Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29197 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29197 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RIAHI SEIFEDDINE N. IL 12/10/1992
avverso la sentenza n. 1453/2013 TRIBUNALE di RAVENNA, del
09/08/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 23/04/2014

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Riahi Seiefeddinne avverso la sentenza
emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in data 9.8.2013 dal Giudice monocratico del
Tribunale di Ravenna di un anno di reclusione ed C 3.000 di multa per il reato di cui agli
artt. 81 cpv. c.p. e 73, V comma dPR 309/1990 (fatto dell’estate 2013).
Deduce il vizio motivazionale in relazione alla sussistenza di cause di proscioglimento di
cui all’art. 129 c.p.p..

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non
consentite nella presente ede di legittimità.
Invero, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo
129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in
cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso
contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata
compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata: nel caso di specie, anzi, è
ravvisata l’attribuibilità all’imputato della condotta contestata sulla scorta della flagranza
di reato.
Al riguardo, è stato finanche affermato che “in caso di patteggiamento ai sensi dell’art.
444 c.p.p., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che
la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente
motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con
l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo
all’art. 129 c.p.p. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la
verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.”
(Cass. pen., Sez. IV, 13.7. 2006, n. 34494).
Né rileva la recente disposizione di cui al D.L. n. 146 del 23.12.2013 (conv. in L. n. 10 dl
21.2.2014), nel qualificare il 5 0 comma dell’art. 73 dPR 309/1990 quale figura autonoma
di reato, ha rideterminato la pena edittale da uno a cinque anni di reclusione e da C
3.000 a 26.000 di multa, dal momento che la pena base assunta è pari proprio al minimo
edittale, rimasto invariato, di un anno di reclusione.
Consegue l’inammissibilità del ricorso e, con essa, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in euro 1.500,00 in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

2

Considerato in diritto

DICHIARA INAMMISSIBILE IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO DELLE SPESE

PROCESSUALI E AL VERSAMENTO DELLA SOMMA DI MILLECINQUECENTO EURO ALLA CASSA DELLE AMMENDE.
Così deciso in Roma, il 23.4.2014

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