Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29205 del 16/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29205 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ACCIAIERIE VALBRUNA S.P.A.
nei confronti di:
RAHUL JETRENDA SURI N. IL 14/06/1972
inoltre:
NEERAJ RAJA KOCHHAR N. IL 16/09/1958
RAHUL JETRENDA SURI N. IL 14/06/1972
avverso la sentenza n. 2577/2014 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
08/04/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. A . 5
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che ha concluso per 1′
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Data Udienza: 16/02/2016

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Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza del 06/03/2014 il Tribunale di Vicenza ha affermato la

responsabilità di Rahul Itrenda Suri, in relazione ai reati di cui agli artt. 61, n. 7,
110, 623 e 622 cod. pen., quali rispettivamente contestati nei capi di
imputazione 1 e 2 e integrati dalle contestazioni suppletive operate all’udienza
del 23/05/2012. Secondo l’ipotesi accusatoria il Suri, nella veste di direttore
generale dell’acciaieria indiana Viraj Profiles Limited (d’ora innanzi, Viraj), aveva
istigato Giancarlo Zausa, all’epoca dipendente della società concorrente

protette dal segreto industriale, sia notizie e dati aventi ad oggetto aspetti
riservati dell’attività commerciale della società presso la quale lavorava.
Da tali premesse era conseguita la condanna dell’imputato alla pena di giustizia
e, in solido con la società Viraj, quale responsabile civile, al risarcimento dei
danni in favore della parte civile costituita, la citata Valbruna, con pagamento di
una provvisionale di dieci milioni di euro.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza datata 08/04/2015, ritenuto che le
singole rivelazioni di segreti configurassero distinti reati legati tra loro dal vincolo
della continuazione e che le dichiarazioni dello Zausa non avessero trovato
riscontro quanto alle violazioni di segreti professionali commesse
successivamente al 25/07/2008 e sino alla metà del 2010, in parziale riforma
della decisione di primo grado: a) ha assolto il Suri limitatamente a questi ultimi
episodi, perché il fatto non sussiste: b) ha dichiarato non doversi procedere, in
relazione ai restanti reati contestatigli, ad esclusione dei fatti commessi il
25/07/2008; c) ha rideterminato la pena; d) ha ridotto la riconosciuta
provvisionale ad euro 500.000,00.
2.

Sono stati proposti distinti ricorsi nell’interesse dell’imputato, della

responsabile civile e della parte civile.
3. Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato è affidato ai seguenti motivi.
3.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione alla disattesa richiesta di annullamento della sentenza di primo grado
per violazione dell’art. 522 cod. pen.
Il ricorrente rileva che la scelta del giudice di primo grado di ravvisare nei plurimi
episodi di rivelazione di segreti, legati dal vincolo della continuazione, alla
stregua del capo di imputazione, un unico reato ad esecuzione ripartita, lungi dal
risolversi in una mera operazione qualificatoria, aveva comportato una condanna
per un fatto diverso da quelle contestato. La Corte territoriale, in tale contesto,
invece di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, con trasmissione
degli atti al Tribunale, alla stregua dell’art. 604 cod. proc. pen., aveva deciso nel
merito, sia pure recependo le doglianze dell’imputato.
1

Acciaierie Valbruna s.p.a. (d’ora innanzi, Valbruna), a fornire sia informazioni

3.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
rilevando che, con riguardo ai fatti contestati dal pubblico ministero all’udienza
del 23/05/2012, difettava la condizione di procedibilità, in quanto, a tale
contestazione, discendente dalle dichiarazioni rese nel processo dal coimputato
Zausa, alla presenza del legale rappresentante della persona offesa, aveva fatto
seguito non una nuova querela, da proporsi entro il termine del 23/08/2012, ma
una mera estensione, in data 04/07/2012, della costituzione di parte civile. Solo
in data 21/09/2012 era stata presentata una querela, la quale rivelava come,

risarcitoria non valesse ad esprimere una volontà di punizione, che, in effetti,
non era dato riscontrare nel suo contenuto. Conferma di tale conclusione si
traeva dal fatto che, nelle note presentate per l’udienza del 23/03/2015 dinanzi
alla Corte d’appello, il difensore della parte civile aveva sostenuto la tempestività
della querela del 21/09/2012 valorizzando l’argomento – peraltro disatteso dalla
Corte territoriale -, secondo il quale il termine di tre mesi di cui all’art. 124 cod.
pen. avrebbe preso a decorrere non dall’udienza del 23/05/2012, ma dal
momento della lettura del verbale trascritto dell’udienza stessa.
3.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
rilevando che la Corte d’appello aveva omesso di pronunciarsi sulla eccepita
nullità verificatasi in occasione della contestazione suppletiva, dal momento che
l’azione penale era stata esercitata in assenza della condizione di procedibilità.
3.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione all’omessa considerazione delle doglianze espresse con l’atto di appello,
con le quali si denunciava l’erronea applicazione della disciplina in materia di
prescrizione, per avere la Corte d’appello trascurato di considerare che una
significativa parte dei fatti contestati all’udienza del 23/05/2012 (ossia quelli
commessi, secondo il capo di imputazione, sul finire del 2006), in difetto di atti
interruttivi antecedenti alla sentenza di primo grado si erano estinti per
prescrizione, con il decorso del termine di sei anni, prima di tale provvedimento,
con la conseguenza che non potevano essere assunte decisioni in materia
civilistica.
3.5. Con il quinto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
con riferimento alla ritenuta sussistenza della giurisdizione italiana, in relazione
alla condotte contestate suppletivamente all’udienza del 23/05/2012.
Rileva il ricorrente che la Corte territoriale, oltre ad applicare l’art. 6 cod. pen.,
anziché l’art. 10, non aveva tratto le logiche conclusioni dalla pur ritenuta
autonomia dei singoli episodi, laddove era invece evidente che le contestate
condotte di consegna dei supporti informatici avvenute ad Amsterdam e Mumbai
avevano comportato la consumazione all’estero dei reati.
2

secondo la stessa persona offesa, il precedente atto di estensione della pretesa

3.6. Con il sesto motivo si lamentano vizi motivazionali, in relazione alla ritenuta
affermazione di responsabilità, rilevando: a) che la Corte territoriale aveva
operato un generico riferimento ai riscontri ravvisati alle dichiarazioni accusatorie
dello Zausa; b) che nessun rilievo poteva essere attribuito al fatto che
quest’ultimo, per effetto delle dichiarazioni rese, si fosse esposto ad un nuovo
procedimento penale; c) che il Suri si era difeso sia con una dichiarazione scritta
sia con la richiesta di sentire i testimoni indicati.
In definitiva, il ricorrente osserva che la sentenza impugnata ha sostanzialmente

delle e-mail oggetto di contestazione a trasferire segreti professionali o
industriali o, con riferimento ai reati di cui al capo 2), quanto alla stessa
provenienza dallo Zausa delle e-mail, o ancora, quanto all’inaffidabilità del
dichiarante e alla ritenuta inattendibilità dei testimoni della difesa.
3.7. Con il settimo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
in relazione alla condanna risarcitoria e alle quantificazione della provvisionale,
per avere la Corte territoriale omesso di confrontarsi con gli argomenti tecnici
spesi dalle parti in ordine alla sussistenza e alla liquidazione del danno.
3.8. Con l’ottavo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione alla mancata assunzione di prove decisive a discarico, quali
l’escussione dei testi a difesa e l’analisi del contenuto e delle caratteristiche
tecniche dei supporti informativi, prove ritenute irrilevanti senza che la Corte
territoriale si fosse curata di indicare in cosa consisteva l’ampio quadro
probatorio idoneo a sorreggere l’affermazione di responsabilità del ricorrente.
3.9. Con il nono motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione al rigetto, da parte della Corte d’appello, della richiesta di traduzione
della documentazione scritta in lingua straniera, acquisita dal Tribunale, e, in
particolare, del report depositato dal consulente della difesa, che evidenziava
quale fosse la strategia di crescita suggerita dalla società di Markus Moll a Viraj e
come, in ultima analisi, la lista dei clienti asseritamente consegnata dallo Zausa
non fosse in grado di aggiungere nulla a quanto emergeva da tale documento.
3.10. È stata depositata memoria nell’interesse del Suri.
4. Il ricorso proposto nell’interesse della Viraj è affidato ai seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in
relazione all’applicazione della disciplina della prescrizione. Le doglianze sono,
nella sostanza, sovrapponibili a quelle sviluppate nel quarto motivo del ricorso
proposto nell’interesse del Suri, alle quali si rinvia per economia espositiva.
4.2. ton il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
in relazione alla quantificazione della provvisionale, non sorretta da

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eluso le censure prospettate con l’atto di appello, quanto, ad es., alla inidoneità

argomentazioni idonee ad individuare l’ammontare del danno per il quale si era
ritenuta raggiunta la prova.
4.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con
considerazioni sovrapponibili a quelle sviluppate nel terzo motivo del ricorso
proposto nell’interesse del Suri, alle quali si rinvia per economia espositiva.
4.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge,
con considerazioni sovrapponibili a quelle sviluppate nell’ottavo motivo del
ricorso proposto nell’interesse del Suri, alle quali si rinvia per economia

4.5. Con il quinto motivo si lamenta violazione di legge, con considerazioni
sovrapponibili a quelle sviluppate nel nono motivo del ricorso proposto
nell’interesse del Suri, alle quali si rinvia per economia espositiva.
5. Il ricorso proposto nell’interesse del Valbruna è affidato ai seguenti motivi.
5.1. Con il primo motivo si lamenta violazione di legge, per avere la Corte
territoriale ritenuto insussistenti, nel caso di specie, due reati ad esecuzione
frazionata, in cui l’elemento unificante era rappresentato dall’unico accordo
originario tra lo Zausa e i rappresentanti della società indiana, laddove la
consegna ripartita delle informazioni atteneva soltanto alla fase esecutiva.
Da tale premessa derivava l’erroneità della decisione di ridurre la provvisionale in
dipendenza della ritenuta prescrizione di alcuni fatti di reato in epoca precedente
alla sentenza di primo grado.
5.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in relazione alla
riduzione della provvisionale.
5.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per
avere la Corte territoriale assolto il Suri dal reato di cui al capo 2), in relazione ai
soli fatti commessi successivamente al 25/07/2008, limitandosi ad affermare
apoditticamente che non erano ravvisabili riscontri alle dichiarazioni dello Zeusa,
in un contesto argomentativo, nel quale, contraddittoriamente, si erano invece
ritenute le dichiarazioni corredate da numerosi riscontri oggettivi anche di ordine
logico.
Considerato in diritto
1. Il ricorso proposto dal responsabile civile è inammissibile per tardività.
La sentenza impugnata è stata depositata in data 07/07/2015, ossia all’interno
del termine di novanta giorni indicato, ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc.
pen., nel dispositivo letto all’udienza del giorno 08/04/2015.
Il ricorso avrebbe pertanto dovuto essere proposto entro il termine di
quarantacinque giorni (art. 585, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.) dalla
scadenza di tale termine di novanta giorni (art. 585, comma 2, lett. c, cod. proc.
pen.), mentre risulta depositato solo il 15/10/2015.
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espositiva.

Né, in senso contrario, rileva, rispetto al responsabile civile, la conoscenza della
traduzione in lingua inglese della sentenza, dal momento che le garanzie
predisposte dall’art. 143 cod. proc. pen. operano solo per l’imputato alloglotta.
2. Per ragioni di ordine logico, occorre preliminarmente esaminare il quinto
motivo del ricorso proposto nell’interesse del Suri, che investe la giurisdizione del
giudice italiano.
Si tratta di doglianza inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che
l’invocato art. 10 cod. pen. presuppone che il reato sia commesso dallo straniero

della condotta – ossia la illecita acquisizione delle notizie riservate destinate ad
essere trasmesse alla società concorrente – fosse avvenuta presso la sede della
Valbruna in Italia.
Da tale premessa in fatto, criticata dal ricorrente in termini privi di specificità – in
quanto si ‘assume erroneamente che la Corte territoriale non avrebbe spiegato
quale segmento della condotta sarebbe stato posto in essere nel territorio
nazionale – e attraverso l’inconferente rilievo dedicato al luogo di consumazione
del reato, discende la piana applicabilità dell’art. 6 cod. pen., che assoggetta alla
legge penale italiana chiunque, cittadino o straniero, commetta un reato nel
territorio dello Stato.
3. Ciò posto, va poi esaminata, sempre per ragioni di ordine logico, la questione,
prospettata con il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato,
che investe il valido esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero,
in relazione ai reati oggetto di contestazione suppletiva, operata dall’organo
dell’accusa prima della proposizione dell’istanza di punizione (all’esame della cui
tempestività è dedicato il paragrafo che segue).
Va premesso, in relazione a siffatta censura e alle altre seguenti che investono
questioni puramente giuridiche, che, in tema di ricorso per cassazione, qualora
sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisione in
rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita
il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla. Ne
consegue che non incorre nel vizio del difetto di motivazione la sentenza di
appello che non motivi le ragioni del rigetto di un motivo afferente ad una
asserita violazione di norme processuali, se tale violazione sia comunque
insussistente (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, Iannonte, Rv. 255515).
Ciò posto, la doglianza è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento
che il difetto di condizione dì procedibilità non comporta una invalidità dell’atto di
esercizio dell’azione penale, ma solo il dovere del giudice, nel momento in cui sia
chiamato ad assumere una decisione, di pronunciare sentenza di proscioglimento
per tale causa. In altre parole, laddove il pubblico ministero, nonostante
5

all’estero, laddove, nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto che parte

l’assenza di tale condizione, non si limiti a compiere gli atti indicati dall’art. 346
cod. pen., ma eserciti l’azione penale, l’ordinamento reagisce non attraverso la
sanzione della nullità, ma con il rimedio della sentenza che, preso atto di tale
situazione processuale, arresta il corso del procedimento, come incisivamente
dimostra l’art. 425 cod. proc. pen.
D’altra parte, i principi di ragionevole durata del processo e di economicità dei
mezzi processuali impongono di ritenere che il giudice debba in tal caso operare
le sue valutazioni alla stregua della situazione esistente al momento della

e, in generale, il sopravvenire della condizione di procedibilità – esclude che si
possa arrestare il corso del procedimento per tale causa.
Pertanto, una volta esattamente ritenuto, per le ragioni che si esamineranno nel
paragrafo che segue, che fosse tempestivamente stata formulata l’istanza di
punizione, legittimamente il giudice ha deciso nel merito delle imputazioni di cui
alla contestazione suppletiva.
4. Sempre per ragioni di ordine logico, occorre quindi esaminare il secondo
motivo del ricorso proposto nell’interesse del Suri, che concerne la esistenza di
una tempestiva querela.
Ed, infatti, il proscioglimento per mancanza di querela è più favorevole della
declaratoria di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione (Sez. 2, n.
3722 del 13/01/2015, Imbimbo, Rv. 262372).
La critica è infondata, in quanto, secondo il condiviso orientamento di questa
Corte, nei reati perseguibili a querela di parte, la persona offesa può esprimere
la volontà di punizione senza l’impiego di formule particolari ed il giudice può
desumerne la sussistenza anche da atti che non contengono la sua esplicita
manifestazione, sicché tale volontà può essere riconosciuta anche nell’atto con il
quale la persona offesa si costituisce parte civile (Sez. 2, n. 19077 del
03/05/2011, Magli, Rv. 250318; v. anche, più di recente, Sez. 5, n. 2293 del
18/06/2015 – dep. 20/01/2016, Caruso, Rv. 266258, secondo cui la
dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, affermi di
volersi immediatamente costituire parte civile deve essere qualificata come
valida manifestazione del diritto di querela, considerato che la sussistenza della
volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule
particolari e può, pertanto, essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non
contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni dì
incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del favor querelae).
In tale contesto ricostruttivo va aggiunto che non assume rilievo, in senso
contrario, l’orientamento, ricordato dal ricorrente, secondo cui, ai fini della
validità della querela, la manifestazione della volontà di punizione è
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decisione, cori ia conseguenza che ia sopravvenuta proposizione delira querela –

univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto depositato dalla
persona offesa come denuncia-querela, in quanto assume rilievo decisivo il
significato tecnico dell’espressione adoperata (Sez. 5, n. 1710 del 05/12/2013 dep. 16/01/2014, Baldinotti, Rv. 258682).
Invero, il fatto che l’espressa qualificazione data dalla persona offesa al proprio
atto non possa essere trascurata, al fine di individuare l’esistenza della volontà di
punizione, non esclude affatto, sul piano logico e giuridico, che quest’ultima
possa essere tratta anche alla stregua di altri indici rivelatori.

ad accertare un profilo squisitamente psicologico, deve necessariamente essere
ancorato al significato oggettivo degli atti sui quali si concentra la valutazione del
giudice, con la conseguenza che, nel caso di specie, non assume rilievo alcuno il
fatto che la persona offesa, per ragioni prudenziali, abbia presentato una
successiva, espressa querela o che il difensore abbia cercato, senza successo, di
spostare in avanti il momento della conoscenza del fatto — reato, per sostenere
la tempestività di quest’ultima.
5. Prima di esaminare le restanti doglianze, occorre rilevare che, per effetto della
sentenza impugnata, l’imputato, ai fini penali, risponde esclusivamente dei fatti
commessi a Munnbai il 25/07/2008, giacché, per i fatti di cui al capo 1) e 2)
commessi prima di tale data è intervenuta sentenza di non luogo a procedere per
intervenuta prescrizione, mentre, rispetto al reato di cui al capo 2, commesso
successivamente al 25/07/2008, il Suri è stato assolto perché il fatto non
sussiste.
Ora, impregiudicata la rilevanza, ai fini civilistici, della questione concernente la
natura dei reati attribuiti al Suri, dal punto di vista penalistico, deve prendersi
atto che la ritenuta sussistenza di una pluralità di fatti delittuosi non ha costituito
oggetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, con la conseguenza che
anche il residuo episodio del 25/07/2008 si è estinto per prescrizione, in data
25/01/2016.
Ne discende che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio ai fini penali
per tale causa, in difetto di evidenti cause riconducibili al comma 2 dell’art. 129
del codice di rito.
Tuttavia, l’introduzione nel processo della pretesa risarcitoria della parte civile
impone di delibare le ulteriori questioni prospettate con i motivi di ricorso.
6. A tal riguardo, rilievo preliminare assume il primo motivo del ricorso proposto
dalla parte civile, che investe la decisione della Corte territoriale di non
ravvisare, nel caso di specie, la figura del reato ad esecuzione frazionata o a
consumazione prolungata.
La censura è, nel suo complesso, infondata.
7

Infine, può osservarsi che l’accertamento della volontà della parte, pur mirando

Esclusa la rilevanza dell’unitaria determinazione criminosa o dell’unitario accordo
tra l’imputato e lo Zeusa – che dimostra semplicemente l’unicità del disegno
criminoso, ossia un elemento logicamente e giuridicamente compatibile con la
pluralità di reati: art. 81, comma secondo, cod. pen. – neppure è decisiva
l’eventuale unitaria acquisizione delle informazioni da parte dello Zeusa peraltro individuata dalla sentenza di primo grado, le cui argomentazioni il
ricorrente richiama, nella evanescente nozione di contesto logistico e temporale
unitario, che, oltre ad evocare il dato ovvio che le notizie sono state acquisite

in fatto della condotta acquisitiva -.
In effetti, anche ammesso che un’acquisizione unitaria fosse intervenuta,
comunque essa assumerebbe significato su un piano meramente preparatorio
rispetto alla rivelazione o all’impiego delle notizie.
Ma il punto cruciale è che una volta che si riconosca che le rivelazioni avevano
per oggetto, secondo quanto risulta dal capo di imputazione, informazioni dal
contenuto più diverso, in relazione ai processi industriali, alle caratteristiche dei
prodotti, alle specifiche politiche commerciali, non si riesce ad intendere quale
sarebbe il tratto unificante, ossia quale dato unitario sarebbe stato frazionato
soltanto a livello esecutivo, in modo da non precludere la giuridica configurabilità
di un unico reato.
7.

Fondato è invece il quarto motivo del ricorso proposto dall’interesse

dell’imputato, giacché, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, l’atto
con il quale il Pubblico Ministero modifica la imputazione ex artt. 516-517 cod.
proc. pen., non ha efficacia interruttiva della prescrizione, poiché esso non è
compreso nell’elenco degli atti espressamente previsti dall’art. 160, comma
secondo, cod. pen., i quali costituiscono un numerus clausus e sono insuscettibili
di ampliamento per via interpretativa, stante il divieto di analogia in malam
partem in materia penale. (Sez. 5, n. 9696 del 30/01/2015, Magnan, Rv.
262611).
Ne discende che i fatti contestati come commessi alla fine del 2006, proprio nella
prospettiva accolta dalla Corte territoriale, dovevano nella loro autonomia,
essere considerati estinti per prescrizione, in difetto di atti interruttivi, ben prima
della data della sentenza di primo grado del 06/03/2014, con la conseguenza
che, rispetto ad essi, il giudice penale non aveva alcun potere di adottare
statuizioni rispetto alle avanzate pretese risarcitorie.
In tali limiti, la sentenza impugnata va annullata, senza rinvio, agli effetti civili.
8. Con riferimento ai restanti episodi, va esaminato il primo motivo del ricorso
proposto nell’interesse dell’imputato, che è inammissibile per manifesta
infondatezza.
8

presso la sede della Valbruna, non aggiunge molto altro ai fini della ricostruzione

A prescindere dai generici rilievi che investono la pronuncia di primo grado per il
numero di pratiche operative ricevute dall’imputato e che non appaiono
agevolmente intellegibili nella loro estrema sinteticità, si osserva, infatti, che la
decisione di considerare gli episodi come un unico reato o una pluralità di illeciti
investe esclusivamente problemi di individuazione della disciplina applicabile a
fatti storici immutati nella loro realtà naturalistica, con la conseguenza che, dal
punto di vista del diritto interno – l’unico rispetto al quale può porsi il problema
dell’applicazione della specifica disciplina dettata dall’art. 604 cod. proc. pen.

diverso da quello contestato.
Nella prospettiva sovranazionale (v. sul punto, ad es., Corte europea dei diritti
dell’uomo, 11/12/2007, Drassich c. Italia), invece, il problema della rilevanza
della qualificazione giuridica e dell’interesse dell’imputato ad averne adeguata a
previa contezza (problema che investe semplicemente il rispetto del diritto
dell’imputato di difendersi) è ormai superato dalla decisione della Corte
territoriale che ha accolto la prospettazione del ricorrente, in tal modo
escludendo in radice la stessa configurabilità del vulnus lamentato.
9. Il sesto motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato è
inammissibile.
Al riguardo, va ribadito che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia
conforme in punto di penale responsabilità dell’imputato, le motivazioni delle due
sentenze di merito vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico
complesso argomentativo (cfr., in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del
15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550).
Ora, la Corte territoriale, nel richiamare esplicitamente le motivazioni della
decisione di primo grado, ha sottolineato l’esistenza di numerosi riscontri alle
dichiarazioni dello Zeusa, l’esistenza di conseguenze negative cui quest’ultimo si
era esposto con le sue affermazioni, l’assenza di oggettivi elementi idonei a
scardinare siffatto impianto probatorio.
Il ricorrente, concentrandosi soltanto su tali annotazioni e operando una
atomistica valorizzazione di alcuni profili probatori, trascura del tutto il rilievo
assegnato dalla decisione di primo grado, secondo quanto la stessa sentenza
impugnata precisa, alle dichiarazioni non solo del legale rappresentante della
Valbruna, ma anche del direttore dei sistemi informativi e del tecnico
infornnatico, i quali hanno confermato gli accessi abusivi dello Zausa, oltre che ai
documentati scambi di posta elettronica tra quest’ultimo e il Suri, ossia condotte
cui del tutto razionalmente è stato assegnato rilievo nel fondare la responsabilità
dell’imputato.

deve escludersi che in primo grado si sia registrata una condanna per un fatto

D’altra parte, secondo il costante insegnamento di questa a Corte, esula dai
poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402,
Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).

dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le
ragioni del suo convincimento.
E peraltro è stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e)
cod. proc. pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla
Cassazione di sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai
giudici di merito mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle
acquisizioni processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto
travisamento della prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e
puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione
rispetto ad essi sia percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al
riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano
apprezzabili le minime incongruenze (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia,
Rv. 234099).
10.

L’ottavo motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato, da

esaminare preliminarmente al settimo per ragioni di ordine logico, è
inammissibile per assenza di specificità, giacché: a) quanto alla prova
testimoniale, non si cura di indicare in quali profili risiederebbe la loro
significatività al fine di superare il quadro probatorio posto dai giudici di merito a
fondamento della decisione; b) quanto, invece, al contenuto e alle caratteristiche
dei supporti informatici non acquisiti e che sarebbero stati consegnati dallo
Zausa all’imputato, non si comprende neppure su quale oggetto l’accertamento
dovrebbe svolgersi, giacché non risulta che l’imputato abbia riconosciuto di avere
ricevuto tali supporti.
11. Anche il nono motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato è
inammissibile per difetto di specificità.
Al riguardo, va ribadito che l’obbligo di usare la lingua italiana si riferisce agli atti
da compiere nel procedimento davanti all’autorità giudiziaria che procede,
mentre per quelli già formati, che vengono acquisiti al processo, si applica la
disciplina dettata dagli artt. 143, comma 2, e 242, comma 1, cod. proc. pen.,
10

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione

con la conseguenza che la loro traduzione è obbligatoria solo se l’utilizzazione di
essi possa pregiudicare i diritti di difesa dell’imputato e sempre che quest’ultimo
abbia eccepito il concreto pregiudizio derivante dalla mancata commutazione
linguistica (Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261936).
Nel caso di specie, il ricorrente, che certamente conosce la lingua inglese — al
punto che non si lamenta della traduzione in tale lingua della sentenza
impugnata -, non si duole di un pregiudizio sofferto per non avere compreso il
contenuto del documento, ma del fatto che esso non sarebbe stato ritenuto

Ma, ricostruito il significato della critica in questi termini, ossia quale denuncia di
un vizio motivazionale, il ricorrente avrebbe avuto l’onere di riprodurre il
contenuto del documento indicato e di raffrontarlo con le risultanze valorizzate
dalla Corte territoriale, per dimostrarne la decisività al fine di rivelare l’illogicità
delle diverse conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata.
12. Il settimo motivo del ricorso proposto nell’interesse dell’imputato è
inammissibile.
In particolare, va rilevato che le questioni legate alla certezza del danno, rispetto
alla decisione sull’an, sono manifestamente infondate, in quanto superate dal
rilievo per il quale la condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella
sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo
diritto alla costituita parte civile, non comporta alcuna indagine in ordine alla
concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l’accertamento
della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza – desumibile
anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità – di un nesso di
causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, restando perciò impregiudicato
l’accertamento riservato al giudice civile sulla liquidazione e l’entità del danno, ivi
compresa la possibilità di escludere l’esistenza stessa di un danno
eziologicamente collegato all’evento illecito (Sez. 3, n. 36350 del 23/03/2015,
Bertini, Rv. 265637).
Va poi rilevato che non è ammissibile l’impugnazione con ricorso per cassazione
della statuizione con cui è stata concessa una provvisionale alla parte civile né
sull’an (Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, Mearini, Rv. 236068), né sul quantum
(Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010, Mazzannurro, Rv. 248348), trattandosi di
provvedimento per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato
ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (v., di
recente, Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261938, par. 11.14, in
motivazione).

11

decisivo per escludere la sua responsabilità.

13. Il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse della parte civile (il
primo è stato esaminato supra sub 6), è inammissibile, per le stesse ragioni
indicate nel precedente paragrafo.
14.

Il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse della parte civile è

inammissibile per difetto di specificità, in quanto, rispetto alla puntuale
valutazione della Corte territoriale che, nel quadro dell’art. 192, comma 3, cod.
proc. pen., è andata alla ricerca di riscontri rispetto ai singoli episodi contestati,
senza trarre conclusioni generalizzanti solo per effetto della coerenza delle

un piano logicamente preliminare – si limita ad affermare che, rispetto ai fatti
successivi al 25/07/2008, sarebbero presenti siffatti riscontri, che però non si
cura di indicare.
15. Alla pronuncia di inammissibilità per tardività del ricorso del responsabile
civile e di rigetto del ricorso della parte civile consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna di ciascuno di loro al pagamento delle spese processuali e del
responsabile civile al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro
1.000,00. Tenuto conto dell’esito complessivo del processo, ricorrono i
presupposti per compensare le spese sostenute dalle parti private del giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata per essere i reati
commessi il 25 luglio 2008 estinti per prescrizione; annulla senza rinvio la
medesima sentenza agli effetti civili, con riferimento ai fatti commessi alla fine
del 2006 di cui alla contestazione suppletiva; rigetta nel resto il ricorso
dell’imputato. Dichiara inammissibile il ricorso del responsabile civile, che
condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00
in favore della Cassa delle Ammende. Rigetta il ricorso della parte civile, che
condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara compensate tra le parti
private le spese sostenute nel grado.
Così deciso in Roma il 16/02/2016
Il Componente estensore

Il Presidente

dichiarazioni rese e della ritenuta attendibilità dello Zausa – che si collocano su

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