Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29196 del 15/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29196 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Malena Daniele, nato a Prato il 16/07/1983,
avverso la sentenza del 11/10/2013 della Corte di Appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Giuseppe
Corasanitì, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze riformava parzialmente – riducendo
la somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile – la
sentenza del Tribunale di Prato in composizione monocratica in data 09/11/2010, con cui il
ricorrente era stato riconosciuto colpevole e condannato a pena di giustizia per il delitto di
lesioni volontarie dichiarate guaribili in 35 giorni, in danno dì Borrelli Pasqualino; in Prato il
30/11/2007.
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Data Udienza: 15/02/2016

2.Con ricorso depositato il 22/05/2014, il Malena Daniele, personalmente, ricorre per:
2.1. mancata assunzione di una prova decisiva a discarico, chiesta in entrambi i gradi di
giudizio, ex art. 606 lett. d), cod. proc. pen. in quanto il primo giudice, nonostante l’esito
contraddittorio dell’istruttoria dibattimentale, aveva ritenuto superfluo l’esame del teste
Bernocchi, regolarmente citato e non comparso all’udienza del 09/11/2010, il quale aveva
assistito ai fatti, e la cui prova era stata, quindi revocata; la Corte territoriale aveva
confermato detta valutazione, nonostante l’indispensabilità di detta assunzione, ritenendo

non avendo neanche disconosciuto l’attendibilità dei testi favorevoli alla difesa.
2.2. vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), cod. poc. pen. in quanto la sentenza, pur
prendendo atto delle inconciliabili versioni dei testi rispetto a quella fornita dalla persona
offesa, ha aderito a quest’ultima, qualificando come scarsamente attendibili la deposizioni dei
testi e del ricorrente; tuttavia per la incerta e lacunosa deposizione della stessa persona offesa,
contrastata dal referto del pronto soccorso, è stato necessario recuperare parzialmente quegli
spezzoni delle dichiarazioni dei testi e dello stesso ricorrente funzionali alla versione della citata
persona offesa, omettendo del tutto di considerare le deposizioni di alcuni testi, quali
l’Angarella ed il Buzzegoli, che avevano sostenuto la reciprocità delle offese.
2.3. violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in quanto in primo grado era
stata subordinata la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, pronuncia
rispetto alla quale la Corte territoriale ha fornito una motivazione con cui avrebbe errato
nell’inquadramento giuridico della vicenda, ritenendo obbligatoria e non discrezionale detta
sospensione, facendo erroneamente riferimento all’art. 163, ultimo comma, cod. pen., anziché
all’art. 165, comma 1, cod. pen., ed omettendo, pertanto, la necessaria motivazione.
3. Con ricorso depositato il 22/05/2014 l’Avv.to Massimo Taiti, difensore del Malena Daniele,
ricorre per:
3.1. mancata assunzione di una prova decisiva a discarico, chiesta in entrambi i gradi di
giudizio, ex art. 606 lett. d), cod. proc. pen. in quanto il primo giudice, nonostante l’esito
contraddittorio dell’istruttoria dibattimentale, aveva ritenuto superfluo l’esame del teste
Bernocchi, regolarmente citato e non comparso all’udienza del 09/11/2010, il quale aveva
assistito ai fatti, e la cui prova era stata, quindi, revocata; la Corte territoriale aveva
confermato detta valutazione, nonostante l’indispensabilità di detta assunzione, ritenendo
esaustive le deposizioni degli altri testi, alla luce della pacifica contraddittorietà delle stesse,
non avendo neanche disconosciuto l’attendibilità dei testi favorevoli alla difesa del ricorrente.
3.2. vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), cod. poc. pen. in quanto la sentenza, pur
prendendo atto delle inconciliabili versioni dei testi rispetto alla versione della persona offesa,
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esaustive le deposizioni degli altri testi, nonostante la pacifica contraddittorietà delle stesse, e

ha aderito a quest’ultima, qualificando come scarsamente attendibili la deposizioni dei testi e
del ricorrente; tuttavia l’incerta e lacunosa deposizione della persona offesa, contrastata dal
referto del pronto soccorso, ha reso necessario recuperare parzialmente quegli spezzoni delle
dichiarazioni dei testi e dello stesso ricorrente funzionali alla versione della persona offesa
medesima, omettendo del tutto di considerare le deposizioni di alcuni testi, l’Angarella ed il
Buzzegoli, che avevano sostenuto la reciprocità delle offese.
4. Con memoria ex art. 611 cod. proc. pen., pervenuta in data 05/02/2016, il difensore del

vigore del “pacchetto depenalizzazioni”, chiedendo il proscioglimento del ricorrente e la
rideterminazione del risarcimento dei danni, rilevando, tra l’altro, la prescrizione dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

1.Quanto al primo motivo la Corte territoriale ha ritenuto che le dichiarazioni rese dalla
persona offesa fossero del tutto attendibili, rilevando come la deposizione del teste Bernocchi
fosse del tutto inutile, atteso che questi non avrebbe potuto vedere nulla di diverso o di più di
quanto caduto sotto la percezione degli altri testi escussi; i testi citati dal pubblico ministero,
inoltre, erano tutti compagni di squadra del ricorrente, il che rendeva plausibile che potessero
aver fornito una versione a lui favorevole e avessero in qualche modo sfumato le sue
responsabilità, per cui essi andavano ritenuti meno “partigiani” dei componenti della squadra
avversa del ricorrente, il quale nel corso della partita era stato anche sanzionato dall’arbitro
Borrelli, che lo aveva poi espulso; ne conseguiva, quindi, la superfluità anche dell’esame dei
componenti della squadra avversa quali testi.
La motivazione offerta dalla sentenza impugnata appare del tutto in linea con la giurisprudenza
di questa Corte, secondo cui la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art.
603, comma primo, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine
dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere senza una
rinnovazione istruttoria, salvo che non si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il primo
grado di giudizio, nel qual caso la rinnovazione è disposta nei limiti previsti dall’art. 495,
comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, sentenza n. 8936 del 13/01/2015, Rv. 262620; Sez. 4,
sentenza n. 4981 del 05/12/2003, Rv. 229666).
L’accertamento sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello è, in ogni caso,
rimesso alla valutazione del giudice di merito, ed è incensurabile in sede di legittimità se
correttamente motivato, come nel caso in esame.
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ricorrente ha chiesto la riunione dei due ricorsi ed ha rappresentato la prossima entrata in

2. Con il secondo motivo la difesa propone delle doglianze essenzialmente miranti ad ottenere
una nuova valutazione di attendibilità dei testi, il che appare doppiamente inammissibile, sia in
quanto la doglianza è del tutto generica e certamente non rispettosa del principio di
autosufficienza (Sez. 4, sentenza n. 47979 del 10/11/2015, Rv. 265053), sia in quanto non
appare possibile risottoporre al giudice di legittimità doglianze in fatto, globalmente tendenti
ad una totale rivalutazione dell’impianto probatorio già oggetto di valutazione in sede di
merito, in quanto precluse al giudice di legittimità le riletture degli elementi di fatto posti a

ricostruzione e valutazione dei fatti ( Sez. 6, sentenza n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482;
Sez. 6, sentenza n. 25255 del 14/10/2012, Rv. 253099).

3. Quanto al terzo motivo il ricorso, lo stesso non corrisponde ad alcuno dei motivi di appello,
con i quali era stata chiesta la riduzione della pena, la concessione delle circostanze attenuanti
generiche e la riduzione della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, nulla
dicendosi in merito alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al
risarcimento del danno, per cui la proposizione dei detto motivo per la prima volta in sede di
legittimità integra una causa di inammissibilità.

Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso deriva la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 15/02/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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