Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29186 del 22/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29186 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIPEPI PAOLO N. IL 02/05/1965
RIPEPI MARIA N. IL 08/08/1989
avverso il decreto n. 98/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO, del
25/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;
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Data Udienza: 22/04/2013

RITENUTO IN FATTO
I.. Con decreto in data 25.5.2012 la Corte di appello di Catanzaro

confermava il provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che, in data
30.3.2005, aveva applicato a Paolo Ripepi, già sottoposto alla misura di
prevenzione personale, la misura patrimoniale della confisca, ai sensi della
normativa antimafia, di alcuni beni oggetto di sequestro ed, in specie, di un
terreno di mq. 500 e del complesso residenziale, denominato Villa Filomena,

2. Hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei difensori di fiducia,
Ripepi Paolo e Ripepi Maria, con un unico atto.
Con il primo motivo di ricorso si contesta la declaratoria di inammissibilità
dell’appello per mancanza dei motivi con riferimento alla confisca del terreno di
mq 500, rilevando che i motivi di impugnazione erano gli stessi per entrambi i
beni confiscati. Del resto, nessun motivo specifico poteva essere proposto dalla
difesa atteso che le argomentazioni contenute nel decreto di primo grado relative
alla confisca del terreno in oggetto erano del tutto generiche.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’errata valutazione dei beni
pervenuti a Ripepi Paolo per successione ereditaria. Invero, il predetto aveva
ereditato il terreno e l’immobile in questione ed, altresì, somme di danaro idonee
a giustificare l’investimento necessario per la realizzazione di Villa Filomena,
come dimostrano i documenti prodotti che i giudici dell’appello non hanno
esaminato, fondando la decisione su una acritica sintesi del provvedimento di
primo grado. In maniera del tutto illogica i giudici di merito hanno ritenuto che la
somma di 50.000 euro conseguita dalla successione sia stata spesa per l’acquisto
di automezzi, tenuto conto che detta somma è stata acquisita successivamente
agli acquisti di detti automezzi.
Si contesta, altresì, l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale il
ricorrente aveva ricevuto in eredità soltanto un fondo sul quale insisteva un
fabbricato rurale o per ricovero di attrezzi agricoli, cui consegue una errata
valutazione della consistenza degli incrementi realizzati dal ricorrente e, quindi,
del relativo investimento. Si afferma, in particolare, che dagli atti prodotti si
rileva che le modifiche apportate dal Ripepi agli immobili ereditati sono limitati
alla costruzione di un piccolo manufatto in relazione al quale pende
procedimento penale a carico di Ripepi Maria per violazioni edilizie. Pertanto, non
poteva ritenersi alcuna sproporzione tra i redditi leciti del ricorrente ed il valore
dei beni nella sua disponibilità, atteso che, esclusi i cespiti di provenienza
ereditaria, devono essere esaminati ai fini della valutazione della compatibilità
con i redditi leciti soltanto gli incrementi.
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nella titolarità formale della figlia del predetto, Ripepi Maria.

In ogni caso, nella eventualità dell’accertata sproporzione, soltanto a detti
Incrementi può essere limitato il provvedimento ablatorio.
Con memoria depositata il 4.4.2013 i ricorrenti, replicando alle conclusioni
scritte del Procuratore generale, assumono che il ricorso deve essere esaminato
indipendentemente dalla mancanza della procura speciale del difensore della
terza intestataria. Quindi, ribadiscono le doglianze poste a fondamento del
ricorso.

i. Preliminarmente, deve essere rilevato che il ricorso nell’interesse di
Ripepi Maria, terza intestataria dei beni oggetto di confisca, è stato proposto a
mezzo dei difensori di fiducia che non risultano muniti di procura speciale.
Pertanto, il ricorso della predetta deve essere dichiarato inammissibile, atteso
che il difensore del terzo interessato nel procedimento di prevenzione, non
munito di procura speciale, non è legittimato a ricorrere per cassazione avverso
il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca (Sez. 6, n. 13798,
20/01/2011, Bonura, rv. 249873; Sez. 6, n. 46429, 17/09/2009, Pace, rv.
245440). Come è stato affermato in più occasioni, infatti, il terzo che interviene
nel procedimento di prevenzione, laddove venga in esame l’applicazione di una
misura patrimoniale, sia che intervenga volontariamente, sia che partecipi iussu
iudicis,

non è destinatario della misura di prevenzione, ma portatore nel

procedimento di prevenzione di un mero interesse di natura civilistica (Sez. 2, n.
27037 del 27/03/2012 – dep. 10/07/2012, Bini, rv. 253404).
All’evidenza, nella specie, l’inammissibilità del ricorso della terza intestataria
di beni di cui è stata disposta la confisca non esclude l’ammissibilità delle
censure relative ai medesimi beni mosse dal proposto che, pur non essendo
formale intestatario, è, comunque legittimato al ricorso in quanto ritenuto
effettivo intestatario dei beni dei quali ha interesse a dimostrare la legittima
acquisizione.
2. E’ infondato il motivo di ricorso relativo al bene immobile costituito dal
terreno di mq. 500, sito nel Comune di Ricadi, con sovrastante manufatto
smontabile, avendo la Corte territoriale correttamente rilevato la mancanza
nell’atto di appello di alcuna indicazione in ordine alla legittima provenienza di
detto bene che, per quel che emerge dagli atti, non può essere assimilato ai
restanti beni oggetto di confisca.
La Corte di appello, quindi, ha fatto corretta applicazione del consolidato
principio di diritto in ordine al necessario requisito della specificità dei motivi
dell’impugnazione.
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CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Ad avviso del Collegio, è, invece, fondato il ricorso del Ripepi avuto
riguardo alla confisca del complesso residenziale Villa Filomena.
Deve essere, innanzitutto, ribadito che se è vero che il sindacato di legittimità
sul provvedimento di applicazione della misura di prevenzione è limitato alla
violazione di legge, la motivazione, per la funzione che le è propria di controllo
sulla decisione, sia all’interno che all’esterno del processo, presuppone, in ogni
caso (anche per il sindacato in materia di applicazione di misure di prevenzione),
quali elementi di fatto è stata ancorata la valutazione effettuata (Sez. 1, n.
17932, 10/03/2010, De Carlo, rv. 247052).
Orbene, deve rilevarsi che nel caso in esame, i giudici dell’appello, pur a
fronte di specifiche deduzioni ed allegazioni del ricorrente in ordine alla
provenienza lecita, a seguito di successione mortis causa di parte dei beni
immobili in oggetto, nonché di una somma pari almeno ad euro 50.000, non
hanno verificato compiutamente la reale entità dei beni di provenienza
ereditaria, limitandosi sul punto a riproporre quanto affermato nel decreto di
primo grado. In specie, la Corte territoriale non ha indicato gli elementi dai quali
ha tratto la circostanza che il Ripepi avesse eredito un fondo agricolo sul quale
«verosimilmente>> insisteva soltanto un fabbricato rurale o ricovero di
attrezzi agricoli; né, a fronte delle deduzioni difensive, ha dato conto della
verificata circostanza che gli accertamenti relativi ai lavori edili non autorizzati di
cui al procedimento a carico di Ripepi Maria avessero consentito di risalire
all’esistenza all’epoca di un unico manufatto, né della circostanza che la somma
di euro 50.000, di provenienza ereditaria, fosse effettivamente stata destinata,
oltre che alle spese necessarie per far fronte alle esigenze quotidiane,
all’acquisto di automezzi che secondo il ricorrente si collocano in epoca
precedente alla successione.
All’evidenza, la compiuta valutazione di dette circostanze risulta dirimente ai
fini della valutazione della effettiva entità degli incrementi apportati dal
ricorrente ai beni acquisiti lecitamente per successione ereditaria, atteso che con
riferimento a detti incrementi deve essere operata la valutazione della eventuale
sproporzione con la capacità economica di lecita provenienza di colui che si
assume abbia la effettiva disponibilità dei beni oggetto di confisca.
Le disposizioni che disciplinano il sequestro e la successiva confisca di
prevenzione non consentono, infatti, di colpire indiscriminatamente tutti i beni
dei soggetti appartenenti alle categorie alle quali sono applicabili dette misure
patrimoniali, bensì solo quelli di valore sproporzionato al reddito dichiarato o alla
attività economica svolta ovvero che si ha motivo di ritenere siano frutto di
attività illecite o che ne costituiscano il reimpiego.
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l’indicazione chiara delle circostanze di fatto tale da consentire di verificare a

Di tal che, nel caso in cui siano stati realizzati addizioni, accrescimenti,
trasformazioni o miglioramenti non giustificati di beni già nella disponibilità del
proposto in virtù di pregresso acquisto da dimostrato titolo lecito, il
provvedimento ablativo deve essere rispettoso del generale principio di equità e,
per non contrastare il ‘principio costituzionale di cui all’art. 42 Cost., non può
coinvolgere il bene nel suo complesso, ma, nell’indispensabile contemperamento
delle generali esigenze di prevenzione e difesa sociale con quelle private della
garanzia della proprietà tutelabile, deve essere limitato soltanto al valore del
esso effettuato di profitti illeciti (Sez. 1, n. 33479, 04/07/2007, Richichi, rv.
237448). E solo nel caso in cui le trasformazioni e le addizioni siano tali
assumere natura e valore economico assolutamente preminente rispetto a
quanto legittimamente acquisito, tale da non consentire allo stato attuale una
effettiva separazione di distinti valori pro quota, potrà essere disposta la confisca
del bene nel suo complesso. Invero, a principi non dissimili si è ispirata la
decisione (Sez. U, n. 1152 del 25/09/2008, Petito, rv. 241886) richiamata dalla
Corte territoriale nel provvedimento impugnato al fine di sostenere la
confiscabilità del terreno di certa provenienza ereditaria sul quale insiste il
residence Villa Filomena.
Conclusivamente, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio alla
Corte di appello di Catanzaro che dovrà rivalutare la sussistenza dei presupposti
della confisca in danno di Ripepi Paolo del complesso residenziale in oggetto alla
luce di quanto sin qui evidenziato.
Deve essere, invece, dichiarato inammissibile il ricorso relativamente alla
terza intestataria, Ripepi Maria, che ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. deve
essere condannata al pagamento della spese processuali, mentre non deve
essere condannata al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende tenuto conto che la ricorrente ha proposto le medesime censure
esaminate per il Ripepi.
P.Q.M.

Annulla il decreto impugnato nei confronti di Ripepi Paolo e rinvia per nuovo
esame alla Corte di appello di Catanzaro.
Dichiara inammissibile il ricorso di Ripepi Maria che condanna al pagamento
delle spese processuali.

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Così deciso, il 22 aprile 2013.

bene medesimo, proporzionato all’incremento patrimoniale per il reimpiego in

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