Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29201 del 16/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29201 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: MICHELI PAOLO

Data Udienza: 16/02/2016

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Curatela Fallimento Imal Sud s.r.l.

avverso la sentenza emessa il 16/10/2014 dalla Corte di appello di L’Aquila
all’esito del processo penale celebrato nei confronti di

Ponti Dionigi, nato ad Albiate 1’08/01/1940

Truffi Alessia, nata a Terracina il 16/12/1972

Pracillo Paolo, nato a Vasto 1’11/04/1968

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Agnello Rossi, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza
impugnata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello;
udito per la parte civile ricorrente l’Avv. Nicola Artese, il quale ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata;
udito altresì, per Trulli Alessia, l’Avv. Renato Archidiacono, il quale ha concluso
chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso della parte civile
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RITENUTO IN FATTO

1. Il 16/10/2014, la Corte di appello di L’Aquila riformava la sentenza
emessa il 03/07/2012 dal Tribunale di Vasto nei confronti di Dionigi Ponti, Alessia
Trulli e Paolo Pracillo, imputati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (tutti) e
documentale (i soli Ponti e Trulli) in relazione al fallimento della Imal Sud s.r.I.,
dichiarato nel giugno 2005. I suddetti, condannati a pene ritenute di giustizia

per non aver commesso i fatti loro rispettivamente contestati.
Il Ponti era stato chiamato a rispondere dei reati de quibus nella qualità di
liquidatore della Imal Sud (carica rivestita tra il luglio e il dicembre 2004), la
Trulli in quanto amministratore unico della Merchant Company s.a.s. e della
Antares Industriale s.r.I., ed il Pracilio come legale rappresentante della Ginoma
s.r.l. (oltre che consigliere delegato della stessa Innal Sud); secondo l’ipotesi
accusatoria, la distrazione era consistita nella vendita alla Merchant Company,
per 1.500.000,00 euro, di un capannone industriale di proprietà della fallita, che
poi era stato rivenduto dalla società acquirente alla Ginoma, al maggior prezzo di
1.900.000,00 euro, oltre IVA. Gli atti di compravendita appena ricordati
risultavano perfezionati nell’imminenza del fallimento, rispettivamente il 6 ed il
26 maggio 2005: al primo, in rappresentanza della società che di lì a poco
sarebbe stata assoggettata a procedura concorsuale, aveva preso parte Alberto
Fagiolo, liquidatore e socio unico della Imal Sud a far data dal 29/12/2004 (la
posizione del Fagiolo era stata stralciata e definita separatamente, anche per la
necessità di disporre accertamenti tecnici sulla sua capacità di intendere e di
volere).
La decisione della Corte territoriale si fondava essenzialmente sul rilievo che
il valore di stima dell’immobile era risultato all’incirca corrispondente al prezzo
definitivo pagato dall’ultimo compratore, e non poteva perciò escludersi la piena
liceità della prima alienazione, con la Merchant Company determinatasi alla
stipula per fini di legittima speculazione. Il corrispettivo di 1.500.000,00 euro,
secondo le previsioni contrattuali, avrebbe dovuto essere versato alla Imal Sud
per l’importo di 694.000,00 euro, mentre per la cifra rimanente l’acquirente
veniva ad accollarsi una residua quota di mutuo già concesso alla controparte da
un istituto di credito: versamento ed accollo che, in difetto di prova contraria,
erano da considerare effettivi. La difesa della Trulli, come evidenziato nella
motivazione della sentenza di appello, aveva anzi prodotto in giudizio le copie di
assegni circolari e bancari afferenti al pagamento del prezzo non corrispondente
all’accollo del mutuo, e dette copie recavano in calce od a lato le firme di

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all’esito del giudizio di primo grado, erano invece assolti dalla Corte territoriale,

ricezione per ricevuta del sopra ricordato Alberto Fagiolo: quest’ultimo, come
emerso da una relazione peritale curata nel processo a suo carico e dalla
deposizione dello specialista che aveva redatto l’elaborato, non risultava versare
in condizioni tali da far ritenere che nel maggio 2005 non avesse capacità
naturale.

2. Propone ricorso per cassazione, che affida a due motivi, il difensore /
procuratore speciale della parte civile.

impugnata e travisamento della prova, in ordine al valore probatorio da
riconoscere alla copia degli assegni versati in atti e che, secondo la
prospettazione della difesa degli imputati (recepita dalla Corte di appello),
avrebbero dovuto dimostrare l’avvenuto ed effettivo pagamento di una parte del
prezzo del bene alienato.
Stando alla tesi sostenuta nell’interesse della Trulli, dal momento che le
copie di quegli assegni recavano in calce o a lato la firma di ricezione per
ricevuta da parte del Fagiolo (all’epoca, legale rappresentante della Imal Sud), vi
era un principio di prova attestante l’effettiva corresponsione, mediante dazione
di titoli, del prezzo dell’immobile, non superato da contrarie allegazioni del P.M.
che attestassero un eventuale mancato incasso degli assegni, o addirittura la
restituzione degli stessi alla compratrice. In realtà, però, quelle copie nulla
potevano dimostrare, riproducendo soltanto il fronte dei titoli (peraltro, tutti
appositamente compilati per importi che, secondo la legislazione dell’epoca, ne
consentivano la trasferibilità): nulla emergeva, pertanto, circa la successiva
destinazione degli assegni in questione a seguito di negoziazione o girata.
Ne derivava, come logicamente ritenuto dal Tribunale, la necessità di
valorizzare i gravi indizi a sostegno dell’ipotesi accusatoria, atteso che:
– il Pracilio, come ex consigliere delegato della fallita, conosceva direttamente il
Fagiolo;
– vi era stato uno scambio epistolare tra il Pracilio, il Fagiolo ed un terzo
soggetto, operante presso altra società riconducibile alla Trulli, già a partire dai
primi mesi del 2005, per cui non si comprende il motivo di un acquisto del bene
attraverso i due atti distinti sopra ricordati, tanto più che il Pracilio occupava da
sempre l’immobile de quo, dove aveva sede anche una diversa società a lui
facente capo (mentre la Ginoma fu appositamente costituita poco prima);
– la stipula di quegli atti era avvenuta senza neppure richiedere il preventivo
consenso all’istituto che aveva erogato il mutuo;

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2.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta vizi di motivazione della sentenza

- il fallimento della Imal Sud era stato dichiarato appena quindici giorni dopo la
seconda compravendita, e le stipule si erano perfezionate quando era stata già
fissata l’udienza collegiale.
2.2 Analoghe censure vengono mosse dalla difesa di parte civile quanto alla
ritenuta rilevanza degli accertamenti sulla capacità di intendere e di volere del
Fagiolo: si legge nel ricorso che «la perizia, svolta nel corso del giudizio di cui si
è disposto lo stralcio, contestata dallo stesso P.M., non può essere posta a base

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile, risolvendosi nella prospettazione
(non consentita, in sede di legittimità) di una lettura delle risultanze istruttorie
che assurge – privilegiando la ricostruzione dei fatti operata nella decisione di
primo grado – a mera ipotesi alternativa rispetto a quella fatta propria dai
giudici di appello.
E’ necessario segnalare, in via preliminare, che la pronuncia assolutoria della
Corte aquilana risulta emessa ai sensi del secondo comma dell’art. 530 del
codice di rito, sulla base di una ritenuta presa d’atto della insufficienza degli
elementi acquisiti a carico degli imputati e dunque – per converso – di una
ragionevole possibilità di plurime ricostruzioni di merito; tant’è che a fronte delle
argomentazioni esposte dal Tribunale di Vasto, che ponevano l’accento
sull’identità dell’acquirente finale del capannone (una società di nuova
costituzione facente capo al Pracilio, soggetto che certamente conosceva le
caratteristiche del bene e che, secondo i primi giudici, era verosimilmente
consapevole delle difficoltà in cui versava la Imal Sud), la sentenza impugnata
incentra la propria attenzione su un aspetto che avrebbe dovuto costituire il
logico presupposto dell’ipotesi accusatoria, vale a dire il fatto che vi fosse stato o
meno un effettivo pagamento del prezzo dell’immobile. Stando alla rubrica, la
distrazione di rilievo penale consisterebbe nel “compimento di due negozi
simulati di trasferimento della proprietà”:

ergo,

per il P.M. sarebbe stato

imprescindibile dimostrare che la Merchant Company si dispose – prima ancora
delle azioni revocatorie intraprese dalla curatela del fallimento – a non onorare
affatto le obbligazioni assunte, quanto alla corresponsione dei 694.000,00 euro
e/o in ordine all’accollo della parte residua di mutuo.
La Corte territoriale osserva però, a pag. 7 della motivazione della pronuncia
in epigrafe, che «vi è in atti più che un principio di prova sul fatto che il prezzo,
per la parte non oggetto di accollo, venne effettivamente corrisposto, per titoli,

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della decisione del giudizio di appello riguardante gli altri imputati».

-

nelle mani del legale rappresentante della società venditrice; una volta provata
la avvenuta consegna (con firma per ricevuta) della parte di prezzo
dall’acquirente alla venditrice, sarebbe stato, semmai, onere dell’accusa
dimostrare, in ipotesi, con gli opportuni accertamenti e indagini bancarie, che
detti titoli non fossero stati concretamente incassati o versati dalla venditrice o,
ancor più e sempre in ipotesi, che essi fossero stati restituiti all’acquirente, in
una sorta […] di finzione. Tale prova manca del tutto e, dunque, resta il
principio di prova positivo circa la effettività dell’atto di compravendita derivante

L’obiezione della difesa della curatela, secondo cui la copia del fronte di un
assegno non sarebbe idonea a dimostrare un effettivo pagamento, si fonda sì su
ragionevoli principi generali affermati dalla giurisprudenza civile, ma in costanza
delle ben diverse regole vigenti in quel settore dell’ordinamento in tema di onere
probatorio; né tiene conto che, nel caso di specie, vi erano delle attestazioni di
ricezione dei titoli apposte dal legale rappresentante della Imal Sud. La parte
civile ricorrente lamenta che «il Fagiolo è coimputato, e nessun elemento
positivo può essere tratto dalla sua firma per ricevuta», tuttavia – anche per
affermare il concorso dell’ultimo liquidatore nei reati de quibus –

sarebbe stato

pur sempre necessario dimostrare l’effettivo destino di quegli assegni.
Dimostrazione che nessuno pare abbia fornito, atteso che nello stesso
ricorso si legge che la scelta dei contraenti di utilizzare titoli trasferibili «trova
una giustificazione esclusivamente se operata per far riversare gli assegni
circolari emessi dalla società acquirente sui propri conti mediante girata degli
stessi»: ancora una volta, si tratta di una ipotesi astrattamente plausibile,
tuttavia non riscontrata dalla verifica concreta delle modalità di incasso e perciò
fatalmente destinata a rimanere ben al di qua della soglia dell’assenza di dubbi
ragionevoli.
Coerentemente, i giudici aquilani rilevano che dagli atti del processo in corso
a carico del Fagiolo, nonché dalle dichiarazioni rese dal perito ivi nominato, era
emerso solo come egli fosse affetto da disturbi psichici cronici, tali da interferire
sulle sue componenti emotive e comportamentali, ma non invece che il legale
rappresentante della Imal Sud all’epoca della conclusione del contratto fosse
incapace di intendere e di volere: risultanze, per quanto non condivise dal P.M.
di quel giudizio e contestate dalla parte civile, che la Corte territoriale, allo stato,
non poteva che richiamare.
Se poi, sul conto del Pracilio, vi erano ragioni di sospetto (pur dovendosi
sottolineare che egli era stato consigliere delegato della fallita sino ad oltre un
anno prima rispetto alla dichiarazione di fallimento, con quel che ne consegue in
punto di necessità di provare una già emersa situazione di crisi), non altrettanto

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dalla produzione difensiva».

è a dirsi a proposito della Trulli, come evidenziato dalla Corte territoriale a pag.
9; in vero, il prezzo del capannone di cui alla prima compravendita «era di poco
inferiore a quello congruo, e poteva essere visto come una semplice e mera
occasione favorevole di mercato, né vi sono in atti altri elementi o prove del
fatto, appunto, che la Trulli fosse a conoscenza delle condizioni economiche della
società venditrice, sì da prestarsi a far sparire dal patrimonio societario un bene
in danno dei creditori». Osservazioni in linea con la costante giurisprudenza di
questa Corte, secondo cui «è configurabile il concorso nel reato di bancarotta

realizzata in concorso col fallito sia stata efficiente per la produzione dell’evento
e il terzo concorrente abbia operato con la consapevolezza e la volontà di aiutare
l’imprenditore in dissesto a frustrare gli adempimenti predisposti dalla legge a
tutela dei creditori dell’impresa» (Cass., Sez. V, n. 27367 del 26/04/2011,
Rosace, Rv 250409).

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della parte civile
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di € 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 16/02/2016.

fraudolenta da parte di persona estranea al fallimento qualora la condotta

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