profilo di credibilità
intrinseca della testimonianza resa dalla costituita parte civile che quello della credibilità
estrinseca, evidenziando, sotto quest’ultimo peculiare profilo, che le dichiarazioni rese dalla
persona offesa avevano trovato riscontro nella testimonianza del Papasidero Giuseppe e non
erano neanche smentite dalle dichiarazioni rese dagli stessi testi indotti dalla difesa
dell’imputato.
2.4 Per le medesime ragioni non è neanche rintracciabile la lamentata violazione di legge in
relazione al disposto di cui all’art. 192 c.p.p. per l’asserita non corretta valutazione delle
dichiarazioni della persona offesa.
Sul punto, giova ricordare che le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non
si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente
poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante
e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (
Cass., Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 – dep. 24/10/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214). A
tal fine è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la
formazione del suo convincimento, consentendo così l’individuazione dell’iter logico-giuridico
che ha condotto alla soluzione adottata; mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una
specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla
motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l’esplicita confutazione
delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei
fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida
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2.3 Ciò detto, osserva subito la Corte come in realtà la parte ricorrente, allegando un asserito

alternativa ( Cass., Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 – dep. 14/01/2015, Pirajno e altro, Rv.
261730).
Ne discende che le doglianze sollevate sul punto dalla parte ricorrente in ordine al profilo della
non sussistenza di adeguati “riscontri esterni” alle dichiarazioni rese dalla parte civile, oltre ad
essere state formulate in modo inammissibile per le ragioni sopra evidenziate, si pongono in
evidente contrasto con i principi affermati da questa Corte in tema di valutazione di tale
tipologia di prova dichiarativa.

Corte non può non rilevare, anche qui, l’inammissibilità del relativo profilo di doglianza.
3.1 Occorre anche qui ribadire, ancora una volta, che è inammissibile il ricorso per cassazione
che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad
una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle
modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della
interpretazione che ne è stata fornita ( Cass., Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012 – dep.
16/11/2012, P.M. in proc. Aprovitola ). Ed invero, a tale scopo, una volta indicati gli elementi
rilevanti, la motivazione “di merito” deve chiarire per qual ragione e sulla base di quali
elementi, sia stata elaborata o condivisa una determinata ipotesi ricostruttiva e, se del caso,
per qual ragione ne siano state scartate altre. Ed è su tale “prodotto dell’ingegno” che va
sollecitato il sindacato del giudice di legittimità, non certo sul puro e semplice “materiale
probatorio” o indiziario raccolto e valutato. Ciò anche, per la nota ragione, in base alla quale
non esiste una prova che possa esser valutata disgiuntamente dalle altre, come avulsa
dall’intero quadro ricostruttivo, di talché la corte di cassazione mai potrebbe pronunziarsi su di
essa, ma solo, come anticipato, sui criteri interpretativi e sulle deduzioni logiche che dai
predetti dati sono stati tratti nella fase del merito.
In sintesi, quel che alla corte deve esser chiesto, se si ipotizza un vizio dell’apparato
motivazionale, è un mero giudizio di congruità logica sulla interpretazione che del materiale
probatorio e indiziarlo è stata effettuata dai giudicanti; solo nei limiti – è il caso di ribadirlo – in
cui la riproduzione di detto materiale è funzionale al vaglio di logicità, ne è consentita
l’allegazione al ricorso, ovvero la trascrizione all’interno dello stesso.
Conseguentemente, offrire al giudice di legittimità alcuni frammenti probatori o indiziari e
pretendere che su di essi la corte di legittimità esprima un giudizio comporta un profondo
fraintendimento del ruolo e dei poteri della corte stessa. Invero, la motivazione di un
provvedimento dovrebbe essere aggredita esclusivamente sotto il triplice profilo della
completezza, della logicità e della aderenza del ragionamento ai dati fattuali.
3.2 Ciò posto, l’allegazione di una ricostruzione “alternativa” dei fatti di causa attraverso
l’allegazione – neanche integrale, peraltro – delle diverse dichiarazioni rese dai testi indotti
dalla difesa del ricorrente rappresenta un modo inammissibile di prospettare doglianze di
merito in ordine alla valutazione del contenuto della prova.

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3. Quanto, poi, all’allegata diversa versione dei fatti riferita dai testi Felicetti e Casacchia, la

4. Da ultimo, va evidenziato, tornando ad un profilo di doglianza più attinente alla tenuta
logica-argomentativa della motivazione impugnata, che anche le asserite incongruenze
lamentate dalla parte ricorrente hanno avuto un’adeguata risposta motivazionale, atteso che,
per un verso, la circostanza che Papasidero avesse dichiarato di essere proprietario del fondo
acquistato dall’imputato è stato coerentemente spiegato con il fatto che il primo coltivava il
terreno da oltre trent’anni e che, per altro verso, anche la diversità di ricostruzione
dell’accaduto da parte del Papasidero Giuseppe era stata spiegata sulla base di una evidente

alla persona offesa.
5. La declaratoria di inammissibilità del ricorso rende non ricevibile anche la ulteriore richiesta
di applicazione al caso di specie dell’istituto previsto e regolato dall’art. 131 bis c.p..
6. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento,
in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro
1000.
In base al principio della soccombenza, l’imputato deve essere condannato, alla rifusione delle
spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende, nonché al rimborso delle
spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi euro millecinquecento ( 1500 ),
oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 1.3.2015

diversità di percezione soggettiva della tipologia di aggressione che l’imputato voleva sferrare

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