Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29185 del 15/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29185 Anno 2016
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
CHAKHSI AHMED, nato in Marocco, il 1.1.1979 ;
avverso la sentenza n. 9/2014 del Tribunale di Lecco del 3.11.2014 ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Roberto Amatore ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe
Corasaniti che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ;
udito, per la parte civile, l’Avv. Luca Marsigli che ha concluso chiedendo la conferma della
sentenza di secondo grado e depositando nota spese ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Lecco, accogliendo l’appello proposto ex art. 576
cod. proc. pen. ai soli effetti civili da parte di Rocaletti Antonio e riqualificato il fatto contestato
nel capo di imputazione come ingiuria anziché che come diffamazione, aveva dichiarato la
responsabilità civile del detto imputato e per l’effetto lo aveva condannato al conseguente
risarcimento del danno.
1.1 Avverso la sentenza ricorre l’imputato per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa a tre motivi di doglianza.
1.3 II ricorso proposto nell’interesse dell’imputato deduce, come primo motivo di doglianza,
l’inosservanza ovvero l’erronea applicazione delle legge penale. Osserva la parte ricorrente che
la condotta contestata, al di là della diversa qualificazione giuridica fornita dal giudice di
appello, era comunque scriminata ai sensi dell’art. 51 cod. pen., avendo agito
nell’adempimento del dovere di dire la verità quale testimone escusso nel corso del giudizio
penale e che dunque la sua condotta poteva integrare, al più, la fattispecie di cui all’art. 372
cod. pen. qualora avesse deposto il falso.
1

Data Udienza: 15/02/2016

1.4 Con il secondo motivo di doglianza si denunzia inosservanza di norme processuali e più in
particolare dell’art. 521 cod. proc. pen., giacché il giudice di appello aveva riqualificato il fatto
di reato come ingiuria senza che nel capo di imputazione fosse presente la descrizione di un
fatto costitutivo del reato in esame, e cioè la presenza della persona offesa nell’aula d’udienza.
1.5 Con il terzo motivo si denunzia il vizio di motivazione, non avendo la sentenza impugnata
correttamente motivato su tutti i presupposti costitutivi del reato di ingiuria.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 Occorre in primo luogo chiarire come nel caso di specie la impugnativa da parte
dell’imputato è stata proposta ai soli effetti civili, talché non viene in rilievo la questione della
intervenuta depenalizzazione del reato di ingiuria, essendo così stato riqualificato il fatto di
reato da parte del giudice di appello rispetto all’originaria contestazione come diffamazione.
2.2 Ciò detto, ritiene la Corte come già il primo motivo di doglianza, avanzata dalla parte
ricorrente nei termini di una violazione di legge, sia fondata e meritevole di accoglimento. Ed
invero, ritiene il Collegio come la frase riportata nel capo di imputazione e riferita alla persona
offesa ( “Mi hanno detto che il Roncaletti va in giro a dire che mi vuole ammazzare con la
macchina, tanto che me lo hanno riferito italiani e marocchini” ) non rivesta alcuna valenza
offensiva nei termini previsti dalla norma incriminatrice, essendosi l’imputato limitato a fornire
una spiegazione, nel corso di un esame testimoniale, in ordine alle dichiarazioni fornite dal
teste sui suoi rapporti con la persona offesa.
2.3 Peraltro, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di
precisare che l’art 51 cod. pen. prevede delle speciali situazioni nelle quali un fatto, che di
regola è vietato dalla legge penale, diventa non punibile per l’esistenza-tra l’altro-di una norma
che l’autorizza o l’impone. Pertanto, poiché la legge impone al testimone l’obbligo di dire tutta
la verità ( mancanza di reticenza ) e null’altro che la verità ( non contraffazione del vero ),
l’osservanza di tale obbligo elimina qualsiasi antigiuridicità penale, nel senso che se il
testimone, nel deporre, enuncia fatti lesivi dell’onore di un terzo ( restando nei limiti della
verità e dello scopo), non commette ingiuria né diffamazione ( Cass., Sez. 6, n. 252 del
20/10/1972 – dep. 22/01/1973, MARINO, Rv. 122942 ; così anche Cass., Sez. 6, n. 12431 del
14.1.2011, Rv. 249587 ).
2.4 Ne consegue che, anche sotto quest’ultimo profilo, non è comunque rintracciale alcun
profilo di responsabilità a carico dell’imputato.
3. Il secondo e terzo motivo di doglianza rimangono assorbiti.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili per insussistenza del fatto.
Così deciso in Roma, il 15.2.2016

2. Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito precisati.

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