Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29192 del 22/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29192 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSSO LEONARDO N. IL 03/12/1979
avverso l’ordinanza n. 4636/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
25/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA P9STA;
le sentite le conclusioni del PG Dott. i 4 51/4-e-frAfei-cA Ge.,‘

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Data Udienza: 22/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 25.6.2012 il Tribunale di Napoli, costituito ex art.
309 cod. proc. pen., annullava il provvedimento emesso dal Gip della stessa
sede che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei
confronti di Leonardo Russo in relazione ai reati di partecipazione all’associazione
di stampo mafioso denominata clan Pagnozzi e di partecipazione al sodalizio
finalizzato al commercio di sostanze stupefacenti, confermando, invece, la

pistola cal. 7,65, con l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del
1991, (capo 5) e concorso nella cessione a terzi di sostanze stupefacenti (capi 53
e 54), commessi tra giugno e agosto 2009.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo del
difensore di fiducia.
Con il primo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio della
motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico
dell’indagato relativamente alle violazioni in materia di armi, contestate al capo
5), evidenziando: che l’arma non è stata rinvenuta; che nelle conversazioni
captate non si fa alcun riferimento ad armi; che la conversazione registrata il 21
giugno 2009 in ambientale non può costituire riscontro della ricostruzione
investigativa in ragione della sua inutilizzabilità, essendo stata autorizzata
l’intercettazione telefonica e non quella ambientale. In ogni caso, il contenuto
della conversazione non è in alcun modo ricollegabile alle conversazioni
intervenute tra il coindagati. Rileva, altresì, che dalle intercettazioni risulta che il
ricorrente aveva incontrato al bar il cedente e l’acquirente e, quindi, non aveva
avuto mai la materiale disponibilità dell’arma, elemento costitutivo necessario ai
fini della configurabilità delle fattispecie contestate.
Lamenta ancora che il tribunale non ha in alcun modo tenuto conto ed
argomentato in ordine alle doglianze difensive relative alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza.
Anche avuto riguardo alla valutazione del compendio indiziario in ordine alle
ulteriori ipotesi di reato in contestazione, il ricorrente si duole, con il secondo
motivo di ricorso, della mancata valutazione delle deduzioni difensive, compreso
quelle di cui alla memoria difensiva depositata in udienza, con conseguente
difetto assoluto di motivazione.
Con l’ultimo motivo di ricorso si denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata
per omessa motivazione in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali a cagione del difetto di motivazione dei

misura cautelare per i reati di concorso nella detenzione e porto illegale di una

decreti autorizzativi nei quali il gip si è limitato ad una motivazione per

relationem senza dar conto in alcun modo degli argomenti per i quali ha ritenuto
di fare ricorso alle intercettazioni e senza dimostrare neppure di aver preso
cognizione dell’informativa della polizia giudiziaria posta a fondamento della
richiesta del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Quanto ai rilievi mossi con il primo motivo di ricorso deve essere ribadito
che il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla
verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali
che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti
dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della
libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni
riservate al giudice di merito.
Le doglianze del ricorrente relative alla valutazione della sussistenza di un
compendio indiziario connotato della necessaria gravità sono manifestamente
infondate, atteso che nell’ordinanza impugnata con motivazione, compiuta ed
articolata, immune dai vizi denunciati, ha esaminato i rilievi difensivi. Precisata la
univocità della identificazione dell’indagato – avvenuta attraverso il
riconoscimento vocale effettuato dalla polizia giudiziaria e confermata dalle
dichiarazioni rese dal predetto in sede di interrogatorio – il tribunale ha
sottolineato come dal contenuto delle conversazioni intercettate il 20 giugno
2009 emergesse che l’indagato aveva fatto da intermediario nella vendita di
un’arma da parte del Piacentile in favore di Fincato Giuseppe Vincenzo
organizzando un incontro presso un bar in San Martino Valle Caudina. Ne
costituiva conferma la conversazione intercettata in ambientale il giorno
successivo, captata durante un tentativo di chiamata dall’utenza dell’indagato
verso quella del Fincato cui viene registrato il commento di quest’ultimo con una
terza persona non identificata alla quale riferisce che la sera precedente gli
avevano portato «una 7,65».
Ha evidenziava, altresì, la irrilevanza del mancato recupero della pistola in
oggetto rilevando, peraltro, che dalla successiva conversazione del 24 giugno
2009 emerge che il Piacentile aveva venduto la pistola e si apprestava a cederne
un’altra sempre per il tramite del Russo il quale, in sede di interrogatorio ha
anche ammesso di aver venduto la pistola.
2. Del tutto generiche sono le censure relative al compendio indiziario in
ordine ai reati contestati ai capi 53) e 55)dell’imputazione provvisoria, non
3

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile.

avendo il ricorrente indicato in alcun modo quali sono le doglianze che il
tribunale non ha preso in esame.
Invero, nell’ordinanza impugnata si dà atto che dalla conversazione del 20
giugno 2009 e da quella del 9 agosto 2009 si traggono indizi connotati della
necessaria gravità in ordine alle cessioni di stupefacenti contestate ai predetti
capi dell’imputazione, come, del resto, risulta confermato da quanto dichiarato
dal Catone che ha ammesso la detenzione e cessione di stupefacenti agli altri
indagati, nonché, dall’ammissione del Russo di avere ceduto stupefacenti sia pur

3. Sono manifestamente infondati, oltre che aspecifici, i motivi di ricorso in

ordine alla utilizzabilità delle intercettazioni, atteso che il ricorrente si limita ad
affermare che il gip ha motivato per relationem senza tenere in alcun conto della
valutazione operata dal tribunale sul punto, laddove ha precisato che i decreti
autorizzativi delle intercettazioni di cui si discute sono conformi alle disposizioni
di legge essendo idonea la motivazione per relationem con riferimento alla
richiesta del pubblico ministero e al contenuto dell’informativa redatta dalla
polizia giudiziaria. In particolare, ha evidenziato che il decreto n. 2826/02 risulta
ampiamente motivato sia avuto riguardo ai sufficienti indizi di reità che agli
elementi sui quali fondano tali indizi contenuti nella nota dei carabinieri del 21
maggio 2009. Ha, quindi, rilevato che per tutti e tre i decreti il gip ha dato conto
esplicitamente di avere preso cognizione dell’informativa cui si riferiva la
richiesta del pubblico ministero e di averne condiviso le conclusioni all’esito di
autonomo percorso valutativo.
Anche in ordine alla captazione della conversazione del 21 giugno 2009 il
tribunale correttamente ha ritenuto legittima la modalità di captazione, pur non
essendo sottoposta a intercettazione l’utenza del Fincato, rilevando che quando
si procede all’intercettazione ciò che viene captato è il flusso delle conversazioni
che corre sulla linea una volta attivata la comunicazione, quand’anche in attesa
della risposta dell’interlocutore.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille) in
favore della cassa delle ammende.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,
comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

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negando che si sia trattato di grossi quantitativi.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.
cod. proc. pen..

Così deciso, il 22 aprile 2013.

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