Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29185 del 23/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29185 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI BLASIO MASSIMO N. IL 23/05/1973
avverso la sentenza n. 18/2009 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
26/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 23/04/2014

Motivi della decisione
Di Blasio Massimo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di L’Aquila in data 26.10.2012, con la quale è stata
confermata la sentenza di condanna alla pena di un anno e mesi quattro di
reclusione ed € 400,00 di multa, resa dal G.i.p. presso il Tribunale di Pescara in
data 15.05.2008, all’esito di giudizio abbreviato, in ordine al reato di furto
aggravato.

sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Sotto altro aspetto, l’esponente si
duole della entità della pena.
Il ricorso è inammissibile.
Deve in primo luogo considerarsi che secondo il costante orientamento
espresso dalla giurisprudenza di legittimità, più volte ribadito dalle varie sezioni di
questa Suprema Corte ed avallato dalle stesse Sezioni Unite, esula dai poteri della
Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno
della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E
la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e) cod.
proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura
del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione,
essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109). Pertanto, in
sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di
merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995,
dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009,
dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Ed invero, l’esponente si limita a prospettare una
inammissibile riconsiderazione del compendio probatorio, ad opera del giudice di
legittimità, in riferimento alle circostanze di fatto riferite dalla parte offesa.
Ciò posto, deve considerarsi che la decisione impugnata risulta sorretta da
conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale,
anche per quanto riguarda la determinazione del trattamento sanzionatorio. E’ poi il
caso di considerare che con riferimento alla valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione
e per quanto concerne la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità

2

La parte contesta l’affermazione di responsabilità penale, soffermandosi

su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
motivazione implicita (Cass. sez. VI, 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI, 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III, 16 giugno 2004 n.

specie. La Corte di Appello, infatti, ha chiarito che l’episodio criminoso si inquadrava
nella certa propensione dell’imputato alla commissione di crimini della stessa specie
di quello per cui si procede, di talché non poteva escludersi la contestata recidiva
reiterata, specifica ed infraquinquennale. Ed il Collegio ha quindi considerato che le
già concesse attenuanti generiche non potevano essere poste in giudizio di
prevalenza.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 23 aprile 2014.

26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che certamente non sussiste nel caso di

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