Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29190 del 22/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29190 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PRIFTI ENEO ALIAS… N. IL 14/02/1982
avverso l’ordinanza n. 432/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
FIRENZE, del 19/07/2012
sentita;atplazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
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Data Udienza: 22/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 19.7.2012 il Tribunale di sorveglianza di Firenze
rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da Eneo
Prifti (alias Eneo Carka), e dichiarava non luogo a provvedere in ordine alla
richiesta di applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare e
delle semilibertà, dando atto che il Magistrato di sorveglianza della stessa sede,
con provvedimento del 15.6.2012, aveva applicato la detenzione domiciliare ai

Osservava che la recentissima sottoposizione al regime domiciliare non
consentiva, allo stato, pur tenuto conto della documentata attività lavorativa,
l’applicazione della misura alternativa più ampia, tenuto conto della necessità di
verificare almeno per un periodo congruo il comportamento del condannato.

2. Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il condannato,
a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge avendo il
tribunale erroneamente equiparato le misure alternative previste dalla legge n.
354 del 1975 a quella introdotta dalla legge n. 199 del 2010.
Contesta, altresì, il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata rilevando
che il tribunale ha rigetto la richiesta della misura dell’affidamento in prova al
servizio sociale pur dando atto dei significativi progressi del condannato che già
in precedenza aveva inutilmente richiesto l’applicazione di una misura
alternativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, ad avviso del Collegio, deve essere dichiarato inammissibile.
La concessione delle misure alternative alla detenzione implica un giudizio
prognostico attinente alla ried.ucazione, al recupero e al reinserimento sociale del
condannato e alla prevenzione del pericolo di reiterazione di reati.
Tenuto conto dell’effettiva ed ampia portata precettiva della funzione
rieducativa della pena, la concedibilità o meno delle misure alternative alla
detenzione postula la valutazione, in concreto, delle specifiche condizioni che
connotano la posizione individuale del singolo condannato e delle diverse
opportunità offerte da ciascuna misura secondo il criterio della progressività
trattamentale. Detta valutazione deve, all’evidenza, essere rappresentata nella
motivazione del provvedimento connotata dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità sui quali può intervenire il sindacato di legittimità.
Osserva il Collegio che, nella specie, il tribunale ha fatto corretta
applicazione dei predetti principi dando atto del convincimento al quale è
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sensi della legge n. 199 del 2010.

pervenuto con motivazione, se pur sintetica, immune dai denunciati vizi. Invero,
dal tessuto motivazionale dell’ordinanza impugnata si evincono le
argomentazioni che il tribunale di sorveglianza ha posto a fondamento del
diniego della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale,
tenuto conto che al condannato è stata applicata la detenzione domiciliare.
Invero, il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur
non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale
apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il
dep. 26/03/1999, roti, rv. 212794).
Né, del resto, possono assumere alcun rilevanza ai fini indicati dal tribunale
nel provvedimento impugnato i diversi presupposti normativi del regime
domiciliare applicato al ricorrente, atteso che la detenzione domiciliare di cui alla
legge n. 199 del 2010 rappresenta, comunque, un regime alternativo di
esecuzione della pena, meno afflittivo di quello intramurario, attraverso il quale
può sperimentarsi il processo rieducativo del condannato.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille) in
favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso, il 22 aprile 2013.

principio stesso del trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998 –

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