Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29202 del 16/02/2016
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29202 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MA ei A IVAcc, I
IMARIANUCCg YURI N. IL 07/06/1979
avverso la sentenza n. 597/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
08/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4
che ha concluso perj. LA…4~ MA : Il”‘ L. t”. tz7
Data Udienza: 16/02/2016
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 4417 del 21/11/2013 – 30/01/2014 la I sezione di questa
Corte ha annullato con rinvio la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare
del Tribunale di Vasto, che aveva assolto Yuri Marianacci dal reato di cui all’art.
9, comma secondo, I. n. 1423 del 1956, perché il fatto non sussiste.
La Corte di Cassazione ha ribadito, infatti, che è configurabile il concorso formale
tra ogni singolo reato, commesso dal soggetto sottoposto alla sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza, e la simultanea violazione, prevista dall’art. 9
rispettare le leggi.
2. Con sentenza del giorno 08/10/2014 la Corte d’appello di L’Aquila ha
condannato il Marianacci alla pena di giustizia, avendolo ritenuto responsabile del
reato contestato.
3. L’imputato ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ad un
unico motivo, con il quale si lamenta violazione degli artt. 9, comma secondo, I.
n. 1423 del 1956 e 15 cod. pen, sottolineando: a) che le prescrizioni cui ha
riguardo il menzionato art. 9 sono solo quelle relative ai doveri tipici del
sorvegliato speciale e non quelle correlate ai doveri gravanti sulla generalità dei
consociati; b) che il contrario orientamento espresso dalla giurisprudenza di
legittimità e avallato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 282 del 2010)
contrasta con il principio di proporzionalità e con quello del
ne bis in idem
sostanziale e non è coerente con la specifica previsione dettata dagli artt. 6 e 7
della I. n. 575 del 1965.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto finalizzato a rimettere in discussione
proprio e soltanto la questione di diritto già decisa da questa Corte, con la citata
sentenza n. 4417 del 2014, alle cui conclusioni il giudice di rinvio era tenuto ad
uniformarsi, ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 16/02/2016
Il Componente estensore
Il Presidente
della I. n. 1423 del 1956 cit., della prescrizione di vivere onestamente e di